TEMPO DI PASQUA
EUCARESTIA: PANE
DI VITA NUOVA
IV DOMENICA |
Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò
riposare.
Oracolo del Signore Dio.
Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita;
fascerò quella ferita e curerò quella malata,
avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia.
(Ez 34, 15-16)
INTRODUZIONE
Cristo è pastore e porta: pastore in quanto custodisce il suo gregge; porta in quanto è l’unico accesso all’ovile, la via per la quale entrare in comunione di vita con il Padre. Il legame tra il Pastore e le pecore della Chiesa è suggellato da una nuova alleanza, anticipata negli oracoli profetici e stipulata sulla base di un supremo atto di amore: Gesù versa il suo sangue prezioso (quattro volte Agostino ripete questa formula nel corso di due frasi!) per riscattare ed acquistare per sé tutti coloro che sono gravati dal peso del peccato. Una nuova stirpe viene alla luce: è il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui. (1 Pt 2, 9) L’unione intima con Cristo, che la fede realizza già nel fonte battesimale, si rende evidente e raggiunge il suo apice nel banchetto eucaristico.
Dal "Commento al Vangelo di S. Giovanni" di sant’Agostino, vescovo (In Io. Ev. tr. 47, 2)
Vi dirò subito: Io vi predico Cristo con l'intento di entrare in voi, cioè nel vostro cuore. Se altro vi predicassi, tenterei di entrare in voi per altra via. È Cristo la porta per cui io entro in voi; entro per Cristo non nelle vostre pareti domestiche, ma nei vostri cuori: entro per Cristo, e volentieri voi ascoltate Cristo in me. Perché ascoltate volentieri Cristo in me? Perché siete sue pecore, perché siete stati redenti col suo sangue. Voi riconoscete il prezzo della vostra redenzione, che non ho dato io, ma che per mezzo mio vi viene annunziato. Egli vi ha redenti, egli che ha versato il suo sangue prezioso: prezioso è il sangue di colui che è senza peccato. Egli stesso tuttavia ha reso prezioso anche il sangue dei suoi, per i quali ha pagato il prezzo del suo sangue. Se non avesse reso prezioso il sangue dei suoi, il salmista non direbbe: È preziosa al cospetto del Signore la morte dei suoi santi (Sal 115. 15). Egli ci dice: Il buon pastore dà la sua vita per le pecore (Gv 10. 11). È vero, non è stato lui solo a far questo: e tuttavia, se quelli che lo hanno fatto sono sue membra, è sempre lui solo che lo ha fatto. Egli infatti poté far questo senza di loro; ma loro non avrebbero potuto senza di lui, dal momento che egli stesso ha detto: Senza di me non potete far nulla (Gv 15. 5). Abbiamo qui esposto ciò che anche altri hanno affermato, come lo stesso apostolo Giovanni, che annunciò questo Vangelo che state ascoltando; nella sua lettera ci dice: Come Cristo ha offerto la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo per i fratelli offrire le nostre vite (1 Gv 3, 16). Dobbiamo, dice; ce n'ha creato l'obbligo colui che per primo si è offerto. E così, in altro luogo sta scritto: Se ti capiterà di sedere alla mensa di un potente, bada bene a ciò che ti viene messo davanti; metti un freno alla tua voracità, sapendo che dovrai ricambiare (Prov 23, 1-2). Voi sapete qual è la mensa del Potente; su quella mensa c'è il corpo e il sangue di Cristo; chi si accosta a tale mensa, si appresti a ricambiare il dono che riceve; e cioè, come Cristo ha offerto la sua vita per noi, noi dobbiamo fare altrettanto: per edificare il popolo e confermare la fede dobbiamo offrire le nostre vite per i fratelli. Così a Pietro, di cui voleva fare un buon pastore, non a vantaggio di lui ma del suo corpo, il Signore disse: Pietro, mi ami? Pasci le mie pecore (Gv 21. 15). E questa domanda gliela fa una, due, tre volte, fino a contristarlo. E dopo averlo interrogato quante volte ritenne opportuno, affinché la sua triplice confessione riscattasse la sua triplice negazione, e dopo avergli per tre volte affidato le sue pecore da pascere, il Signore gli disse: Quando eri giovane ti cingevi e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio stenderai le braccia e un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vorrai. E l'evangelista spiega ciò che il Signore aveva inteso dire: Disse questo per indicare con qual genere di morte avrebbe glorificato Dio (Gv 21, 18-19). La consegna pasci le mie pecore, non significa dunque altro che questo: offri la tua vita per le mie pecore.
In breve...
Anche il Signore, mentre fatichiamo in questo mondo, ci pasce non solo con il cibo per il ventre, ma anche con quello per la mente... Ci pasce con la parola, ed è quello che stiamo facendo noi che predichiamo di Lui non ai vostri ventri, ma alle vostre menti. E voi ricevete con avidità e, mentre vi pascete, lodate. (Serm. 229/E, 4)
LUNEDÌ |
Sfamasti il tuo popolo con un cibo degli angeli,
dal cielo offristi loro un pane già pronto senza fatica,
capace di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto.
(Sap 16, 20)
INTRODUZIONE
Incarnazione, Redenzione, Eucarestia: sono tre aspetti inseparabili del mistero di Cristo. Con l’Incarnazione il Figlio di Dio ha assunto su di sé quanto della natura umana il peccato aveva colpito: il nascere, il tribolare, il morire. Con la Redenzione il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, giustifica il genere umano, garantendo con il proprio sacrificio la rinascita a vita nuova, la risurrezione dalla morte e il possesso del regno eterno. Quale pegno e garanzia della promessa di una vita in Dio, Cristo ha lasciato agli uomini il suo Corpo e il suo Sangue. L’Eucarestia è pertanto il viatico, il pane del cammino, con il quale ristorarsi durante il pellegrinaggio verso l’eredità celeste. Come già per gli ebrei, quando nell’entrare nella terra promessa cessò la manna, loro cibo nel deserto, così avverrà per noi quando saremo giunti nella patria celeste: scomparso il pane eucaristico, sarà Dio a soddisfare la sazietà insaziabile dei santi.
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 130, 2-3)
Rivolgiamoci a lui che ha compiuto tali cose, egli è il pane disceso dal cielo(cf. Gv 6, 41); ma un pane che fa ristorare e non si può consumare; un pane che può nutrire e non si può esaurire. Anche la manna era figura appunto di questo pane. Al riguardo fu detto: Ha dato loro il pane del cielo, l'uomo ha mangiato il pane degli angeli (Sal 77, 24-25). Chi, se non Cristo, è il pane dei cielo? Ma perché l'uomo potesse mangiare il pane degli angeli, il Signore degli angeli si è fatto uomo. Perciò, se tale non si fosse fatto, non avremmo il suo corpo; non avendo il corpo proprio di lui, non mangeremmo il pane dell'altare. Affrettiamoci verso l'eredità, perché ne riceviamo un pegno eccellente. Fratelli miei, desideriamo la vita di Cristo, ne abbiamo infatti il pegno, la morte di Cristo. Come non ci darà i suoi beni egli che soffrì i nostri mali? In questa terra, in questo mondo posto nel maligno, che cosa si trova in abbondanza se non il nascere, il tribolare, il morire? Passate al crivello le vicende umane, smentitemi, se non sono sincero. Osservate se tutti gli uomini sono in questo mondo per un fine diverso dal nascere, tribolare e morire. Tali sono i prodotti della nostra regione, essi quaggiù abbondano. Per avere di tali merci, quel Mercante vi discese. E poiché ogni mercante dà e riceve, dà quel che possiede e riceve quel che non possiede; quando acquista qualcosa dà il denaro e riceve quello che acquista. Anche Cristo, in questo commercio, ha dato e ha ricevuto. Ma che ha ricevuto? Ciò che quaggiù si trova in abbondanza: il nascere, il tribolare, il morire. E che cosa ha dato? Il rinascere, il risorgere, il regnare per l'eternità. O Mercante buono, acquistaci! Che sto a dire "acquistaci " quando dobbiamo rendere grazie perché ci hai già comprati? Tu versi per noi il nostro prezzo, beviamo il tuo sangue; versi così per noi il nostro prezzo. Noi leggiamo il Vangelo, il nostro documento. Siamo i tuoi servi, siamo tua fattura; ci hai creati, ci hai riscattati. Ognuno può comprarsi uno schiavo, quanto a crearlo, non può; il Signore, invece, e ha creato e ha riscattato i suoi servi; li creò perché avessero l'esistenza, li riscattò perché non fossero schiavi per sempre. Finimmo, infatti, in mano al principe di questo mondo, che ingannò Adamo e lo asservì e dette inizio al suo dominio su di noi, diventati come schiavi nati. Venne, però, il Redentore e il seduttore fu vinto. E il nostro Redentore come trattò chi ci aveva resi schiavi? Per il nostro riscatto tese come trappola la sua croce; vi pose, quale esca, il suo sangue. A quello, invece, fu possibile far versare questo sangue, non meritò di berne. E per il fatto che fece versare il sangue di chi nulla gli doveva, fu obbligato a restituire i debitori; sparse il sangue dell'innocente, fu obbligato a rilasciare i colpevoli. In realtà, il Signore versò il proprio sangue allo scopo di cancellare i nostri peccati. Quindi ciò che convalidava il potere di quello su di noi fu distrutto dal sangue del Redentore. Non altrimenti che con i vincoli dei nostri peccati ci teneva infatti schiavi. Ecco, queste le catene della schiavitù. Egli venne, legò il forte con le catene della sua passione; entrò nella dimora di lui, vale a dire nei cuori degli uomini, dove quello abitava, e gli portò via i vasi suoi (cf. Mt 12, 29). Siamo noi i vasi. Quello li aveva colmati della sua amarezza. Anche al nostro Redentore, nel fiele, dette da bere tale amarezza. Quello ci aveva perciò colmati come vasi di sua proprietà, ma il Signore nostro, afferrando i vasi di lui e facendoli propri, li vuotò dell'amaro e li colmò di dolcezza.
Amiamolo, allora, perché è amabile. Gustate e vedete quanto è buono il Signore (Sal 33, 9).
In breve...
L’Eucarestia è il nostro pane quotidiano, ma dobbiamo riceverlo non tanto come ristoro del corpo, quanto come sostegno dello spirito. La virtù propria di questo nutrimento è quella di produrre l’unità, affinché ridotti a essere il corpo di Cristo, divenuti sue membra, siamo ciò che riceviamo. (Serm. 57, 7,7)
MARTEDÌ |
Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo
calice,
voi annunziate la morte del Signore finché Egli venga.
(1 Cor 11, 26)
INTRODUZIONE
Leggiamo un breve discorso che Agostino rivolge ai neofiti nel giorno di Pentecoste. Secondo la prassi della Chiesa antica il battesimo era amministrato sia nella veglia di Pasqua sia di Pentecoste. La catechesi della celebrazione vigiliare si prolungava per tutta la notte ed era incentrata sulla iniziazione cristiana. Alcune verità di fede, tra le quali anche il sacramento dell’Eucarestia, erano spiegate solo dopo il battesimo, in ossequio al cosiddetto principio del segreto dell’arcano, di cui offrono testimonianza i Padri greci e latini. Il mattino della festa si convocavano nuovamente i neo-battezzati per celebrare la seconda Eucarestia ed offrire loro anche una spiegazione del mistero. Agostino parte dal considerare i doni posti sull’altare: pane e vino. Ai suoi fedeli chiede di operare un salto di qualità della fede, in forza di quelle spiegazioni che egli è disposto a concedere per rafforzare la comprensione di quanto si celebra.
Nel riassumere le tappe della storia della salvezza Agostino parte dal corpo reale di Gesù fatto carne per arrivare ad un altro corpo, quello composto dai fedeli nell’unità della Chiesa. Nel corpo fisico di Cristo c’è il corpo mistico della Chiesa: Cristo capo e i Cristiani membra. Ecco allora l’invito alla cena: Accipite quod estis, prendete dall’altare il pane dell’unità; cibatevi di voi stessi, voi che mangiando il corpo di Cristo siete diventati corpo di Cristo! Questa è la vera Eucarestia, il culto di lode e ringraziamento al Signore.
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 272, 1)
Ciò che vedete sopra l'altare di Dio, l'avete visto anche nella notte passata; ma non avete ancora udito che cosa sia, che cosa significhi, di quale grande realtà nasconda il mistero. Ciò che vedete è il pane e il calice: ve lo assicurano i vostri stessi occhi. Invece secondo la fede che si deve formare in voi il pane è il corpo di Cristo, il calice è il sangue di Cristo. Quanto ho detto in maniera molto succinta forse è anche sufficiente per la fede: ma la fede richiede l'istruzione. Dice infatti il Profeta: Se non crederete non capirete (Is 7, 9). Potreste infatti dirmi a questo punto: Ci hai detto di credere, dacci delle spiegazioni perché possiamo comprendere. Nell'animo di qualcuno potrebbe infatti formarsi un ragionamento simile a questo: Il Signore nostro Gesù Cristo sappiamo da dove ha ricevuto il corpo, dalla Vergine Maria. Bambino, fu allattato, si nutrì, crebbe, arrivò e visse l'età giovanile; soffrì persecuzioni da parte dei Giudei, fu appeso alla croce, fu ucciso sulla croce, fu deposto dalla croce, fu sepolto, il terzo giorno risuscitò, nel giorno che volle ascese al cielo; lassù portò il suo corpo; di lassù verrà per giudicare i vivi e i morti; ora è lassù e siede alla destra del Padre: questo pane come può essere il suo corpo? E questo calice, o meglio ciò che è contenuto nel calice, come può essere il sangue suo? Queste cose, fratelli, si chiamano sacramenti proprio perché in esse si vede una realtà e se ne intende un'altra. Ciò che si vede ha un aspetto materiale, ciò che si intende produce un effetto spirituale. Se vuoi comprendere il mistero dei corpo di Cristo, ascolta l'Apostolo che dice ai fedeli: Voi siete il corpo di Cristo e sue membra (1 Cor 12, 27). Se voi dunque siete il corpo e le membra di Cristo, sulla mensa del Signore è deposto il mistero di voi: ricevete il mistero di voi. A ciò che siete rispondete: Amen e rispondendo lo sottoscrivete. Ti si dice infatti: Il Corpo di Cristo, e tu rispondi: Amen. Sii membro del corpo di Cristo, perché sia veritiero il tuo Amen. Perché dunque il corpo di Cristo nel pane? Non vogliamo qui portare niente di nostro; ascoltiamo sempre l'Apostolo il quale, parlando di questo sacramento, dice: Pur essendo molti formiamo un solo pane, un solo corpo (1 Cor 10, 17). Cercate di capire ed esultate. Unità, verità, pietà, carità. Un solo pane: chi è questo unico pane? Pur essendo molti, formiamo un solo corpo. Ricordate che il pane non è composto da un solo chicco di grano, ma da molti. Quando si facevano gli esorcismi su di voi venivate, per così dire, macinati; quando siete stati battezzati, siete stati, per così dire, impastati; quando avete ricevuto il fuoco dello Spirito Santo siete stati, per così dire, cotti. Siate ciò che vedete e ricevete ciò che siete. Questo disse l'Apostolo in riguardo al pane. E ciò che dobbiamo intendere del calice, anche se non è stato detto, ce l'ha fatto capire abbastanza. Come infatti perché ci sia la forma visibile del pane molti chicchi di grano vengono impastati fino a formare un'unica cosa - come se avvenisse quanto la sacra Scrittura dice dei fedeli: Avevano un'anima sola e un solo cuore protesi verso Dio (At 4) - così è anche per il vino. Fratelli, pensate a come si fa il vino. Molti acini sono attaccati al grappolo, ma il succo degli acini si fonde in un tutt'uno. Cristo Signore ci ha simboleggiati in questo modo e ha voluto che noi facessimo parte di lui, consacrò sulla sua mensa il sacramento della nostra pace e unità. Chi riceve il sacramento dell'unità e non conserva il vincolo della pace riceve non un sacramento a sua salvezza ma una prova a suo danno. Rivolti al Signore Dio, Padre onnipotente, con cuore puro, rendiamogli infinite e sincerissime grazie, per quanto ce lo permette la nostra pochezza. Preghiamo con cuore sincero la sua straordinaria bontà perché si degni di esaudire le nostre preghiere secondo il suo beneplacito; allontani con la sua potenza il nemico dalle nostre azioni e pensieri; ci accresca la fede, guidi la nostra mente, ci conceda desideri spirituali e ci conduca alla sua beatitudine. Per Gesù Cristo Figlio suo. Amen.
In breve...
Mangiare il pane vivo significa credere in Lui. Chi crede, mangia; in modo invisibile è saziato, come in modo altrettanto invisibile rinasce. Egli rinasce di dentro, nel suo intimo diviene un uomo nuovo. (In Io. Ev. tr. 26, 1)
MERCOLEDÌ |
Chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore,
mangia e beve la propria condanna.
(1 Cor 11, 29)
INTRODUZIONE
L’Eucarestia è il sacramento della nostra pace e dell’unità, che fonde un cuor solo con il cuore di Cristo. In forza di questo sacramento il credente già pregusta l’approdo alla terra dei viventi: "Quando si mangia Cristo, si mangia la vita!". L’ultimo giorno non sarà che lo sviluppo e il perfezionamento di questa condizione di cui si fa esperienza nell’Eucarestia. Solo chi possiede sin d’ora la vita eterna, risorgerà! Agostino si preoccupa di scongiurare un accostamento infruttuoso al Corpo di Cristo: il pane della vita, se ricevuto in modo indegno, può segnare la propria condanna alla morte eterna! Infatti "il corpo e il sangue di Cristo sarà vita per ognuno" a condizione che "ciò che si riceve visibilmente nel sacramento sia mangiato spiritualmente, bevuto spiritualmente, nella verità". (Serm. 131, 1) Il caso di Giuda, il traditore, è emblematico: "quantunque avesse mangiato con gli altri discepoli il primo sacramento della carne e del sangue (di Cristo)" tuttavia non ricusò dal progetto di tradire il suo Maestro. (cf. Serm. 71, 17)
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 132/A, 1-2)
Che parola avete udito da parte del Signore che c'invitava? Chi è che ha invitato, chi ha invitato e che ha preparato? Il Signore ha invitato i servi ed ha apprestato loro in cibo se stesso. Chi può avere l'ardire di mangiare il proprio Signore? E tuttavia egli afferma: Chi mangia di me, vivrà per me (Gv 6, 58). Quando si mangia Cristo, si mangia la vita. Né si uccide perché si possa mangiare, ma egli ridona la vita ai morti. Quando si mangia, infonde vita nuova, ma la sua non si riduce. Perciò, fratelli, non esitiamo a mangiare un tale pane nel timore di consumarlo interamente e non trovare poi che mangiare. Si mangi il Cristo: mangiato, è vivente, perché, ucciso, è risorto. Neppure lo dividiamo in parti nel mangiarlo. Ma in realtà avviene così nel sacramento e i fedeli sanno in qual modo essi mangiano la carne di Cristo; ciascuno riceve la sua parte, per cui la stessa grazia viene chiamata " parti ". Si mangia in porzioni, e rimane tutto intero; si mangia in porzioni nel sacramento e rimane tutto intero nel cielo, rimane tutto intero nel tuo cuore. Tutto intero era infatti presso il Padre quando venne nella Vergine; riempì il grembo di lei, senza allontanarsi da lui. Veniva nella carne, perché gli uomini potessero mangiarlo; ma restava tutto intero presso il Padre per essere il cibo degli angeli. Affinché sappiate, fratelli (e sia chi di voi sappia, sia chi ignori, dovete tutti sapere) che quando Cristo fu fatto uomo, l'uomo mangiò il pane degli angeli (Sal 77, 25). Da quale parte, in quale modo, per quale via, per quali meriti, per quale dignità poteva l'uomo mangiare il pane degli angeli se il Creatore degli angeli non si fosse fatto uomo? Perciò, mangiamo sicuri: non ha fine ciò che mangiamo; quindi, mangiamo per non avere noi fine. In che consiste mangiare il Cristo? Non consiste soltanto nel mangiare il suo corpo nel sacramento; molti infatti lo ricevono essendo indegni. Di essi dice l'Apostolo: Chi mangia il pane e beve il calice del Signore indegnamente, mangia e beve la propria condanna (1 Cor 11, 29). Ma come si deve mangiare Cristo? Come egli stesso lo indica: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui (Gv 6, 57). Pertanto, se rimane in me, e io in lui, allora mangia, allora beve; ma se uno non rimane in me ed io non rimango in lui, anche se riceve il sacramento, si procura un tormento grande. Ciò che egli afferma: Chi, dunque, rimane in me, lo ripete in un altro passo: Chi osserva i miei comandamenti rimane in me ed io in lui (1 Gv 3, 24). Fate perciò attenzione, fratelli; se voi che siete i fedeli venite separati dal corpo del Signore, c'è da temere per voi la morte di fame. Egli stesso ha detto infatti: Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà in sé la vita (cf. Gv 6, 54). Se però venite separati, così che non potete mangiare il corpo e il sangue del Signore, per voi c'è da temere la morte. Nel caso invece che lo riceviate indegnamente e beviate indegnamente, c'è da temere che mangiate e beviate la condanna. Siete soggetti a grandi strettezze. Vivete bene e le pressioni si allentano. Non promettetevi la vita se vivete male. L'uomo si inganna quando promette a se stesso ciò che Dio non promette. Cattivo testimone, tu ti riprometti ciò che la Verità ti nega. Dice la Verità: Se vivete male vi attende la morte eterna, e tu ti dici: Ora vivo male e in eterno vivrò con Cristo? Come può essere che la Verità mentisca e tu dica il vero? Ogni uomo è mentitore (Sal 115, 11). Di conseguenza, non potete vivere bene se egli non avrà concesso il suo aiuto, se egli non avrà dato, se egli non avrà donato. Quindi, pregate e mangiate. Pregate e sarete liberati da queste pressioni. Egli vi darà con pienezza infatti, e nella rettitudine dell'agire, e nell'onestà della vita. La vostra coscienza sia scrutata a fondo. La vostra bocca sarà piena della lode di Dio e di esultanza; e una volta liberati dalle grandi strettezze, direte a lui: Hai spianato la via ai miei passi ed i miei piedi non hanno vacillato (Sal 17, 37).
In breve...
Ai suoi operai Cristo dona se stesso: se stesso imbandisce nel pane, se stesso riserva come ricompensa... Pasce chi è ora affaticato, ma ne rimane ricompensa intera. E che cosa potremo ricevere, che valga di più di lui stesso? (Serm. 229/E, 4)
GIOVEDÌ |
Io sono il pane vivo disceso dal cielo.
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.
(Gv 6, 51)
INTRODUZIONE
L’Eucarestia, "sacramento così grande e divino", è strettamente congiunta all’Incarnazione del Figlio di Dio: "Se il Signore degli angeli non si fosse fatto uomo non avremmo la sua carne; se non avessimo la sua carne, non mangeremmo il pane dell’altare". (Serm.130, 2) Per conferire all’uomo la vita divina Cristo si è fatto sacerdote e sacrificio, offrendo - lui sommo sacerdote - il proprio corpo e sangue una volta per sempre, in un "sacrificio così sublime ed accessibile". L’Eucarestia è la "medicina così splendida e nobile", (Serm.228/B, 1) che sprona il cristiano a seguire le orme di Cristo. Sull’altare infatti non offriamo solo la Vittima divina, ma anche noi stessi: "Questo è il sacrificio dei cristiani: Molti e un solo corpo in Cristo. La Chiesa celebra questo mistero con il sacramento dell’altare, noto ai fedeli, perché in esso si rivela che nella cosa che offre, essa stessa è offerta". (De civ. Dei 10, 6)
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 228/B, 2-3)
Cristo Signore nostro dunque, che nel patire offrì per noi quel che nel nascere aveva preso da noi, divenuto in eterno il più grande dei sacerdoti, dispose che si offrisse il sacrificio che voi vedete, cioè il suo corpo e il suo sangue. Infatti il suo corpo, squarciato dalla lancia, effuse acqua e sangue, con cui rimise i nostri peccati. Ricordando questa grazia, operando la vostra salute - che poi è Dio che la opera in voi (cf. Fil 2, 12-13) -, con timore e tremore accostatevi a partecipare di quest'altare. Riconoscete nel pane quello stesso corpo che pendette sulla croce, e nel calice quello stesso sangue che sgorgò dal suo fianco. Anche gli antichi sacrifici del popolo di Dio, nella loro molteplice varietà, prefiguravano quest'unico sacrificio che doveva venire. E Cristo è nel medesimo tempo la pecora, per l'innocenza della sua anima pura, e il capro, per la sua carne somigliante a quella del peccato (cf. Rm 8, 3). E qualsiasi altra cosa che in molte e diverse maniere sia prefigurata nei sacrifici dell'Antico Testamento si riferisce soltanto a questo sacrificio che è stato rivelato nel Nuovo Testamento.
Prendete dunque e mangiate il corpo di Cristo, ora che anche voi siete diventati membra di Cristo nel corpo di Cristo; prendete e abbeveratevi col sangue di Cristo. Per non distaccarvi, mangiate quel che vi unisce; per non considerarvi da poco, bevete il vostro prezzo. Come questo, quando ne mangiate e bevete, si trasforma in voi, così anche voi vi trasformate nel corpo di Cristo, se vivete obbedienti e devoti. Egli infatti, già vicino alla sua passione, facendo la Pasqua con i suoi discepoli, preso il pane, lo benedisse dicendo: Questo è il mio corpo che sarà dato per voi (1 Cor 11, 24). Allo stesso modo, dopo averlo benedetto, diede il calice, dicendo: Questo è il mio sangue della nuova alleanza, che sarà versato per molti in remissione dei peccati (Mt 26, 28). Questo già voi lo leggevate o lo ascoltavate dal Vangelo, ma non sapevate che questa Eucarestia è il Figlio stesso; ma adesso, col cuore purificato in una coscienza senza macchia e col corpo lavato con acqua monda (cf. Eb 10, 22), avvicinatevi a lui e sarete illuminati, e i vostri volti non arrossiranno (Sal 33, 8). Perché se voi ricevete degnamente questa cosa che appartiene a quella nuova alleanza mediante la quale sperate l'eterna eredità, osservando il comandamento nuovo di amarvi scambievolmente (cf. Gv 13, 34), avrete in voi la vita. Vi cibate infatti di quella carne di cui la Vita stessa dichiara: Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gv 6, 51), e ancora: Se uno non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà la vita in se stesso (Gv 6, 53).
In breve...
Se uno vuol vivere per me, è necessario che entri in comunione con me mangiando di me; e come io, umiliato, vivo per il Padre, così egli, elevato, vive per me. (In Io. Ev. tr. 26, 19)
VENERDÌ |
Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo
di Cristo?
Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo:
tutti infatti partecipiamo dell’unico pane.
(1 Cor 10, 16-17)
INTRODUZIONE
Centro della chiesa è l’Eucarestia: la Chiesa fa l’Eucarestia, ovvero celebra il memoriale della morte e risurrezione di Cristo; ma al tempo stesso l’Eucarestia edifica la Chiesa. L’Eucarestia è il sacramento dove si costruisce la comunità cristiana: i diversi io che in essa convergono sono raccolti e trasformati in noi. E’ una formula tanto cara ai Padri antichi, che spesso riportano l’esempio dei molti chicchi di frumento o degli acini di uva che, fondendosi insieme, costituiscono un solo pane e un solo vino. Il discorso eucaristico in Agostino non è mai disgiunto da quello cristologico ed ecclesiologico: l’unità del Christus totus, di Cristo Capo e della Chiesa corpo è pienamente simboleggiata nei segni sacramentali del banchetto eucaristico. Ne deriva come atto pratico la difesa e la ricerca strenua dell’amore per l’unità, nota caratteristica della Chiesa. A sua volta l’unità ecclesiale è il segno visibile della carità che unisce i fratelli. "Niente deve temere un cristiano, quanto l’essere separato dal corpo di Cristo". (In Io. Ev. tr. 27, 6)
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 227, 1)
Ricordo la mia promessa. A voi che siete stati battezzati avevo promesso un discorso in cui avrei esposto il sacramento della mensa del Signore, che ora voi vedete anche e a cui la notte scorsa avete preso parte. Bisogna che sappiate che cosa avete ricevuto, che cosa riceverete, che cosa ogni giorno dovrete ricevere. Quel pane che voi vedete sull'altare, santificato con la parola di Dio, è il corpo di Cristo. Il calice, o meglio quel che il calice contiene, santificato con le parole di Dio, è sangue di Cristo. Con questi segni Cristo Signore ha voluto affidarci il suo corpo e il suo sangue che ha sparso per noi per la remissione dei peccati. Se voi li avete ricevuti bene voi stessi siete quel che avete ricevuto. L'Apostolo infatti dice: Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo (1 Cor 10, 17). È così che egli espone il sacramento della mensa del Signore. Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo. E in questo pane vi viene raccomandato come voi dobbiate amare l'unità. Infatti quel pane è forse fatto di un sol chicco di grano? Non erano molti i chicchi di frumento? Ma prima di diventare pane erano separati e sono stati uniti per mezzo dell'acqua dopo essere stati in qualche modo macinati. Se il grano non viene macinato e impastato con l'acqua, non prende quella forma che noi chiamiamo pane. Così anche voi prima siete stati come macinati con l'umiliazione del digiuno e col sacramento dell'esorcismo. Poi c'è stato il battesimo e siete stati come impastati con l'acqua per prendere la forma del pane. Ma ancora non si ha il pane se non c'è il fuoco. E che cosa esprime il fuoco, cioè l'unzione dell'olio? Infatti l'olio, che è alimento per il fuoco, è il segno sacramentale dello Spirito Santo. Fateci caso negli Atti degli Apostoli, quando vengono letti; ora infatti comincia la lettura di questo libro: proprio oggi comincia il libro che s'intitola: Atti degli Apostoli. Chi vuol far progressi, qui ha modo di trarre profitto. Quando vi radunate nella chiesa, mettete da parte le chiacchiere frivole e state attenti alle Scritture. I vostri codici siamo noi. State dunque attenti e fate caso come verrà a Pentecoste lo Spirito Santo. Egli verrà così: si manifesta con lingue di fuoco. Infatti ispira quella carità che ci fa ardere del desiderio di Dio, ci fa disprezzare il mondo, fa bruciare le nostre scorie e purificare il cuore come l'oro. Dunque viene lo Spirito Santo, il fuoco dopo l'acqua e voi diventate pane, cioè corpo di Cristo. In questo modo è simboleggiata l'unità. I segni sacramentali, nel loro svolgimento, li conoscete. Anzitutto, dopo la preghiera, venite ammoniti di tenere in alto i vostri cuori; questo conviene a delle membra di Cristo. Se siete infatti diventati membra di Cristo, il vostro capo dov'è? Le membra hanno il capo. Se il capo non andasse avanti, le membra non potrebbero andargli dietro. Il nostro capo dov'è andato? Nel Simbolo che cosa avete recitato? Il terzo giorno risuscitò dai morti, sali al cielo, siede alla destra del Padre. Dunque il nostro capo è in cielo. Perciò quando vien detto: In alto i cuori, voi rispondete: Sono rivolti al Signore. E affinché questo avere il cuore in alto verso il Signore non lo attribuiate alle vostre forze, ai vostri meriti, ai vostri sforzi (l'avere il cuore in alto infatti è un dono di Dio), dopo che il popolo ha risposto: Sono in alto, rivolti al Signore, il vescovo o il presbitero che presiede continua dicendo: Rendiamo grazie al Signore nostro Dio; appunto per il fatto che noi teniamo il cuore in alto. Rendiamo grazie perché, se lui non ci avesse fatto questo dono, noi avremmo il cuore sulla terra. E anche voi confermate dicendo che è cosa buona e giusta rendergli grazie, per averci fatto tenere i cuori in alto presso il nostro capo. Quindi, dopo la santificazione del sacrificio di Dio, siccome egli ha voluto che anche noi fossimo coinvolti in questo sacrificio - e questo è chiaramente indicato nel momento in cui viene posto sull'altare il sacrificio di Dio e noi, ossia il segno e la cosa significata, che siamo noi -, ecco, dopo fatta la santificazione, diciamo l'Orazione del Signore che voi avete ricevuto e reso. E dopo si dice: La pace sia con voi, e i cristiani si scambiano un bacio santo. È il segno della pace; quel che esprimono le labbra deve essere nella coscienza; ossia come le tue labbra si accostano alle labbra del tuo fratello, così il tuo cuore non sia lontano dal suo cuore. Grandi misteri dunque, veramente grandi! Volete sapere come ci sono stati raccomandati? Dice l'Apostolo: Chi mangia il corpo di Cristo o beve il calice del Signore indegnamente sarà reo del corpo e del sangue del Signore (1 Cor 11, 27). Che vuol dire ricevere indegnamente? Ricevere con derisione, ricevere senza convinzione. Non ti sembri di poco valore per il fatto che lo vedi. Quel che tu vedi, passa; ma l'invisibile che viene espresso nel segno, quello non passa, rimane. Vedete, esso si riceve, si mangia, si consuma. Ma si consuma forse il corpo di Cristo? Si consuma la Chiesa di Cristo? Si consumano le membra di Cristo? Niente affatto. Qui esse vengono mondate, lassù coronate. Perciò quello che viene espresso nel segno rimarrà, anche se quel che lo esprime sembra che passi. Perciò ricevetelo, ma pensando a quel che siete, conservando l'unità nel cuore, tenendo il cuore sempre fisso in alto. La vostra speranza non sia sulla terra, ma nel cielo; la vostra fede sia ferma in Dio, accettevole da parte di Dio. E così quel che ora non vedete e tuttavia credete, lassù lo vedrete e senza fine ne godrete.
In breve...
O sacramento di pietà! O simbolo di unità! O vincolo di carità! Chi vuol vivere, ha dove vivere, ha di che vivere. S’avvicini, creda, entri a far parte del Corpo e sarà vivificato. Non disdegni di appartenere alla compagine della membra, non sia un membro infetto che si debba amputare, non sia un membro deforme di cui si debba arrossire. Sia bello, sia valido, sia sano, rimanga unito al corpo, viva di Dio per Iddio; sopporti ora la fatica in terra per regnare poi in cielo. (In Io. Ev. tr. 26, 13)
SABATO |
Ecco, sto alla porta e busso.
Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta,
io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.
(Ap 3, 20)
INTRODUZIONE
Agostino illustra il dialogo del "prefazio", che coinvolge nella celebrazione eucaristica il sacerdote e l’assemblea, seguendo come linea interpretativa il riferimento all’ecclesiologia. Il pane e il vino, divenuti corpo e sangue di Cristo in forza della parola di santificazione, radunano nell’unità i cristiani che si accostano a questo banchetto. E’ per Cristo che la vita discende a noi dal Padre; ed è per Cristo che la nostra risposta sale al Padre. La nostra partecipazione alla comunione con Dio è segnata da un esplicito atto della nostra volontà, che si esprime nell’Amen, con il quale riceviamo il Corpo di Cristo. In un frammento di un discorso ai fedeli Agostino ricorda che "l’Amen è la vostra firma, il vostro consenso, il vostro contratto".
Quando nell’assemblea domenicale ci mettiamo in fila per ricevere l’Eucarestia il sacerdote ci rivolge una richiesta implicita nella formula Corpus Christi:
- Tu vuoi diventare corpo di Cristo?
E noi rispondiamo a voce chiara: Amen. Sì, io voglio diventare Corpo di Cristo.
- Allora ricevi il Corpo di Cristo.
In questi termini assume una nuova luce il continuo monito del vescovo di Ippona a ricevere per mano del sacerdote se stessi. "Estote quod videtis, accipite quod estis" (Sermo 272): vedete il pane sull’altare; diventate pane in forza dell’unità; ricevete pure il pane, ciò che ora siete.
Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 229, 3)
Dopo il saluto che conoscete, cioè: Il Signore sia con voi, avete sentito: In alto i cuori. Tutta la vita dei cristiani veri è cuore in alto; non dei cristiani solo di nome, ma dei cristiani nei fatti e nella verità, tutta la vita è cuore in alto. Che vuol dire: cuore in alto? Speranza in Dio, non in te stesso. Tu infatti sei di quaggiù, Dio di lassù. Se riponi la speranza in te stesso il tuo cuore è quaggiù, non in alto. Perciò quando sentite dal sacerdote: In alto i cuori, voi rispondete: Sono rivolti al Signore. Fate in modo che la risposta sia vera, perché rispondete di fronte ad atti divini; sia proprio vero quel che dichiarate e non succeda che la lingua parli e la coscienza neghi. E poiché anche questo, cioè l'avere il cuore in alto, è Dio che ve lo dona e non le vostre forze, appena avete dichiarato di avere il cuore in alto verso il Signore, il sacerdote continua dicendo: Rendiamo grazie al Signore Dio nostro. Rendiamo grazie di che cosa? Perché il nostro cuore è in alto e, se non fosse stato lui a sollevarlo, noi staremmo a terra. E subito dopo viene quel che si fa nella santa orazione che voi ascolterete, in cui, mediante la parola, si fa presente il corpo e il sangue di Cristo. Togli infatti la parola, ed è pane e vino; mettici la parola, e subito è un'altra cosa. Che cos'è quest'altra cosa? Il corpo di Cristo, il sangue di Cristo. Togli dunque la parola: è pane e vino; mettici la parola e diventa sacramento. Su queste cose voi dite Amen. Dire Amen, è sottoscrivere. Amen in latino vuoi dire «È verità». Poi si dice l'Orazione del Signore, che voi avete ricevuto e reso. Perché si dice prima di ricevere il corpo e il sangue di Cristo? Perché se, per fragilità umana, la nostra mente ha concepito qualcosa che non stava bene, se la lingua si è lasciata scappare qualcosa d'inopportuno, se l'occhio ha guardato qualcosa in un modo che non conveniva, se l'orecchio ha prestato benevola attenzione a qualcosa di scorretto, se mai qualcosa di simile è stato contratto per le tentazioni di questo mondo e per la fragilità della vita umana, questo viene cancellato nell'Orazione dei Signore con le parole: Rimetti a noi i nostri debiti (Mt 6, 12). Così possiamo accostarci tranquilli, senza pericolo che quel che riceviamo lo mangiamo e beviamo a nostra condanna (cf. 1 Cor 11, 29). Dopo ciò si dice: La pace sia con voi. Grande sacramento è il bacio della pace! Il tuo bacio sia veramente un segno d'amore. Non essere un Giuda! Giuda il traditore con la bocca baciava Cristo, ma nel cuore gli tendeva insidie. Ma può darsi che sia un altro ad avere contro di te un animo ostile e tu non riesci a convincerlo, a rappacificarlo: bisogna che lo sopporti. Non rendergli male per male (cf. 1 Pt 3, 9; Rm 12, 17; 1 Tess 5, 15) nel tuo cuore; egli odia, tu ama e puoi baciare con tranquillità.
In breve...
Eleviamo fino al cielo il cuore, affinché non imputridisca sulla terra, se ci piace partecipare a quel che lassù fanno gli angeli. Adesso siamo in cielo con la speranza: più tardi, quando vi saremo arrivati, con il possesso effettivo. (En. in ps. 148, 5)