TEMPO DI PASQUA
CRISTO NELLA GLORIA DEL PADRE
VII - DOMENICA DELL'ASCENSIONE |
Possa (Dio) davvero illuminare gli occhi della vostra mente
per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati,
quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi.
(Ef 1, 18)
INTRODUZIONE
Gesù conclude i giorni della sua vita terrena ed ascende glorioso alla destra del Padre; non è il suo un addio, ma l’avvio di un nuovo tempo, quello della Chiesa che è assistita nel suo ministero dalla luce dello Spirito Santo. Ora la comunità cristiana compie il suo itinerario di annuncio della buona novella, con gli occhi puntati sempre lassù, in cielo. Opera concretamente sulla terra la sua missione, ma alimenta la speranza di ricevere quanto Cristo ha promesso: un posto nel regno del Padre. Il nostro "dove", la patria verso la quale muoviamo i nostri passi, il nostro tesoro al quale attaccarci con il cuore è lassù, in cielo, nel cuore stesso della Trinità. L’ascensione è la caparra (come già lo Spirito Santo e l’Eucarestia) che Cristo ci ha donato a garanzia della promessa di immortalità.
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 265/C, 1. 2)
Celebriamo oggi l'ascensione del Signore al cielo con lo stesso corpo con il quale è risorto. La festa annuale non rinnova il fatto ma Io richiama alla memoria. Saliamo ora insieme a lui con il cuore; abbiamo la certezza che lo seguiremo anche con il corpo. Non per niente ora abbiamo ascoltato l'invito: In alto il cuore; né senza motivo l'Apostolo ci esorta con le parole: Se siete risorti con Cristo, cercate le cose del cielo, dov'è Cristo, assiso alla destra del Padre: aspirate alle cose di lassù e non a quelle della terra (Col 3, 1-2). Alzatevi dalla terra; non potendo il corpo, voli l'anima. Alzatevi dalla terra: cioè sopportate le avversità sulla terra, pensate al riposo in cielo; comportatevi bene qui, per poter rimanere poi sempre lassù. Non c'è luogo sulla terra dove il cuore possa mantenersi integro; se rimane sulla terra si corrompe. Ognuno, se ha qualcosa di prezioso, cerca di portarlo al sicuro. Qui sulla terra molta gente, anzi tutti, quando sentono avvicinarsi qualche pericolo a causa di guerre, cercano dove poter nascondere tutto ciò che hanno di caro. Non è forse così? Potrà qualcuno tra gli uomini fare diversamente da quanto sto dicendo? Chiunque possiede argento o oro, gemme, monili preziosi, vesti costose, cerca dove nasconderli e certamente per salvare quanto ha. Ma più in alto ponga ciò che ha di più prezioso lo ponga in alto. E che cosa ha di più prezioso del suo cuore?
Quando ti si dice: In alto il cuore, questo devi intendere e fare. Pensa al Cristo che siede alla destra del Padre; pensa che verrà a giudicare i vivi e i morti. Pensi la fede: la fede è nella mente, la fede è nel profondo del cuore. Guarda colui che è morto per te: osservalo mentre sta ascendendo al cielo, amalo mentre sta soffrendo; osservalo mentre sta ascendendo al cielo e aggrappati a lui morente. Hai la caparra della grande promessa che ti ha fatto il Cristo: quanto ha fatto oggi, cioè la sua ascensione, è per te una promessa. Dobbiamo sperare che risorgeremo e saliremo al regno di Dio e rimarremo per sempre lì con Dio, vivremo eternamente, saremo nella gioia senza alcuna mestizia, rimarremo lì senza alcuna noia. Lì non ti sarà detto: «Guardati dal male», ma: «Possiedi il bene!». È grande cosa quanto ci vien promesso. Quando avrebbe mai osato promettere a se stessa queste cose la pusillanime e debole natura mortale? Quando avrebbe osato promettersele questo putridume? Riflettendo a ciò che è, quando avrebbe potuto promettere a se stesso queste cose? Ma le ha promesse Dio. Affinché tu creda - ha detto in sostanza - che salirai a me, prima io scendo da te; e affinché tu creda che vivrai di me, prima io muoio per te.
In breve...
Oh se il nostro cuore in qualche modo sospirasse verso quella gloria ineffabile! Se sentissimo fino a gemere la nostra condizione di pellegrini e non amassimo il mondo, se con animo filiale non cessassimo di bussare alla porta di Colui che ci ha chiamati! (In Io. Ev. 40, 10)
L UNEDÌ |
E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha
mandato
nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!
Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per
volontà di Dio.
(Gal 4, 6-7)
INTRODUZIONE
Con il mistero dell’Incarnazione Cristo si è rivelato come la via e la porta per entrare in un rapporto personale e di relazione con la Trinità.
* Con il Padre: Gesù ha posto sulle nostre labbra l’invocazione al Padre nostro, superando quell’assoluta trascendenza tra umano e divino che gli Ebrei difendevano con il ritenere impronunciabile il nome del Signore. Con la morte e resurrezione Cristo ha fatto di tutti gli uomini, che discendono nelle acque del battesimo, figli adottivi del Padre.
* Con il Figlio: Dalla relazione con il Padre scaturisce per l’uomo il rapporto di fratellanza con Cristo, il quale non solo si è fatto nostro fratello, ma in un supremo atto di amore "si è degnato di essere servo" per guarire i veri servi ammalati.
* Con lo Spirito: Il dono dello Spirito, che Agostino definisce come una "specie di ineffabile comunione tra il Padre e il Figlio" introduce l’uomo in una relazione sponsale con Dio, che avrà il suo culmine nell’Apocalisse nelle nozze mistiche tra l’Agnello e la Sposa: Cristo e la comunità dei redenti. L’unico, autentico e vero rapporto tra Dio e l’uomo è un rapporto di sponsalità, che salva l’unicità assoluta di Dio nella vita umana. Nessun altro rapporto è degno di Dio; se così non fosse, si potrebbe incorrere nell’idolatria!
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 265/F, 1-3)
In questo giorno, fratelli, come sapete, celebriamo la solennità dell'ascensione del Signore. Come avete udito, Cristo è asceso al Padre suo e Padre nostro, al Dio suo e Dio nostro (cf. Gv 20, 17). Come abbiamo meritato di diventare fratelli di Cristo? In nessun modo avremmo potuto sperare di diventare suoi fratelli se egli non avesse assunto la nostra debolezza. Noi siamo diventati suoi fratelli perché egli è diventato uomo. Colui che era nostro Signore si è degnato di essere nostro fratello; nostro Signore da sempre, nostro fratello da un certo momento; nostro Signore nella natura di Dio, nostro fratello nella natura di servo. Infatti, pur possedendo la natura divina, non ritenne una rapina la sua uguaglianza con Dio: ecco il Signore. Come divenne nostro fratello? Annientò se stesso, prendendo la natura di servo (Fil 2, 6). Se fosse diventato soltanto nostro fratello, sarebbe già tanto. Ma prese la natura di servo, si è degnato di essere servo. Servo nostro o no? Anche nostro. Di se stesso infatti Cristo disse: Non sono venuto per essere servito ma per servire (Mt 20, 28). Di lui il profeta preannunziò che il giusto avrebbe giustificato le moltitudini con il suo servizio (cf. Is 53, 11). Ma non insuperbiamoci per questo. In genere qualunque padrone si mette a servire i suoi servi ammalati, per poter riavere dei servi sani che gli prestino i loro servizi. Si mette a servire i suoi servi ammalati per farli guarire. Nostro Signore ha servito degli ammalati. Non ha confezionato con la sua infermità delle medicine per degli ammalati? Per degli ammalati ha effuso il suo sangue, con il collirio dei suo sangue ha spalmato gli occhi di ciechi.
È diventato dunque per bontà nostro fratello colui che per natura è nostro Signore. Disse: Ascendo al Dio mio e Dio vostro, al Padre mio e Padre vostro (Gv 20, 17). A quali persone Cristo comandò di riferire queste sue parole? Va' - disse - di' ai miei fratelli, e poiché sono loro fratello, ascendo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro. Non disse: «Ascendo al Padre nostro», né: «Ascendo al Dio nostro». Non è priva di significato ben preciso la frase: Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro. Questa distinzione indica qualcosa che non debbo lasciare sotto silenzio. Padre mio perché sono il Figlio unigenito; Padre vostro perché per mio mezzo siete stati adottati. Ma perché Dio mio? Cristo non è stato creato ma è l'Unigenito. Perché allora Dio mio? Lo spiega il salmo. Dio mio perché ha assunto la natura di servo: Dal grembo di mia madre tu sei il mio Dio (Sal 21, 11). [...] Dio è Dio nostro perché, pur essendo noi peccatori, ci ha salvati; è Dio suo invece perché egli divenne uomo, pur senza peccato. [...] Abbiamo tutti un Dio nei cieli, ma Cristo in modo diverso perché egli è senza peccato, mentre noi siamo peccatori.
Pur peccatori, siamo stati trattati con quella benevolenza di cui parla l'Apostolo: Eredi di Dio e coeredi di Cristo (Rm 8, 17). Abbiamo un Padre nei cieli, facciamo parte di una grande famiglia . Di lì il Figlio scese fino a noi per diventare nostro fratello. Non lasciò il Padre quando venne in mezzo a noi né abbandonò noi quando ritornò al Padre. Crediamo in Cristo asceso al cielo, crediamolo sempre in mezzo a noi.
In breve...
Grande mistero! Siamo invitati alle nozze, anzi noi siamo le nozze stesse. Nelle nozze umane un conto è la sposa, un conto gli invitati. Noi invece siamo invitati e sposa insieme. Noi infatti formiamo la Chiesa e siamo invitati nella Chiesa. (Serm. 265/E, 5)
M ARTEDÌ |
Ogni volta che avete fatto queste cose
a uno solo di questi miei fratelli più piccoli,
l’avete fatto a me.
(Mt 25, 40)
INTRODUZIONE
La povertà evangelica non riguarda esclusivamente il possesso dei beni materiali, ma il riconoscimento di una radicale indigenza dell’uomo, potremmo dire a livello ontologico, del suo stesso essere. L’uomo è un mendicus Dei, un bisognoso di Dio e deve imparare ad apprezzare come tutto ciò che è e quanto possiede, a partire dalla sua stessa esistenza, provengano da un atto di generosità di Dio. I poveri in spirito vivono nella consapevolezza della radicale dipendenza da Dio; sanno di essere dinanzi al Signore come i servi che attendono tutto dalla mano del loro padrone. (cf. Sal 123, 2) Chi dunque fa di Dio l’unica sua ricchezza si apre anche all’azione concreta verso i poveri, gli emarginati, gli afflitti. Il servizio al prossimo diviene pertanto impegno del cristiano, criterio di autenticità della sua fede e dell’impegno a vivere il servizio e la carità fraterna, come ci ha insegnato con la sua vita Cristo. Anzi: Dio stesso acconsente che vi siano dei poveri, perché quanti hanno ricevuto di più, condividano tali benefici con coloro che ne sono privi. (cf. Serm. 39, 6)
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 123, 3-59
Così colui che ebbe il potere di compiere grandi prodigi soffrì la fame, la sete, si assoggettò alla fatica, cedette al sonno, fu arrestato, fu flagellato, fu crocifisso, fu ucciso. Codesta è la via: cammina attraverso l'umiltà per giungere all'eternità. Cristo Dio è la patria dove siamo diretti; Cristo uomo è la via per la quale procediamo. Andiamo a lui, andiamo attraverso lui; perché temiamo di allontanarci dalla mèta? Non si allontanò dal Padre e venne fino a noi. Era nutrito al seno e conservava il mondo. Giaceva in una mangiatoia ed era il cibo degli angeli. Dio e uomo: lo stesso che Dio egli uomo, lo stesso che uomo egli Dio. Ma non in quanto uomo egli Dio. Dio perché è il Verbo; uomo perché il Verbo si fece carne; e sussistendo come Dio e prendendo su di sé la carne propria dell'uomo; assumendo ciò che non era, non perdendo ciò che era. Per conseguenza, dopo aver ormai sofferto proprio a motivo dello stato di umiliazione, avendo ormai subito la morte, ormai la sepoltura, risuscitò infine, salì al cielo infine; si trova là e siede alla destra dei Padre; e si trova quaggiù nella persona dei suoi poveri.
Temete il Cristo che è in cielo, riconoscete il Cristo che è sulla terra. Il Cristo in cielo consideralo quale dispensatore di doni, il Cristo sulla terra riconoscilo povero. Quaggiù è povero, lassù è ricco. Che quaggiù Cristo è povero in luogo nostro egli stesso lo dice: Ho avuto fame, ho avuto sete, ero nudo, ero forestiero, ero carcerato. E ad alcuni ha detto: Mi avete provveduto; ad altri ha detto: Non mi avete provveduto (cf. Mt 25, 35-45). Ecco, abbiamo dato a conoscere l'identità del Cristo povero: chi non conosce il Cristo ricco? [...] Ricco e povero perciò il Cristo; come Dio, ricco, come uomo, povero. E infatti lo stesso uomo già ricco ascese al cielo, siede alla destra del Padre, eppure quaggiù tuttora povero soffre la fame, la sete, è nudo.
Tu che sei? Ricco, o povero? Molti mi dicono: Sono povero, e dicono il vero. Riconosco povero chi possiede qualcosa, riconosco povero anche l'indigente. Ma c'è chi possiede in abbondanza oro e argento. O se si riconoscesse povero! Si riconosce povero chi si accorge di avere accanto a sé un povero. Com'è? Per molto che tu voglia avere, chiunque ricco tu sia, sei il mendico di Dio. Si viene all'ora della preghiera e proprio in questo momento ti metto alla prova. Tu chiedi. Come, non sei povero tu che chiedi? Aggiungo di più: chiedi pane. Non sei forse sul punto di dire: Dacci il nostro pane quotidiano (Mt 6, 11)? Tu che chiedi il pane quotidiano sei povero o ricco? Eppure Cristo ti dice: Dammi di ciò che ti ho dato. Che hai portato con te quando sei venuto al mondo? Quaggiù hai trovato esistente tutto ciò che ho creato. Niente hai recato, nulla porterai via di qui. Per quale ragione non mi doni del mio? È perché sei ricco, mentre il povero è privo di tutto. Considerate all'origine la vostra vita: entrambi veniste alla luce nudi. Anche tu perciò nascesti nudo. Trovasti qui molte cose: recasti con te qualcosa? Ti chiedo del mio: dammi ed io ti rendo. Hai avuto in me il donatore, rendimi presto debitore. È dir poco ciò che ho detto: hai avuto in me il donatore, fa' di me un debitore; che io abbia in te un creditore. Mi dài poco, renderò di più. Mi dài beni terreni, te ne renderò di celesti. Mi dài beni temporali, ti renderò beni eterni. A te renderò te stesso quando avrò restituito te a me.
In breve...
Come non ti sei recato nulla [in questo mondo] così non ti porterai via nulla. Spedisci lassù ciò che hai potuto trovare, sicuro che non lo perderai. Dàllo a Cristo... Egli mise come in vendita il regno dei cieli e stabilì che suo prezzo fosse un bicchiere di acqua fresca. (cf. Mt 10, 42) (Serm. 39, 6)
M ERCOLEDÌ |
Tutto ormai io reputo una perdita
di fronte alla sublimità della conoscenza di Gesù Cristo, mio Signore,
per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose
e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo.
(Ef 3, 8)
INTRODUZIONE
Sulla terra la beatitudine per l’uomo ha il fondamento nella speranza; in cielo invece nel possesso di Dio. Chi dunque ha perseverato nella fede riceverà in premio Dio, partecipando della vita e della beatitudine di Dio. «Con questa dottrina Agostino inserisce la vita beata nella fase escatologica, ne fa il fondamento della morale e la regola della virtù, la quale qui in terra sempre imperfetta, non è vera se non è orientata verso l’ultimo fine, che per l’uomo è solo nell’aldilà». (P. Trapé)
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 19, 5
Che c'è per me lassù? La vita eterna, l'incorruzione, il regno con Cristo, la società con gli Angeli, dove non sarà nessun turbamento, nessuna ignoranza, nessun pericolo, nessuna tentazione; ci sarà invece la vera, sicura, stabile tranquillità. Ecco che avrò per me in cielo. E fuori di te che cosa ho bramato sulla terra? Che cosa ho bramato? Che cosa? Ricchezze fluide, caduche, instabili. Che cosa ho bramato? L'oro che è pallida terra, l'argento che è livida terra, l'onore che è fumo temporaneo. Ecco che cosa ho bramato fuori di te sulla terra. E poiché ho visto che queste cose le avevano i peccatori, mi si sono inciampati i piedi e poco è mancato che i miei passi vacillassero (cf. Sal 72, 1)). Oh, quanto egli è buono per i retti di cuore! (cf. Sal 72, 1) Che cosa cerchi dunque, o profeta fedele? L'oro, l'argento, le ricchezze della terra? Ma allora la fede di una donna fedele varrà come ciò che ha anche una meretrice? O la fede di un uomo fedele varrà come ciò che ha anche un mimo, un auriga, un predatore, un ladro? Ah, no, fratelli miei, non è questo il valore della vostra fede! Il Signore ve lo tolga dal cuore. Non è questo il valore. Volete sapere quale ne è il valore? Per essa è morto Cristo. Come puoi pensare a un equivalente terreno, se tu sei legato all'oro e al denaro? Così tu svilisci quella fede per la quale è morto Cristo. «Ma allora che cos'è? si dirà, quanto vale?». Ascolta bene colui che ha detto: Chi avrò per me in cielo? (Sal 72, 25) [...] Quegli stesso che ha fatto il cielo. Premio della tua fede è il tuo Dio stesso. Lui stesso possederai; egli si dona in premio a coloro che l'onorano. Considerate, o carissimi, tutto il creato, il cielo, la terra, il mare, e tutte le cose del cielo, della terra e del mare, quanto son belle, quanto meravigliose, con quanta dignità e ordine sono disposte. Non vi stupiscono? Ma certo che vi stupiscono. E perché? Perché son belle. E che cosa sarà chi le ha fatte? Io credo che restereste di stucco se poteste vedere la bellezza degli angeli. Ma che cosa sarà il Creatore degli angeli? E lui è la ricompensa della vostra fede. Avari, che cosa potrà mai bastarvi, se Dio stesso non vi basta?
In breve...
Tardi ti amai, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti amai!... Mi toccasti, ed ora brucio di desiderio per la tua pace. (Confess. 10, 27, 38)
G IOVEDÌ |
Beato chi abita la tua casa:
sempre canta le tue lodi!
(Sal 84, 5)
INTRODUZIONE
La tensione agostiniana verso il cielo "il luogo buono ed eterno" non deve indurre a sottovalutare la portata della dimensione storica dell’uomo. Le scelte che egli attua nella vita sono vincolanti per il conseguimento della futura felicità. È nel luogo in cui imperversa il male, cioè sulla terra, tra le tentazioni del maligno e le paure per la sofferenza e la morte, che si pongono le basi per la sicurezza e tranquillità futura. Allora Cristo Risorto splenderà quale nuovo giorno e nuova luce per coloro che avranno operato il bene a sostegno dei fratelli bisognosi.
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 217, 5-6)
Padre, voglio che quelli che mi hai dato... Io voglio, Padre; io faccio quello che tu vuoi; tu fa' quello che voglio io. Voglio... Che cosa? Che siano con me dove sono io (Gv 17, 24). O dimora beata! O patria sicura! Lì non c'è nemico, lì non c'è sofferenza, lì vivremo sicuri, non cercheremo di andarcene, non troveremo un luogo migliore. Qualunque cosa tu ricerchi sulla terra, la cerchi con la prospettiva del timore, non della sicurezza. Scegliti un rifugio, mentre sei in questo luogo cattivo, ossia in questo mondo, in questa vita piena di tentazioni, in questa mortalità piena di gemiti e di timori; mentre sei in questo luogo cattivo, scegliti un rifugio a cui trasmigrare dal luogo cattivo. Dal luogo cattivo non potrai trasmigrare verso il luogo buono, se non avrai operato il bene nel luogo cattivo. Com'è quel luogo? Lì nessuno ha farne. Allora se vuoi abitare in quel luogo buono dove nessuno ha fame, in questo mondo spezza il tuo pane con chi ha fame (cf. Is 58, 7). In quel luogo beato nessuno è pellegrino, tutti stanno nella loro patria. E allora se vuoi stare in quel luogo buono, quando ti capita un pellegrino che nel luogo cattivo non ha dove rifugiarsi, accoglilo nella tua casa; dàgli ospitalità nel luogo cattivo perché anche tu possa arrivare in quella dimora e non esservi come ospite (Ef 2, 19). In quel luogo buono nessuno ha bisogno di vestito; freddo non ce n'è, caldo neppure: a che serve un tetto? A che serve un vestito? Eppure anche lì, dove non ci sarà più tetto, ma protezione, anche lì si parla di rifugio. Mi rifugio all'ombra delle tue ali (Sal 56, 2). Perciò in questo luogo cattivo da' un tetto a chi non ne ha, per poter essere in quel luogo buono e avervi un rifugio tale, da non doverti fare una copertura rabberciata; perché lì l'acqua non gocciola, ma vi precipita la sorgente inesausta della verità. Quella però è acqua che dà letizia, non bagna; quell'acqua è la sorgente stessa della vita. Che vuol dire: Signore, presso di te è la sorgente della vita (Sal 35, 10)? Il Verbo era presso Dio (Gv 1, 1).
Perciò, fratelli, fate il bene nel luogo cattivo, per poter giungere a quel luogo buono, di cui dichiara colui che ce lo sta preparando: Voglio che anch'essi siano con me dove sono io (Gv 17, 24). Cristo Signore è salito sù per prepararcelo, affinché, una volta preparato (cf. Rm 6, 9), noi vi possiamo arrivare sicuri. È se stesso che egli prepara: voi rimanete in lui. È una casa troppo piccola per te il Cristo? Ormai non hai da temere neanche la sua passione; egli è risuscitato dai morti, non muore più, la morte non ha più potere su di lui (Sal 95, 1-2). Il luogo cattivo, i giorni cattivi sono il secolo presente. Compiamo il bene nel luogo cattivo, viviamo bene in questi giorni cattivi. Il luogo cattivo passa, passano i giorni cattivi, e verrà il luogo buono che è eterno, verranno i giorni buoni che sono eterni. E quei giorni buoni saranno un giorno solo. Qui infatti perché si parla di giorni cattivi? Perché uno ne passa e ne viene un altro. Passa l'oggi per dar luogo al domani; l'ieri è passato per dar luogo all'oggi. Dove nulla passa, quello è un giorno solo. E quel giorno è Cristo. Anche il Padre è giorno. Ma il Padre è giorno da nessun giorno, il Figlio è giorno da giorno. Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra. Cantate al Signore, benedite il suo nome, annunziate di giorno in giorno la sua salvezza (Lc 2, 25 s.). Cristo è il giorno. Se non ne sei convinto, ascolta un vecchio sapiente; fino a che non lo gustiate voi che siete ancor giovani, ascoltate coloro che hanno fatto i capelli bianchi nella verità. Quel vecchio Simeone vide bambino Cristo Signore, che veniva sorretto dalla madre, lui che sorreggeva il cielo. Lo vide bambino, ma lo riconobbe grande e lo prese tra le sue braccia; perché aveva ricevuto da Dio l'annuncio che non avrebbe visto la morte senza prima aver visto il Messia del Signore. Lo prese tra le sue braccia e disse: Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza (Lc 2, 26-37). Ecco dunque: Annunziate la sua salvezza che è giorno da giorno (Sal 95, 2). Questo voleva dire Simeone: Colui che aspettavo è venuto; ormai che faccio più? Egli lo prese, già sul punto di esser preso da lui; sorreggeva il Cristo uomo ed era sorretto da Cristo Dio.
In breve...
Egli sarà il porto dove termineranno le nostre fatiche: vedremo Dio e loderemo Dio... Vedrai infatti Colui che per lungo tempo hai desiderato e lo loderai senza interruzione. (Serm. 37,30)
V ENERDÌ |
Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Cristo dai morti
abita in voi,
colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi
mortali
per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
(Rm 8, 11)
INTRODUZIONE
È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. (Gv 16, 7) Siamo nel cenacolo, prima della passione; Gesù affida ai suoi discepoli un testamento spirituale: il suo allontanamento fisico dagli uomini è indispensabile perché lo Spirito Paraclito operi la sua missione nella Chiesa. Procedendo dal Padre e dal Figlio, lo Spirito è la prova dell’amore che Dio ha per noi e che ha dimostrato nella storia della salvezza nell’Incarnazione del suo Figlio. È il dono dello Spirito che stabilisce tra gli uomini un rapporto di figliolanza con il Padre. È lo Spirito a suggerire con gemiti inesprimibili (Rm 8, 26) le invocazioni da rivolgere al Padre. È lo Spirito a guidare i fedeli al possesso della Verità tutta intera, in quanto anima dell’intera comunità ecclesiale. È lo Spirito a liberare l’uomo dalla dipendenza delle legge, per collocarlo sotto il segno della grazia e della libertà.
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 128, 2.4 - 3. 5)
Del Cristo è stato detto: È salito in alto, ha condotto prigionieri, ha fatto doni agli uomini (Sal 67, 19; Ef 4, 8). Che vuol dire: Ha condotto prigionieri? Che ha vinto la morte. Che vuol dire: Ha condotto prigionieri ? Che il diavolo ha procurato la morte e il diavolo stesso è stato fatto prigioniero dalla morte di Cristo. È salito in alto. Che conosciamo di più alto del cielo? E infatti è salito al cielo manifestamente alla presenza dei suoi discepoli (cf. At 1, 9). Questo sappiamo, questo crediamo, questo dichiariamo. Ha fatto doni agli uomini. Quali doni? Lo Spirito Santo. Chi dà un tale dono, di che natura è in persona? Grande infatti è la misericordia di Dio; dà un dono uguale a se stesso, perché il dono di lui è lo Spirito Santo, e tutta la Trinità, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio. Che ci dà lo Spirito Santo? Ascolta l'Apostolo: L'amore di Dio - dice - è stato riversato nei nostri cuori. Perché o in che modo l'amore di Dio è stato riversato nel cuore dell'uomo? Da che ti viene, o mendicante, che l'amore di Dio è stato riversato nel tuo cuore? Noi abbiamo - dice - un tale tesoro in vasi di creta. Perché in vasi di creta? Perché risulti che la straordinaria forza della virtù venga da Dio (2 Cor 4, 7). Infine, dopo aver detto: L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori, ad evitare che ognuno ritenesse di avere da sé il mezzo per il quale ama Dio, ha subito aggiunto: Per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5, 5). Quindi, perché tu possa amare Dio, Dio dimori in te ed ami sé assumendo da te, cioè ti dia slancio, ti infiammi, ti illumini, ti sollevi al suo amore.
Durante la vita nel corpo è infatti in atto una lotta: per tutto il tempo che siamo in vita, affrontiamo una lotta; finché dura la lotta, siamo in pericolo, ma in tutto questo siamo vincitori in virtù di colui che ci ha amati (cf. Rm 8, 37). Quale sia la nostra lotta lo avete ascoltato ora, durante la lettura dell'Apostolo: Tutta la legge - dice - trova la sua pienezza in un solo precetto, in quello che sta a dire: Amerai il prossimo tuo come te stesso (Gal 5, 14). Questo amore viene dallo Spirito Santo. Amerai il prossimo tuo come te stesso. Vedi prima se già sai amare te stesso; poi ti affido il prossimo che devi amare come te stesso. Ma se non sai ancora amare te stesso, ho timore che tu non tragga in inganno il tuo prossimo come è stato di te.
In breve...
Il Redentore ti ha dato lo Spirito per il quale tu possa far morire le opere della carne. (Serm. 128, 7, 9)
SABATO |
Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo.
Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato.
(Gl 3, 1.5)
INTRODUZIONE
Nella sua predicazione Agostino non prova rossore nel dichiarare in tutta onestà la difficoltà di un tale ministero, quando si imbatte in questioni esegetiche complesse. Egli ne parla ai suoi fedeli, chiede l’ausilio della preghiera, perché lo Spirito Santo illumini la comprensione della Parola secondo il criterio metodologico della verità (regula veritatis): è la fede della Chiesa che legge ed interpreta la Scrittura a provare la fondatezza di una interpretazione scritturistica. Dopo aver richiesto la collaborazione necessaria agli uditori, Agostino non si sottrae dal fornire una sua lettura, che ricostruisce una possibile concordanza tra i racconti evangelici sulla duplice effusione dello Spirito Santo.
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 265, 7, 8 – 8, 9)
Due volte Cristo è stato glorificato nella natura umana che ha assunto: la prima volta quando risuscitò dai morti nel terzo giorno; l'altra quando ascese al cielo davanti agli occhi dei suoi discepoli. Queste due glorificazioni di Cristo, che ci si dice di commemorare, si sono già avverate. Rimane una terza glorificazione, anche questa alla presenza degli uomini, quando si presenterà per giudicare. Così l'evangelista Giovanni diceva parlando dello Spirito Santo: Non era stato ancora dato lo Spirito, non essendo ancora glorificato Gesù (Gv 7, 39). Non era stato ancora dato lo Spirito; perché ancora non era stato dato? Non essendo ancora glorificato Gesù. Per dare lo Spirito si aspettava che Gesù fosse glorificato. Due volte glorificato, e meritatamente - con la risurrezione e con l'ascensione -, Gesù due volte diede lo Spirito. Diede l'unico Spirito, lo diede l'unico Gesù, lo diede per l'unità e tuttavia lo diede due volte. La prima volta, dopo la risurrezione, disse ai suoi discepoli: Ricevete lo Spirito Santo (Gv 20, 22). E alitò su di essi. Questa fu la prima volta. Poi promette ancora che avrebbe mandato lo Spirito Santo dicendo: Riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi (At 1, 8); e in un altro passo: Voi rimanete in città; io infatti adempirò la promessa del Padre che avete udito dalla mia bocca (Lc 24, 49). Dopo che ascese al cielo, trascorsi dieci giorni, mandò lo Spirito Santo: è la prossima festa di Pentecoste.
Fate attenzione, fratelli miei. Qualcuno potrebbe chiedermi: «Perché Cristo ha dato due volte lo Spirito Santo? ». Molti hanno detto tante cose su questo argomento, affrontando la questione con argomentazioni umane. Quel tanto che hanno detto non è contro la fede; uno ha detto una cosa, uno un'altra, tutti nell'ambito della regola della verità. Se dicessi di sapere perché Cristo ha dato due volte lo Spirito Santo, vi mentirei. Non lo so. Chi afferma di sapere ciò che non sa è un temerario; chi dice al contrario di non sapere ciò che invece sa, si mostra ingrato verso Dio. Vi confesso che ancora sto ricercando per sapere perché il Signore ha dato due volte lo Spirito Santo: e desidero arrivare a qualcosa di più certo. Il Signore mi aiuti per le vostre preghiere, perché ciò che si degna di donarmi non lo nasconda a voi. Non so darvi una risposta precisa. Non vi nasconderò tuttavia il mio parere, anche se ancora non ne sono sicuro, anche se ancora non lo credo come assolutamente certo, come invece credo con assoluta certezza al fatto in se stesso. Se la cosa sta come penso io, il Signore ne rafforzi la convinzione; se c'è un'altra opinione che può apparire più vera, il Signore ce la faccia conoscere. Dunque io penso - ma è una mia opinione - che lo Spirito Santo è stato dato due volte per ricordarci i due comandamenti della carità. Due infatti sono i comandamenti ma una sola è la carità: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima; e: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due precetti dipende tutta la Legge e i Profeti (Mt 22, 37-40). Un'unica carità ma due comandamenti; un unico Spirito ma donato due volte . Infatti non è stato dato uno Spirito nella prima volta e uno Spirito diverso nella seconda; come la carità che ama il prossimo non è diversa da quella che ama Dio. Non c'è una seconda carità. Con la stessa carità con la quale amiamo il prossimo amiamo anche Dio. Ma poiché una cosa è Dio e una cosa è il prossimo, vengono amati sì con un'unica carità, però non sono la stessa cosa quelli che vengono amati. Poiché è più importante, è stato raccomandato anzitutto l'amore di Dio e poi l'amore del prossimo, tuttavia si comincia dal secondo per arrivare al primo: Se infatti non ami il fratello che vedi, come potrai amare Dio che non vedi? (1 Gv 4, 20). Perciò forse, per educarci all'amore del prossimo, Cristo quand'era ancora visibile sulla terra e prossimo ai prossimi, diede lo Spirito Santo, alitando su di essi; e soprattutto da quella carità che è in cielo, inviò lo Spirito Santo dal cielo. Ricevi sulla terra lo Spirito Santo e ami il fratello; ricevilo dal cielo e ami Dio. Però anche quanto hai ricevuto sulla terra viene dal cielo. Cristo diede lo Spirito Santo quando ancora era sulla terra, ma viene dal cielo ciò che ha dato. Lo diede infatti colui che è disceso dal cielo. Qui sulla terra trovò le persone a cui darlo, ma di lassù lo prese per darlo.
In breve...
Lo Spirito Santo ha cominciato ad abitare in voi, non se ne vada; non vogliate scacciarlo dai vostri cuori. Ospite buono, egli vi ha trovati vuoti e vi riempie; vi ha trovati affamati e vi pasce; vi ha trovati assetati e vi inebria. Sia lui ad inebriarvi! (Serm. 225, 4, 4)
DOMENICA DI PENTECOSTE |
Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio
abita in voi?
Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui.
Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
(1 Cor 3, 16-17)
INTRODUZIONE
«Lo Spirito è Amore, perché è Dono né può esserci dono più grande dell’amore: anzi ogni altro dono senza l’amore non serve a nulla. Per questo Cristo, tornando al Padre, invia lo Spirito Santo, perché è il Dono per eccellenza, inviato a diffondere nei cuori l’amore, perché è l’Amore a santificare e a costituire la comunione tra tutti i fedeli nella Chiesa... In essa lo Spirito è la comunione che unisce i fedeli tra loro e con la Trinità, facendo di tutti una sola cosa, come nella Trinità le tre Persone sono un solo Dio». (P. Trapè)
Agostino riconduce la riflessione sullo Spirito Santo all’interno della ecclesiologia. Lo Spirito raccoglie nell’unità del Corpo Mistico (Cristo/capo e Chiesa/membra) ogni divisione, aiutando in modo differente quanti sono all’interno o fuori della comunione cattolica: sostenendo i giusti, perché perseverino nella fede; aiutando coloro che non fanno parte della Catholica (la Chiesa diffusa in ogni parte della terra) a diventarne membra. Da questo principio si comprende la fraterna esortazione che Agostino rivolge senza stancarsi ai donatisti, autori di uno scisma profondo nella Chiesa del Nord Africa. Alla violenza dei donatisti, che rifiutavano anche l’appellativo di fratelli da parte dei cattolici, Agostino propone il suo programma: amare, illuminare, organizzare, riportare la comunità separata all’unità di un solo ovile, sotto la guida di un solo Pastore, Cristo.
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 8, 17)
Per quanto mi consta, per quanto anche voi sapete e a quanto crediamo, non esiste nessuna santificazione divina e vera se non proveniente dallo Spirito Santo. Non invano infatti è chiamato propriamente Spirito Santo. Pur essendo santo anche il Padre e anche il Figlio, tuttavia questo nome l'ha preso come proprio lo Spirito, di modo che la terza Persona della Trinità si chiama Spirito Santo. Egli riposa sull'umile e il mite (cf. Is 66, 2), come nel suo sabato. Il numero sette si applica anche a questo Santo Spirito: lo indicano chiaramente le nostre Scritture. Coloro che sono migliori di me trovino cose migliori, coloro che sono maggiori di me trovino cose maggiori e dicano e spieghino di questo numero sette qualcosa di più profondo e di più vicino a Dio. Io invece vedo, e questo per ora è sufficiente, e raccomando anche a voi di vedere, che questo modo settenario di calcolare il numero si riferisce propriamente al Santo Spirito, perché nel settimo giorno è rivelata la santificazione. E donde proviamo che il modo settenario di calcolare il numero si riferisce al Santo Spirito? Dice Isaia che lo Spirito di Dio scende su chi è fedele, su chi è cristiano, su chi è membro di Cristo, Spirito di sapienza e d'intelletto, di consiglio e di fortezza, di scienza e di pietà, di timore di Dio (cf. Is 11, 2-3). Se avete seguito, ho percorso sette tappe, come dire che lo Spirito di Dio è disceso fino a noi dalla sapienza fino al timore, affinché noi possiamo salire dal timore alla sapienza. L'inizio della sapienza infatti è il timore di Dio (Sal 110, 10). In effetti lo Spirito è settenario ed è un solo Spirito: uno con settupla operazione. Volete una prova ancor più evidente? La Sacra Scrittura ricorda che la festa di Pentecoste è formata da settimane. Lo trovi nella Scrittura nel libro di Tobia: chiaramente dice che questa festa è formata da settimane (cf. Tb 2, 1). Sette volte sette infatti sommano quarantanove. Ma, per ritornare all'inizio - lo Spirito Santo ci riunisce verso l'unità, non ci disperde dall'unità -, ai quarantanove si aggiunge uno, simbolo dell'unità, e diventano cinquanta. Non senza motivo lo Spirito Santo venne nel cinquantesimo giorno dopo l'ascensione dei Signore. Risuscitò il Signore, ascese dagli inferi, non ancora in cielo. Da quella risurrezione, da quella ascensione dagli inferi si contano cinquanta giorni e venne lo Spirito Santo nel cinquantesimo giorno facendone come il giorno natalizio della sua venuta tra noi. Quaranta giorni Cristo si fermò sulla terra con i suoi discepoli (cf. At 1, 3); nel quarantesimo giorno ascese al cielo, e passati da quel momento dieci giorni, come segno dei dieci comandamenti, venne lo Spirito Santo, perché nessuno adempie la legge se non per la grazia dello Spirito Santo. Perciò, fratelli, vedete chiaramente che questo numero sette si riferisce allo Spirito Santo. Chiunque non aderisce all'unità di Cristo e abbaia contro l'unità di Cristo, bisogna pensare che non ha lo Spirito Santo (cf. Gd 16). Litigi, discordie e divisioni le fanno solo gli uomini carnali di cui l'Apostolo dice: L'uomo carnale non comprende le cose che sono dello Spirito di Dio (1 Cor 2, 14). Si trova scritto anche nella lettera dell'apostolo Giuda: Costoro sono i fautori di scissioni - parlava rimproverando - costoro sono i fautori di scissioni, carnali, privi dello Spirito (Gd 19). Che cosa andiamo cercando di più chiaro? di più evidente? A buon diritto, anche se credono le stesse verità di noi, vengono per ricevere lo Spirito Santo, ma non lo possono ricevere finché sono nemici dell'unità.
In breve...
Abbiamo dunque lo Spirito Santo se amiamo la Chiesa; e amiamo la Chiesa, se rimaniamo nella sua unità e nella sua carità. (In Io. Ev. tr. 32, 8)