L'opera letteraria di Agostino sopravvisse alla distruzione d'Ippona. Le fiamme, che dopo tre mesi di assedio devastarono la città, risparmiarono la sua biblioteca. Possidio, che scrive dopo quella sciagura, rimanda alla biblioteca d'Ippona chiunque cercasse gli esemplari più corretti delle opere agostiniane 1. Da Ippona dunque, da Cartagine, da altri centri scrittori che s'erano formati e si formarono nel continente europeo esse continuarono a diffondersi. È un fatto che l'eredità del vescovo d'Ippona, pur così enorme e così varia, ci è stata conservata quasi per intero. Delle opere in libri - oltre 100 in circa 250 libri - solo poche, e di secondaria importanza, sono andate perdute 2. Non sappiamo quante lettere siano state sommerse dal tempo; sappiamo che diverse sono andate perdute; ma possiamo ritenere ragionevolmente che le oltre 200 che possediamo costituiscano il grosso della sua corrispondenza. Mancano invece molti discorsi; ma era inevitabile. Ci sono restati, nonostante la loro mole, quelli pronunciati o scritti intorno ad un argomento omogeneo: il Vangelo e la prima Lettera di S. Giovanni - 134 discorsi - e i Salmi - circa 200 discorsi -. Di quelli pronunciati su argomenti vari, ne conosciamo circa 500; ma non sappiamo quanti ce ne fossero di fatto nella biblioteca d'Ippona e quanti, tra questi, fossero stati sottoposti a revisione e pubblicati. Nel prezioso elenco delle opere agostiniane che ci ha lasciato, Possidio ne enumera 1030 tra opere in libri, lettere e discorsi; ma aggiunge: "eccetto quelle che non si possono elencare, perché non vi appose alcun numero" 3. Quante fossero queste, purtroppo, lo ignoriamo. Né Possidio ebbe tempo o voglia, in quei tristissimi momenti, di svolgere il compito del buon bibliotecario: ordinare egli stesso quei quaderni di carta e quei rotoli di pergamena, numerarli e farcene sapere l'argomento.
Nonostante queste inevitabili lacune, gli scritti agostiniani non solo furono diligentemente conservati, ma furono copiati e letti avidamente. Ce lo attestano i numerosi manoscritti. Un diligente ricercatore di questi manoscritti si sente autorizzato ad asserire della Città di Dio: "Nessun libro è stato più letto e copiato dopo la Sacra Scrittura; con una sola eccezione, forse: i Morali di san Gregorio" 4. Alla trascrizione delle opere intere si aggiunsero ed ebbero grande diffusione estratti, florilegi, catene, milleloqui 5; e opere non agostiniane, ma compilate in gran parte dalle opere agostiniane e diffuse sotto il nome di Agostino 6. Con l'invenzione della stampa se ne fecero molte edizioni complete; l'ultima, la migliore, quella dei Maurini 7, ristampata molte volte e passata, poi, nella Patrologia Latina del Migne 8. Quando sorse la necessità di renderle accessibili a una cerchia più larga di lettori, se ne fecero e se ne fanno molte traduzioni in molte lingue, sia di opere singole che dell'Opera omnia 9. E gli studi su di esse si moltiplicano a dismisura. E sono oggetto di attento studio da parte di molti, anche di sponde opposte, in Russia come in Giappone, magari per comprendere la cultura occidentale, per ispirarsene o per criticarla.
Agostino è l'uomo che i posteri hanno molto letto, interpretato, seguito. Che poi ne abbiano dato talvolta interpretazioni diverse e divaricanti non toglie nulla alla profondità del suo pensiero, anzi forse lo testimoniano.
In realtà "pochi uomini hanno esercitato nel pensiero delle generazioni successive un'influenza così profonda e così continua come sant'Agostino" 10. Egli è stato sempre presente e sempre vivo nella Chiesa cattolica e in tutto l'Occidente cristiano, di cui si può chiamare, a buon diritto, il Padre comune 11. Agostino appartiene a tutta la cultura occidentale, sulla quale ha esercitato un influsso profondo e continuo: i due aggettivi non sono scelti a caso. Scrive lo Jaspers: "Agostino è la figura più originale del pensiero cristiano e l'influenza esercitata sul pensiero occidentale è la più vasta di tutte" 12. Chi pertanto volesse comprendere questa cultura non può prescindere dalla componente agostiniana, come pure chi volesse stabilire un confronto tra la nostra cultura occidentale e quella di altre civiltà - orientale per es. - troverà sempre utile rivolgersi a lui.
Da quando, ancor vivente, Innocenzo I ne esaltò "la fede e il forte vigore della religione cattolica" 13 e, un anno dopo la morte, Celestino I ne difese la memoria e lo annoverò tra "i maestri ottimi della Chiesa" oggetto di amore e di stima da parte di tutti 14, Agostino ha continuato senza interruzione il suo magisterio.
Molti Pontefici lungo i secoli ne lodarono la sapienza e ne difesero la dottrina, particolarmente la dottrina della grazia, interpretata da alcuni in modo unilaterale e perciò distorto. Per ricordare solo quelli a noi più vicini, Leone XIII lo chiamò il più grande dei Padri 15, Pio XI "senza contrasto il più grande dei dottori della Chiesa" 16, un uomo "al quale quasi nessuno o certo pochissimi si possono comparare di quanti sono fioriti fin dall'inizio del genere umano" 17; Paolo VI, il grande Papa innamorato di Agostino lo considera tra l'altro "il più grande vescovo della Chiesa di tutti i tempi", e poi conferma e spiega: "In realtà, oltre a rifulgere in lui in grado eminente le qualità dei Padri, si può dire che tutto il pensiero dell'antichità confluisca nella sua opera e da essa derivino correnti di pensiero che pervadono tutta la tradizione dottrinale dei secoli successivi" 18.
Anche i concili hanno attinto largamente alla dottrina e alle parole, spesso così efficaci, del vescovo di Ippona, dimostrando con ciò che quella dottrina non era del vescovo d'Ippona, ma della Chiesa, la quale pertanto la riconosceva per sua. Così il concilio di Orange per la dottrina della grazia, il Concilio di Trento per il peccato originale e la giustificazione, il Concilio Vaticano I per le relazioni tra ragione e fede; così ai nostri giorni il Concilio Vaticano II per il mistero della Chiesa e il mistero dell'uomo, nella presentazione dei quali ricorrono temi, problemi e soluzioni frequenti ed insistenti negli scritti agostiniani 19. È vero che spesso, come nel caso di Gotescalcho di Orbais, dei Riformatori e del giansenismo, ci si è appellati all'autorità del vescovo d'Ippona per sostenere opinioni teologiche difformi dalla dottrina cattolica, ma si è trattato d'interpretazioni che non hanno tenuto conto abbastanza - l'autore di queste pagine ne è persuaso - di tutta la dottrina agostiniana, che è una dottrina che ha come merito principale la molteplicità degli aspetti e la forza della sintesi.
La storia dell'agostinismo si confonde con la storia del pensiero occidentale; e non solo del pensiero teologico, ma anche del pensiero filosofico, spirituale e politico.
Nel basso medioevo, nella prima scolastica e nell'alta scolastica gli autori più diversi si rivolsero ad Agostino come alla più grande autorità. I Sententiarum libri di Pietro Lombardo sono composti per nove decimi di sentenze agostiniane, le quali divennero pertanto il retaggio classico degli studenti di teologia; quei celebri libri, infatti, furono per secoli il testo scolastico dell'insegnamento teologico ed ebbero l'onore di molti e voluminosi commenti.
Dopo la scoperta di Aristotile in Occidente e l'assimilazione che in breve se ne fece, Agostino restò l'autorità incontestata in teologia, ma in filosofia condivise l'autorità con "il filosofo". Nacquero due correnti - agostinismo e aristotelismo - che tra incontri e scontri convissero insieme e culminarono nelle grandi sintesi di Bonaventura e di Tommaso. Ma anche Tommaso è discepolo di Agostino, anzi per certi aspetti di fondo ne è il discepolo più grande; e non solo in teologia; discepolo, dico, come può essere tale chi a sua volta è un grande maestro. I due maestri sono più vicini di quanto comunemente si creda; certamente più di quanto farebbero pensare certe forme storiche di tomismo e di agostinismo. Essi - i due maestri - mostrano la continuità dottrinale e la complementarità che corre tra la patristica e la scolastica, che sono, l'una e l'altra, una gloria del pensiero cristiano.
Scriveva il papa Innocenzo XIII ai teologi del tempo: "Vi ammoniamo con la nostra autorità... che attendiate alla cultura della sapienza... professando la dottrina dei celeberrimi dottori, Agostino e Tommaso, dei quali il primo possedé la scienza in grado tale che anche dai miei predecessori fu annoverato fra i dottori ottimi, e la sua dottrina, come fu stabilito dagli stessi miei predecessori, tutt'ora la Chiesa segue e conserva; l'altro poi illustra e conserva la Chiesa con la sua stupenda erudizione, e la rende feconda di opere buone".
Dopo Tommaso Agostino continuò ad essere maestro sia per il molto che del suo pensiero era entrato nella sintesi tomista, sia per alcune tesi specifiche - o ritenute tali - dell'agostinismo: tesi riguardanti la teologia, la filosofia, la dottrina spirituale, la politica.
Per la teologia si ricorderà la scuola agostiniana che fa capo ad Egidio Romano ed ha in Gregorio da Rimini, Seripando e Noris i migliori rappresentanti.
Per la filosofia Cartesio, Pascal, Vico, Rosmini, Bergson, Blondel, Sciacca. Anche nell'idealismo, nell'esistenzialismo, nello spiritualismo è innegabile la presenza di motivi agostiniani e l'influsso dell'agostinismo. In misura maggiore questa presenza e questo influsso si riscontrano nella dottrina spirituale, dalla "devotio moderna" a santa Teresa d'Avila, a san Francesco di Sales, al card. de Bérulle.
È noto poi che la dottrina politica medievale s'ispirò in larga parte alle tesi agostiniane della Città di Dio.
Certamente non tutto è agostiniano in queste forme diverse di agostinismo e la ricerca del "vero" Agostino, attraverso lo studio attento e completo delle sue opere, si impone; ma il richiamo insistente e continuo a lui da parte di pensatori di sponde e di tempra tanto diverse dimostra la presenza e la perenne fecondità del suo insegnamento.
Questo fatto singolare affonda le sue radici nell'evoluzione della civiltà occidentale e nella personalità del vescovo d'Ippona. Egli compì una sintesi grandiosa del pensiero cristiano, di cui la Città di Dio è l'espressione più alta. Prima che si avesse un'altra sintesi, una sintesi che fosse degna di essere paragonata alla Città di Dio, fu necessario attendere il sec. XIII: un tempo più che sufficiente perché un autore diventi classico e mostri la profondità e la efficacia del suo genio.
Sant'Agostino fu un assetato di Dio e ci aiuta a cercarlo, conoscerlo, amarlo; fu un innamorato di Cristo, e ci aiuta a scrutare i tesori di scienza e di sapienza nascosti in lui; fu un amante della Chiesa, e c'insegna a servirla con generosità, sacrificio, intelligenza; fu un grande mistico, e c'insegna a salire in alto, molto in alto, nell'ascesa interiore; amò, studiò, meditò senza posa la Scrittura, e ci aiuta a capirla, ad amarla, a nutrircene. Fu un innamorato della sapienza. Per lui, la sapienza non è solo una verità da conoscere, ma un bene da possedere, il bene sommo; è una luce che è amore, amore che è bene, bene che è letizia più grande di ogni più grande dolcezza.
Fu un grande filosofo, lo studioso delle grandi sintesi. Alle esperienze della vita corrisponde in lui la struttura del pensiero, che insiste sui motivi cari alla filosofia contemporanea, e supera, decisamente, le posizioni scettiche, antimetafisiche, anti-intellettualistiche che chiudono questa filosofia in una stretta disperata e la sommergono in una morta gora. L'io e le sue ricchezze interiori, l'irrequietezza umana e la comunicazione con l'infinito, l'essere e il tempo, la mutabilità, la libertà e il peccato, il male, la società, la storia, sono problemi che costituiscono la trama del pensiero agostiniano. Ripensare questi problemi con Agostino, significa aprirsi la via al vero riconoscimento della vera spiritualità e della trascendenza, per costruire una sintesi di pensiero che si muova sull'immensa ellisse che ha i suoi fuochi in Dio e nell'uomo. Egli comincia il suo filosofare con un richiamo alla persona, all'io interiore dove la filosofia trova il suo punto di partenza. All'uomo che rientra in se stesso, le ricchezze interiori si dispiegano sotto triplice forma: essere, pensiero, amore. L'uomo percepisce di essere, di pensare, e d'amare, e ciò con assoluta certezza, fuori d'ogni possibile dubbio o errore.
Non le condizioni ambientali resero famoso Agostino, ma l'altezza del suo ingegno, la vastità degli interessi, la molteplicità veramente sorprendente degli scritti. Fu filosofo ma anche teologo, teologo ma anche pastore, pastore ma anche mistico, mistico ma anche polemista, polemista ma anche grande oratore, amante del suo popolo e mite con gli avversari.
Agostino è filosofo, teologo, mistico e poeta insieme; e tutto ciò in grado eminente. Queste altissime qualità si completano a vicenda e creano un fascino a cui è difficile resistere. È un filosofo, ma non un freddo pensatore; è un teologo, ma anche un maestro di vita spirituale; è un mistico, ma anche un pastore; è un poeta, ma anche un polemista. Ognuno perciò trova in lui qualcosa che lo attira e lo stupisce: o l'altezza delle intuizioni metafisiche, o la ricchezza e l'abbondanza delle dimostrazioni teologiche, o la forza e l'efficacia della sintesi, o la profondità psicologica delle ascensioni spirituali, o la ricchezza della fantasia, della sensibilità, dell'ardore mistico.
La dottrina agostiniana ha come merito principale la molteplicità degli aspetti e la forza della sintesi. In realtà Agostino è il grande pensatore che ha costruito sintesi grandiose e profonde sulle quali, poi, come su binari sicuri, si è mossa la cultura occidentale. Ricordo alcune coppie di termini, apparentemente opposti ma necessariamente uniti, che servono a costruire quelle grandi sintesi.
1) Ragione e fede. La soluzione agostiniana del grande problema - un problema che attraversa, volere o no, ogni cultura - poggia sull'esaltazione di due primati, quello temporale della fede e quello assoluto della ragione. Luminosa distinzione, che permette alla linea dottrinale del vescovo d'Ippona di passare incolume tra gli scogli opposti del fideismo e del razionalismo, unendo insieme, senza confonderli, gli apporti della ragione e della fede: della ragione, che non perde il suo primato in ordine alla conoscenza della verità; della fede, che mantiene anch'essa il suo primato, ma temporale, non assoluto. Quando questi due primati sono stati separati l'uno dall'altro, o assolutizzando il secondo, quello della fede, o lasciando solo il primo, quello della ragione, la cultura ha imboccato filoni diversi, giungendo a conclusioni anch'esse molto diverse. In ogni caso è sempre istruttivo e stimolante vedere come il vescovo d'Ippona li ha tenuti insieme dimostrandone le mutue esigenze e il radicamento nella struttura dello spirito umano.
2) Dio e l'uomo. E' l'altro grande binomio che il vescovo d'Ippona non ha mai separato e alla cui conoscenza ha ricondotto tutto l'umano sapere. Se ha detto cose stupende su Dio, altrettanto stupende le ha dette sull'uomo. Agostino ha pensato a Dio in ordine all'uomo come l'Eterno all'interno dell'uomo ("internum-aeternum") e secondo la forma triadica che l'uomo possiede: Dio è la causa dell'essere, la luce del conoscere, la fonte dell'amore. E ha pensato all'uomo in ordine a Dio: l'uomo, perché immagine di Dio, è capace di Dio e bisognoso di Dio. Egli dimostra in tante sue opere che solo in Dio trovano soluzione i problemi dell'uomo. Ma a Dio non si giunge se non per mezzo di Cristo.
3) Libertà e grazia. E' il terzo binomio, che nasce dalla profonda problematicità dell'uomo e su cui Agostino gettò tanta luce d'intelligibilità. Egli difese con molto equilibrio l'uno e l'altro termine: il primo per render conto della grandezza dell'uomo, il secondo per render conto della sua fragilità e per porvi rimedio. La sintesi agostiniana è entrata nei tessuti del pensiero occidentale e giova ricercarla nelle opere del Maestro per ritrovarla nella sua genuinità e nel suo equilibrio.
4) Cristo e la Chiesa. Agostino amò appassionatamente il Cristo, ne difese la personalità e l'azione con energia e continuità, e vide nel Cristo la risposta a tutti i nostri bisogni. Lo vede come centro della fede, perché ne è il fondamento, la ragione, il riassunto; il centro della pietà, perché Cristo prega per noi come sacerdote, prega in noi come Capo, è pregato da noi come nostro Dio; centro della teologia, perché è la nostra sapienza e la nostra scienza e, siccome si va alla sapienza per mezzo della scienza, si va a Cristo per mezzo di Cristo; centro della filosofia, perché molti dei grandi problemi che il pensiero umano pone e a cui non sa rispondere, non hanno altra soluzione se non in Cristo. Il dramma cosmico in cui l'uomo è immerso si svolge in mezzo a cinque grandi problemi che hanno tormentato e tormentano ancora il pensiero umano: il problema delle sue origini, il problema angoscioso del male (chi non lo sente non è uomo, chi non tenta di risolverlo non è filosofo, chi non trova la soluzione del vangelo non è cristiano), il problema della lotta fra il bene e il male (problema drammatico e aperto a tutti gli sbocchi o dell'eroismo o della perdizione), il problema della vittoria del bene sul male (che è la grande speranza dell'uomo), il problema della sorte eterna dei giusti e degli iniqui (il più bello e il più terrificante, da cui la storia stessa trae significato di intelligibilità). In ciascuno di questi cinque momenti della storia umana Cristo è presente ed è operante: presente con la sua luce, operante con la sua grazia. La Chiesa madre verissima dei cristiani. Così Agostino chiamò la Chiesa fin dall'inizio della sua vita cristiana, così la chiamò sempre, così la vide, l'amò, la difese. Amò teneramente la Chiesa e, per amore della Chiesa, accettò il sacerdozio e l'episcopato, sacrificò tutte le sue energie. Scrisse, predicò, vegliò notti insonni per la Chiesa. E quando parlò della Chiesa, o condottovi dalle controversie del tempo o portatovi dalla predicazione o da argomenti della Scrittura o da un bisogno del cuore, raggiunse un lirismo che non potrebbe essere maggiore. Parlò della Chiesa come comunione dei sacramenti e comunione dei santi, della Chiesa corpo mistico di Cristo, della Chiesa regno di Dio, tempio di Dio, città di Dio; della Chiesa composta di peccatori e di giusti, della Chiesa pellegrina tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio; della Chiesa celeste composta solo di giusti, quando il tempo non sarà più, le persecuzioni saranno passate, la beatitudine sarà piena. Ma soprattutto parlò della Chiesa madre e maestra. Questo aspetto l'ha innanzitutto esperimentato nella sua vita e poi l'ha inculcato ai suoi fedeli con insistenza, con passione. La crisi di Agostino che abbandona la fede cattolica non è, come si è detto, di natura cristologica ma ecclesiologica. Il problema ecclesiologico è al centro della deviazione dalla fede cattolica e sarà al centro del suo ritorno, quando cominciò a maturare la convinzione che la Chiesa è la madre che ci genera a Cristo, è la maestra che c'insegna a conoscere Cristo: è maestra perché madre ed è madre perché maestra. Del resto la grande sicurezza, la grande gioia dei cristiani è questa: avere Dio per Padre e la Chiesa per Madre. La Chiesa è madre perché sposa di Cristo, e da Cristo e per Cristo genera spiritualmente i suoi figli. Ed è madre perché vivificata dallo Spirito Santo, che infonde in lei la carità: e la carità è essenzialmente materna. Lo Spirito Santo ha, nella Chiesa, la stessa funzione che ha l'anima nel corpo. E' lo Spirito Santo che vivifica la Chiesa, che gli dà l'unità, la bellezza, l'espansione, la grazia. Ed in tanto ciascuno possiede lo Spirito Santo, in quanto ama la Chiesa, e tanto più avrà lo Spirito in sé quanto più ama la Chiesa. E quanto più ama la Chiesa, tanto più ama Cristo, ama il Padre, ama la Trinità. Non si può amare la Chiesa, senza amare Gesù che ne è il fondatore e il capo, e non si può amare Gesù senza amare il Padre, senza amare lo Spirito Santo, che è in Lui e che da Lui è stato donato a noi.
5) Verità e amore. Altra sintesi che ha per base due termini che non si possono separare e che Agostino non ha mai separato. Scrutando nell'abisso dell'interiorità umana, dove abita la verità - "la verità abita nell'uomo interiore" 20 -, scopre che l'uomo conosce ed ama; il suo verbo - quello che dice interiormente pensando, il verbo che non ha lingua - gli è unito tramite l'amore. E poiché ama la conoscenza e conosce l'amore, il verbo è nell'amore e l'amore nel verbo e tutti e due nello spirito che ama e dice il verbo, il quale altro non è che conoscenza amorosa. E' facile capire come Agostino abbia parlato sempre della verità animata dall'amore e dell'amore illuminato dalla verità. Né intellettualismo, né volontarismo, ma simbiosi dell'uno e dell'altro per la compresenza dell'atto teorico e dell'atto volontario. Egli pertanto poteva dire, senza paura di essere frainteso: "Ama e fa' quel che vuoi" 21.
6) Amore privato e amore sociale. Un altro binomio, che serve ad Agostino per creare un'altra celebre sintesi, la sintesi delle due città. Si sa che l'autore della "Città di Dio" narra la storia dell'umanità raccogliendola in due città: la città dei giusti e la città degli iniqui. Le due città sono fondate su due amori, che sono appunto l'amore privato e l'amore sociale, cioè su egoismo e carità.
Sono questi binomi i grandi binari su cui si è mossa la cultura occidentale. E' utile tornare alle fonti e vedere come li ha impostati e risolti una grande mente che sentiva la vocazione del pensatore ma che accettò per obbedienza il compito di pastore, e pastore per di più di una piccola diocesi africana. Brevi accenni che possono servire, a chi conosce la storia del pensiero occidentale, a ritrovarvi la presenza e l'influsso del pensiero agostiniano: dai tempi di S. Tommaso e S. Bonaventura - due grandi interpreti, anche se in misura diversa, dell'agostinismo - fino ai giorni nostri. Per riferirmi al pensiero contemporaneo, se anche si volesse prescindere dagli influssi di Pascal e di Kierkegaard - notoriamente debitore del pensiero agostiniano il primo, meno notoriamente ma non meno realmente il secondo -, non si può non constatare che alcune forme di esistenzialismo, lo spiritualismo di Bergson, Le Senne, Lavelle, Blondel, Sciacca, Guzzo, Carlini, Stefanini - per fare solo alcuni nomi -, il personalismo di Mounier, il problema dei valori dello Scheler, l'essere e la verità in Heidegger, la corrente neoscolastica e quella neo-agostiniana, e grandi pensatori di oggi come Jaspers, Gilson, Guitton ecc., tutti si richiamano su argomenti non secondari ad Agostino.
Senza dubbio, anche in Agostino, come in ogni uomo, ci sono i limiti. Il lettore li troverà probabilmente nell'erudizione, che, pur non essendo volgare, non spaziava liberamente nel mondo della letteratura greca; nella foga della polemica, che non gli permette sempre di limare il linguaggio; nella diversa maniera con la quale si muove nel mondo delle idee e in quello dei fatti; nella forza inesorabile della dialettica, che, illustrando una verità, sembra farne dimenticare un'altra. Questi limiti nascono sia dalla personalità di Agostino, che conobbe il tormento e la radicalità del convertito, sia dalla sua formazione filosofico-teologica, sia anche, anzi maggiormente, dal tempo in cui gli toccò di vivere. Ma essi non hanno impedito nel passato che fosse il maestro comune dell'Occidente cristiano. In realtà da lui ci vengono molte più luci che ombre. "Se l'età dei Padri, scrive il Guitton, non avesse avuto Agostino e l'età delle origini non avesse avuto Paolo, il corso della storia occidentale sarebbe stato completamente diverso" 22. Allo stesso modo non impediranno che egli continui ad essere maestro anche oggi. A comun beneficio. Un maestro, del resto, umile e discreto; che non si dà arie, che non si sente superiore agli altri, perché considera la verità un bene comune di tutti, che si limita ad esporre le sue faticose esperienze, che esorta tutti a farsi discepoli dell'unico Maestro affinché non si abbia bisogno di altri maestri 23.
Agostino interessa come uomo per i suoi errori e le sue conquiste, il suo vagare lontano dalla fede cattolica e il suo ritorno a questa fede, la sua conversione e le decisioni che l'accompagnarono, il suo servizio alla verità ritrovata, alla giustizia (che pose a fondamento della vita sociale), alla pace, al bene di tutti gli uomini anelanti a quella città, come egli spiega, "dove la vittoria è verità, dove la dignità è santità, dove la pace è felicità, dove la vita è eternità" 24: quattro stupende equazioni che rivelano l'uomo Agostino e l'animo di tutti gli uomini pensosi di sé. Egli ha quindi ancora qualcosa da insegnare: nel generale smarrimento dello scetticismo il metodo di cercare la verità, tra le nebbie del materialismo dilagante la forza purificatrice della spiritualità, nelle vuote pretese del razionalismo la luce della fede, nell'orgoglio del naturalismo il ruolo salvifico della grazia. A chi difende solo la fede ricorda le esigenze della ragione, a chi si appella alla sola ragione ricorda la necessità della fede; a chi nega la libertà ne ricorda l'esistenza e il pregio, a chi la esalta come l'unico elemento della salvezza ricorda la necessità della grazia. Interpretando la storia partendo dalla metastoria, egli ha messo le fondamenta per una civiltà dell'amore.
Nei nostri giorni sono molte le questioni agitate intorno alla fede e al modo d'istruire nella fede l'odierna società. La sapienza agostiniana può aiutarci non poco a trovare la strada giusta nella soluzione di tali questioni. E' infatti soprattutto evangelica, paolina, tradizionale, ricca dell'esperienza personale d'un uomo molto santo che ebbe in grado eminente il senso della Chiesa e insieme il senso dell'umana fragilità e dell'umana psicologia.
7) I Carismi. I carismi del Vescovo d'Ippona furono tre, ben chiari e distinti, anche se uniti intimamente fra loro: il carisma religioso, il carisma teologico, il carisma pastorale. S Agostino infatti fu prima di tutto religioso, poi teologo e poi pastore. Così, anche in ordine di tempo. E' inutile dire che questi tre carismi si fusero, poi, mirabilmente in uno e fecero di lui una personalità straordinaria che impresse un'orma indelebile nella storia della Chiesa. Non s'intendono infatti il suo pensiero e la sua azione, se non si pensa che egli fu un religioso consacrato a Dio e invaghito della bellezza spirituale, che fu un teologo che scrutò insaziabilmente i misteri della fede, che fu un vescovo che servì senza risparmio il popolo d'Ippona e la Chiesa universale. E' un messaggio quindi vastissimo, ma sempre vivo, fresco, moderno.
1. Il carisma religioso. S. Agostino avvertì il carisma della vita religiosa al momento della conversione e ne maturò l'ideale negli anni seguenti, a Milano, a Roma, a Tagaste, ad Ippona. In questo ideale trova posto la difesa, aperta e convinta, di un triplice primato: il primato della vita consacrata, il primato della vita comune, il primato della vita interiore. Ma tutto ciò senza dimenticare o misconoscere altre verità evangeliche che debbono essere riconosciute e accettate. Egli infatti raggiunse, nella dottrina e nei sentimenti, un perfetto equilibrio tra la vita consacrata e la vita cristiana, tra la vita comune e la perfezione individuale, tra la vita interiore e l'azione apostolica. Perciò il suo messaggio è così ricco, così attuale, così luminoso.
Mise in rilievo prima di tutto due principi fondamentali della vita cristiana e poi, nell'ambito di essi, illustrò e difese il suo ideale religioso. Questi princìpi sono: la vocazione di ogni cristiano alla perfezione e l'identità tra la perfezione cristiana e la carità. Inutile dire che questi princìpi, confermati dal Concilio Vaticano II, creano un clima tipicamente evangelico. Che cos'è infatti il Vangelo, sul piano morale, se non l'invito di Gesù ad imitare il Padre che sta nei cieli e il comando di amare Dio con tutte le forze e il prossimo come noi stessi? In questo clima cresce e si sviluppa l'ideale religioso. S. Agostino l'amò, lo propagò, lo difese con tutta la passione dell'anima, ma senza che considerasse un cristiano di second'ordine chi non si sentiva di abbracciarlo. Esaltò la verginità, ma non disprezzò anzi stimò e difese il matrimonio 25; consigliò la povertà volontaria, ma non condannò il retto uso della ricchezza, anzi insorse contro coloro che osavano condannarle 26; considerò un grande dono di Dio la verginità consacrata e la povertà volontaria, ma considerò un dono più grande l'obbedienza alle leggi divine 27.
Parimenti insistette sulla vita comune quale continuazione dell'esempio dei primi cristiani e quale annuncio della vita "sociale" dei santi nella città celeste, ma spiegò che la vita comune doveva facilitare la ricerca individuale della sapienza e doveva offrire, attraverso la pratica della povertà evangelica, che è attesa della misericordia divina, e l'esercizio della carità fraterna, una forza nuova per giungere a Dio e per sentirne la presenza tra gli uomini 28.
Allo stesso modo illustrò tutte le ricchezze interiori della vita contemplativa, ma comandò di accettare l'apostolato esteriore quando la Chiesa lo avesse richiesto 29.
Pose come principio della vita cristiana, e particolarmente della vita religiosa, quelle famose parole: Ama e fa' quel che vuoi; ma le intese nella giusta maniera, che è questa: abbi nel cuore una sincera, profonda, autentica carità, la carità comandata dal Vangelo, e poi sta' pure tranquillo; da questa divina radice non può venirne che bene.
2. Il carisma teologico. Dopo il carisma religioso dobbiamo prendere in considerazione il carisma teologico, che è il più conosciuto e il più universale tra quelli che arricchirono la personalità di S. Agostino. E ciò per due ragioni.
Prima di tutto perché il carisma religioso s'inserisce in quello teologico e da esso prende luce e valore. Infatti nel piano del pensiero v'è una continuità logica tra la filosofia e la teologia di S. Agostino e la sua decisione di abbracciare la vita religiosa. Egli fu, com'è noto, il filosofo dell'interiorità e della ricerca di Dio, il filosofo della sapienza. Ma che cos'è, per S. Agostino, la vita religiosa se non la via per ricercare con più libertà e maggior pienezza la sapienza e vivere una interiorità più profonda? Fu - anche questo è noto - il teologo della Trinità, della Chiesa, della grazia, il teologo della storia della salvezza. Ma la vita religiosa ha una stretta relazione con la sublime visione teologica agostiniana: è destinata, infatti, a contemplare più impegnativamente il mistero di Dio, a inserirsi più profondamente nella vita della Chiesa, ad assecondare più liberamente l'azione della grazia, ad attuare più generosamente il piano della salvezza. Per comprendere dunque l'ideale religioso proposto e vissuto da S. Agostino occorre immergersi con lui nelle profondità del pensiero filosofico e teologico. In altre parole: la vita religiosa emerge da un fondo di verità che non si possono ignorare, se se ne vuol comprendere il significato ed il valore.
Ma vi è un'altra ragione che raccomanda di considerare attentamente il carisma teologico di S. Agostino, ed è questa: il Vescovo d'Ippona volle che la vita religiosa fosse per tutti una scuola di preghiera e di ascetismo, ma volle anche che fosse, almeno per alcuni, i più dotati, una scuola di teologia. Egli stesso ne diede l'esempio. Subito dopo la conversione, ancor prima del battesimo, sentì la vocazione del pensatore cristiano che approfondisce e difende la fede. La difesa della fede cominciò in realtà nel 388, a Roma, con un'opera sulla morale cattolica e continuò ininterrottamente per 42 anni, terminando con un'opera celebre, restata incompiuta a causa del sopraggiungere della morte. Lo studio della teologia e la difesa della fede infatti erano un punto preciso del suo programma di religioso. Il primo biografo nota: "Viveva per Iddio nei digiuni, nelle preghiere e nelle buone opere, meditando giorno e notte la legge del Signore; e delle verità che Dio rivelava alla sua intelligenza nella meditazione e nell'orazione egli faceva parte ai presenti e agli assenti, ammaestrandoli con discorsi e con libri" 30.
Si sa che allora S. Agostino era laico. Tra le opere scritte in questo tempo ricordiamo il De vera religione che è già un abbozzo del De civitate Dei. Quando perciò, nel 391, sopravvenne, indesiderato e inaspettato, il sacerdozio, S. Agostino non si trasformò in teologo, perché già lo era, ma al motivo che lo aveva spinto ad esserlo - il motivo religioso - ne aggiunse un altro, cioè il motivo pastorale. Gli errori, poi, contro i quali dovette intervenire, lo portarono a scrutare i temi più diversi e gli aspetti più vari del dogma cattolico: in ognuno di questi temi ed aspetti ritroviamo l'arma del suo carisma teologico.
Per comprendere meglio quanto questo carisma sia stato veramente singolare, occorrerebbe studiare a fondo i princìpi ispiratori della teologia agostiniana. Qui non possiamo far altro che indicarli. Si possono ridurre a quattro: a) un insaziabile desiderio di conoscere e di contemplare il contenuto della fede; b) un'adesione umile e sincera al magistero di Cristo, che si manifesta, in concreto, nell'autorità della Scrittura, della Tradizione e della Chiesa; c) un senso acuto del mistero, che è insieme coscienza dei limiti dell'umana ragione e certezza della trascendenza divina; d) un'unione costante tra la teologia e la vita, cioè tra la scienza della fede e la forza della carità o, in altre parole, tra la dottrina della Chiesa e la sua azione pastorale.
Da questo luminoso principio, come dagli altri che abbiamo ricordati, deriva il carattere proprio della teologia agostiniana, la sua freschezza, la sua forza. L'indagine teologica si svolge alla duplice insegna dell'ardimento e della fedeltà - ardimento nello scrutare con acume i misteri della fede, fedeltà nell'aderire con fermezza alla Rivelazione - ed è accompagnata da tanto calore e da tanta umiltà che illumina, commuove e convince.
Con S. Agostino la teologia ha fatto un passo straordinario nel confermare, con decisione e chiarezza, lo studio e il progresso che fino a lui aveva fatto, unico forse, per le sue proporzioni, nella storia della Chiesa.
3. Il carisma pastorale. Ma il carisma teologico va unito in S. Agostino al carisma pastorale; anzi è il carisma pastorale che costituisce il complemento degli altri due, che li anima, li rafforza, e li fa servire più efficacemente al bene della Chiesa. S. Agostino amò immensamente la Chiesa e mise a disposizione di essa tutto se stesso. Per amore della Chiesa accettò il sacerdozio e poi l'episcopato; per amore della Chiesa predicò, scrisse, viaggiò fino all'estremo della vita; per amore della Chiesa intraprese quella difesa della fede che terminò solo con la sua morte. Tutto ciò non diminuì la sua vita di preghiera e di continuo colloquio con Dio: aveva raggiunto infatti, come abbiamo accennato, un sapiente equilibrio tra la caritas veritatis che cerca la contemplazione e la necessitas caritatis che accetta la vita pastorale; equilibrio che sa dare a ciascuno la sua parte e il suo posto. In tal modo contemplazione e apostolato, invece di escludersi, si completano a vicenda. Il suo concetto centrale è quello di servizio: servizio di adorazione, di lode, di ringraziamento che dobbiamo a Dio e servizio di dedizione, di lavoro, di opere che dobbiamo alla Chiesa.
Questi tre carismi, tutti e tre eminenti, ci danno le reali dimensioni della personalità di S. Agostino e ne fanno quel maestro incomparabile che è stato nel passato e che sarà, lo speriamo fermamente, nel futuro.
Al carisma religioso andò unito, nel Vescovo d'Ippona, il carisma teologico. Lo stesso deve avvenire in noi. Tutti devono amare la teologia, anche se non tutti sono in grado di coltivarla in modo da trasmetterne agli altri, con la parola e gli scritti, la conoscenza. Dev'esserci, cioè, tra noi un numero crescente e rilevante di studiosi che rispondano al desiderio e alle necessità della Chiesa dedicandosi all'apostolato intellettuale delle scienze sacre. In questa fioritura di studi teologici postconciliari dev'essere presente, anche per opera nostra, la voce di S. Agostino, le sue intuizioni geniali, il suo spirito teologico. E ciò non per lusso di erudizione, né per gusto di riesumare cose passate, ma per una vera utilità della teologia contemporanea. Si pensi di quanta utilità possano essere oggi le belle pagine agostiniane intorno all'amore della sapienza; allo studio della Scrittura; alla presenza e all'assenza di Dio nel fondo della mente umana; a Gesù Cristo, centro della filosofia, della teologia e della storia; alla Chiesa, madre, maestra e popolo di Dio; all'immagine di Dio che è stampata immortalmente nell'uomo; alla storia della salvezza; alla escatologia; alla grazia. Si pensi soprattutto ai grandi princìpi che ispirarono la teologia agostiniana; quei princìpi, diciamo, che formano il vero e il grande teologo.
Ma Agostino, pur presente in molti rivoli, si trova nella sua interezza nella fonte, cioè nei suoi scritti. Egli può aiutarci, meglio di ogni altro, a risolvere i nostri problemi, che sono molti e gravi, ma non sono più gravi né più numerosi di quelli che tormentò l'epoca sua, un'epoca di profonde trasformazioni e di difficili passaggi da un mondo a un altro.
D'altra parte l'Agostino "vero", quello della storia, quello degli scritti, è molto più ricco e più armonioso di quanto non appaia attraverso il prisma decompositore di certe correnti di pensiero che, più o meno a ragione, si richiamano a lui.
Ora è questo, quello "vero", l'Agostino perennemente attuale. L'Agostino della filosofia "cristiana": dell'internum-aeternum, che richiama all'interiorità e fonda la trascendenza; dell'uomo "abisso profondo" e immagine di Dio, che da Dio ha l'essere, la conoscenza, l'amore, doni che solo in Dio può custodire; dell'uomo fragile e peccatore che anela alla libertà e alla salvezza che solo Cristo può dare; delle relazioni tra il tempo e l'eternità, la ragione e la fede, la natura e la grazia, contemplate in una visione di sintesi che unisce i due poli senza confonderli; della città di Dio, che, fondata sull'amore "sociale", è universale per sua natura, che "recluta cittadini da tutte le nazioni, raccoglie membri da tutte le lingue, non badando alle differenze di costumi, di leggi, d'istituzioni... non sopprimendo né distruggendo, anzi accettando e conservando tutto ciò che, sebbene diverso nelle diverse nazioni, tende al solo e medesimo fine della pace terrena, purché non impedisca la religione che c'insegna ad adorare l'unico, sommo e vero Dio" 31.
L'Agostino perenne è l'Agostino della grande teologia: la teologia della Trinità, della Redenzione, della grazia, del "Christus totus", della storia; è l'Agostino del sapiente metodo teologico, che unisce insieme l'ardente desiderio di capire e la ferma adesione all'autorità della fede, il senso vivo del mistero e l'orientamento costante della scienza alla carità 32; è l'Agostino dalla profonda esperienza religiosa, che sa suggerire la voce della preghiera, sa comunicare il fremito dell'amore, sa dire le parole della speranza.
Non ultima ragione dell'attualità di Agostino è quella ecumenica. Nel momento triste e doloroso della divisione della cristianità occidentale, si discusse molto sulla vera interpretazione del pensiero agostiniano, e da sponde ormai lontane ci si appellò ad esso: questo stesso pensiero, studiato nelle sue fonti genuine, può essere un punto comune d'incontro ed un efficace punto di partenza per una sintesi nuova insieme ed antica, che riconosca gli aspetti dottrinali che uniscono e superi, nella verità e nella carità, quelli che dividono, preludendo così alla ricomposizione di quell'unità che fu il grande ideale di Agostino pensatore e pastore. La città di Dio non conosce che una sola vittoria, quella della verità: ubi victoria, veritas 33: una vittoria che non umilia nessuno, e onora tutti.
Ora questa figura singolare di pensatore, di pastore, di teologo, di mistico, di poeta - Agostino è anche questo -, si scopre nei suoi scritti, dove, come dice il primo biografo, l'amico e discepolo Possidio, "i posteri lo trovano sempre vivo" 34.