TEMPO DI PASQUA:
L
A SANTA CHIESA SIAMO NOI!

 

III DOMENICA

Simone, Simone... io ho pregato per te,
che non venga meno la tua fede;
e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli
.
(Lc 22, 31-32)

INTRODUZIONE

Il vero pastore è Cristo, anzi l’unico Pastore, che ha affidato il compito di guidare il suo gregge a Pietro e, in lui, ai vescovi e ai loro successori. E chi ha ricevuto da Cristo un tale mandato, non deve dimenticare di essere stato investito di una missione divina. Pertanto nei confronti del gregge, che non gli appartiene in forma esclusiva, suo principio ispiratore sarà il servizio, un impegno di amore verso la comunità dei credenti, che può esigere anche un prezzo altissimo, dare la vita per le pecore, come ha mostrato Gesù Cristo. Inoltre l’amore per Cristo non è richiesto solo al pastore di una comunità, ma anche le membra di questa stessa comunità devono riconoscersi presenti in Pietro e sentire come rivolta loro la sua triplice dichiarazione di amore per il Signore.

Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 229/N, 1-2, 3)

L’amore alle pecore e al pastore

Ecco il Signore che, apparendo di nuovo ai discepoli dopo la risurrezione, interroga l'apostolo Pietro e lo mette in condizione di confessare per tre volte il suo amore lui che per tre volte l'aveva rinnegato per timore. Cristo risuscitò nella carne, Pietro nello spirito, perché, mentre Cristo era morto soffrendo, Pietro era morto rinnegando. Cristo Signore è risuscitato, dai morti e nel suo amore egli, risuscita Pietro. Lo interrogò perché dichiarasse il suo amore e gli consegnò le sue pecore. Che cosa Pietro avrebbe potuto donare a Cristo per il fatto che amava Cristo? Se Cristo ti ama, il vantaggio è per te, non per Cristo; e se tu ami Cristo, il vantaggio è per te, non per Cristo. Ma volendo Cristo Signore far vedere dove gli uomini debbano dimostrare il loro amore per Cristo, si identificò con le sue pecorelle e lo fece capire con chiara evidenza. Mi ami? , ti amo. Pasci le mie pecorelle (Io 21, 15-17). Così una volta, così una seconda, così una terza. Nient'altro lui rispose se non che l'amava; nient'altro il Signore gli chiede se non se lo ami; nient'altro alla sua risposta gli affidò se non le sue pecorelle. Amiamole e così amiamo Cristo. Cristo infatti, Dio da sempre, è nato come uomo nel tempo. Uomo da uomo, dagli uomini si fece vedere come uomo e, come Dio nell'uomo, operò molte meraviglie. Come uomo, subì dagli uomini molte sofferenze; come Dio nell'uomo, dopo la morte risuscitò. Come uomo si intrattenne con gli uomini sulla terra per quaranta giorni; come Dio nell'uomo davanti ai loro occhi salì al cielo e siede alla destra del Padre. Noi tutto questo lo crediamo, non lo vediamo. Abbiamo ordine di amare Cristo Signore, che non vediamo, e tutti esclamiamo dicendo: Io amo Cristo. Però se non ami il fratello che vedi, come puoi amare Dio che non vedi? (Io 4, 20). Amando le pecorelle fa' vedere che hai amore per il pastore, perché proprio esse sono le membra del pastore. Affinché le pecorelle diventassero sue membra, lui stesso si è degnato di farsi pecorella; perché le pecorelle diventassero sue membra, come una pecora fu condotto al macello (Is 53, 7); perché le pecorelle diventassero sue membra, di lui fu detto: Ecco l'Agnello di Dio; ecco colui che toglie i peccati del mondo (Io 1, 29). Ma quanta fu la forza di quest’Agnello! Vuoi sapere quale fu la forza che si manifestò in quest’Agnello? L’Agnello fu crocifisso, ma restò vinto il leone. Guardate, considerate con quale potenza Cristo Signore regge il mondo, lui che con la sua morte ha vinto il diavolo!

Amiamolo dunque e nulla ci sia piú a cuore di lui. Non vi pare che il Signore interroghi anche noi? Solo Pietro meritò di essere interrogato, e noi no? Quando si fa quella lettuta, nel suo cuore viene interrogato ogni cristiano. Quando perciò senti il Signore che dice: Pietro, mi ami? considera quelle parole come uno specchio e guardatici dentro. Pietro infatti che cosa rappresentava, se non la figura di tutta la Chiesa? E allora quando il Signore interrogava la Pietro, interrogava noi, interrogava la Chiesa.

Tutti amiamo Cristo, tutti siamo sue membra e, quando egli affida ai pastori le sue pecorelle, tutto il gran numero dei pastori si riconduce al corpo dell'unico pastore. [...] L'amore dunque di quel Cristo che noi amiamo in voi, l'amore di quel Cristo che anche voi amate in noi, tra le prove, tra le fatiche, tra i sudori, tra le sollecitudini, tra le miserie, tra i gemiti, ci condurrà là dove piú non sarà fatica alcuna, alcuna miseria, alcun gemito, alcun sospiro, alcuna molestia; dove nessuno nasce, nessuno muore, nessuno ha paura dell'ira di un potente perché si aderisce al volto dell'Onnipotente.

In breve...

Quando (Cristo) affidava le sue pecore a Pietro, affidava le sue membra alla Chiesa. O Signore, sì, affida la tua Chiesa alla tua Chiesa! E la tua Chiesa si affidi a Te. (Serm. 229/P, 4)

Inizio settimana

 

LUNEDÌ

(Cristo) è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa;
il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti
per ottenere il primato su tutte le cose
.
(Col 1, 18)

INTRODUZIONE

La dottrina del Christus totus è stata riconosciuta come "l’elemento più fecondo" della riflessione di Agostino sulla Chiesa, rielaborato a partire dalla riflessione di Paolo (1 Cor 12, 27): Voi siete corpo di Cristo e sue membra. Nella predicazione il vescovo di Ippona ricorda ciò che non gli dispiace ripetere, perché sia impresso nelle menti e nei cuori dei suoi uditori: "Nostro Signore Gesù Cristo, come uomo integro e perfetto, è composto di capo e di corpo. Il Capo lo riconosciamo in Colui che è nato dalla Vergine Maria... il Corpo di questo capo è la Chiesa" (En in Ps. 90, 21; Sermo 341, 11). Il Capo è in cielo e di lì esercita il suo ruolo di mediatore e di intercessore per i peccatori, ma è anche misteriosamente presente nella Chiesa pellegrina, Corpo mistico di Cristo, a tal punto da condividere con essa le sue vicissitudini e sofferenze: "Qui Cristo soffre la fame, qui è assetato, qui è nudo, qui è forestiero, è malato, è in carcere". (Sermo 137, 2) Questa comunione e condivisione tra Capo e Membra si realizza in forza del vincolo della carità, che origina "una unità che si estende dalla testa ai piedi".

Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 137, 1-2)

Il Cristo totale

La vostra fede, carissimi, non ignora - e sappiamo che così avete appreso dal Maestro che istruisce dal Cielo, nel quale avete riposto la vostra speranza - che il Signore nostro Gesú Cristo, il quale per noi patì, e risuscitò, è il Capo della Chiesa e che la Chiesa è il suo corpo e, nel suo corpo l’unità delle membra e la compagine della carità è lo stato di perfetta salute. Chiunque, invece, si sarà raffreddato nella carità, è un membro malato nel corpo di Cristo. Ma colui che ha già esaltato il nostro Capo ha il potere di rendere la salute alle membra inferme, a condizione, però, che non siano recise da sfrenata empietà, ma si mantengano unite al corpo tanto da ricevere la salute. Infatti, di un qualsiasi membro che continua ad essere unito al corpo non è perduta la speranza di guarigione; invece quel membro che è stato reciso né si può curare né si può guarire. Di conseguenza, poiché egli è il Capo della Chiesa, e la Chiesa è il suo corpo, il Cristo intero è il Capo e il Corpo. Egli è già risorto. Abbiamo, quindi, il Capo in cielo. Il nostro Capo intercede per noi. Il nostro Capo, immune dal peccato e dalla morte, dispone Dio al perdono dei nostri peccati; così che anche noi, risorgendo alla fine dei tempi e trasfigurati per la gloria del cielo, possiamo seguire il nostro Capo. Dove infatti va il capo, anche le altre membra. Ma finché siamo quaggid, siamo le membra, non disperiamo perché seguiremo il nostro Capo.

Considerate, perciò, fratelli, l'amore dello stesso nostro Capo. E già in cielo e si dà pensiero di qui fino a che la Chiesa è quaggiù nella fatica. Qui Cristo soffre la fame, qui è assetato, qui è nudo, è forestiero, è malato, è in carcere. Disse che sua è la sofferenza di tutto ciò che travaglia il suo corpo sulla terra; ed alla fine, separando lo stesso suo corpo alla destra e separando alla sinistra gli altri, dai quali al presente viene disprezzato, dirà a quelli che sono alla destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno che è stato preparato per voi dall'origine del mondo. Per quali meriti? In verità, ho avuto fame e mi avete dato da mangiare e, quanto alle altre opere, si esprime in particolare così come se avesse ricevuto personalmente; al punto che quelli, non comprendendo, devono dire in risposta: Signore, quando ti abbiamo visto affamato, forestiero e in carcere? Ed egli a loro: Quando lo avete fatto ad uno solo dei miei piú piccoli, lo avete fatto a me. Anche nel nostro corpo, ugualmente, il capo è in alto, i piedi sono sulla terra; tuttavia, in una ressa, in mezzo alla folla, se capita che qualcuno ti pesti il piede, non dice forse il capo: Mi calpesti? Nessuno ha calpestato il tuo capo né la tua lingua; è in alto, è al sicuro, non gli è capitato nulla di male; e tuttavia, poiché per il vincolo operato dalla carità è una unità dal capo ai piedi, la lingua non si è distinta da essi, ma ha detto: Tu mi calpesti, sebbene nessuno l'abbia toccata. Perciò, come la lingua che nessuno tocca dice: Tu mi calpesti, allo stesso modo Cristo capo, che nessuno calpesta, ha detto: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. Ed a quelli che non lo hanno fatto ha detto: Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare. E come ha concluso? Così: Quelli andranno nel fuoco eterno, i giusti, invece, nella vita eterna.

In breve...

Vi esorto, vi scongiuro, per la santità di tali nozze: amate questa Chiesa, perseverate in tale Chiesa, siate tale Chiesa. Amate il Pastore buono, l’uomo così bello, che non inganna alcuno, che desidera nessuno perisca. Pregate anche per le pecore disperse; vengano anch’esse, riconoscano anch’esse, amino anch’esse, perché si faccia un solo gregge e un solo pastore. (Serm. 138, 10)

Inizio settimana

 

MARTEDÌ

Voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio,
che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità
.
(1 Tm 3, 15)

INTRODUZIONE

"Madre verissima dei cristiani", così Agostino chiamò la Chiesa fin dall’inizio della sua vita cristiana; così la chiamò sempre, così la vide, l’amò, la difese. La grande sicurezza, la grande gioia dei cristiani è questa: avere Dio per padre e la Chiesa per madre.
Dio Padre, che negli splendori dell’eternità genera il Verbo e nella pienezza dei tempi lo manda nel mondo per la salvezza degli uomini, vuole generare per mezzo della Chiesa altri figli e comunicare loro per grazia quella stessa vita che per natura ha comunicato al Figlio... La Chiesa è madre perché manifestazione nel mondo della paternità universale di Dio..., perché sposa di Cristo, e da Cristo e per Cristo genera spiritualmente [nel battesimo] i suoi figli... E’ madre perché non solo genera i suoi figli , ma li nutre, li difende, li consola, li riconduce al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo". (A. TRAPÉ)

Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 22, 10)

Abbiamo Dio come Padre e la Chiesa come Madre

Poiché due genitori ci hanno generato per la morte, due genitori ci hanno generato per la vita. I genitori che ci hanno generato per la morte sono Adamo ed Eva, i genitori che ci hanno generato per la vita sono Cristo e la Chiesa. Mio padre che mi ha generato fu per me Adamo, mia madre fu per me Eva. Siamo nati secondo questa generazione carnale, per dono certo di Dio - perché anche questo dono non è di altri ma di Dio - e tuttavia, fratelli, perché siamo nati? Certo per morire. I predecessori generarono dei loro successori. Forse hanno generato figli con lo scopo di poter vivere per sempre con essi su questa terra? Ma siccome dovevano morire, si son generati dei figli che succedessero ad essi. Dio padre e la madre Chiesa invece non generano per questo. Generano per la vita eterna, perché anch'essi sono eterni. E abbiamo, come eredità promessa dato, Cristo la vita eterna. Per il fatto che il Verbo si è fatto uomo ed abitò mezzo a noi (Io 1, 14), essendo stato allevato, crebbe. Dopo aver patito, dopo essere morto ed essere risuscitato, ricevette in eredità la vita eterna. In quanto uomo ricevette la resurrezione e la vita eterna; in quanto uomo la ricevette. In quanto Verbo invece non la ricevette, perché rimane immutabile per sempre. Poiché dunque quell'uomo che risorse e, reso vivo, ascese al cielo, ricevette la resurrezione e la vita eterna, questa stessa cosa è stata promessa a noi. Aspettiamo la stessa eredità, la vita eterna. Ancora infatti non l'ha ricevuta tutto il corpo, perché il capo è nel cielo, le membra sono ancora sulla terra. Non soltanto il capo riceverà l'eredità, né il corpo verrà abbandonato. Ma il Cristo totale riceverà l'eredità, totale come uomo, cioè il capo e il corpo. In quanto dunque siamo membra di Cristo speriamo l’eredità. Mentre tutte queste cose passeranno, riceveremo questo bene che non passerà mai ed eviteremo quel male che pure non passerà. Sono infatti ambedue eterni. Non promise ai suoi un qualcosa di non eterno né minacciò agli empi qualcosa di temporaneo. Come ha promesso ai santi la vita, la beatitudine, il regno, l'eredità eterna senza fine, così ha minacciato agli empi il fuoco eterno (Cf. Mt 25, 41). Se ancora non amiamo ciò che ha promesso, per lo meno temiamo ciò che ha minacciato.

In breve...

Onorate, amate, predicate la santa Chiesa vostra madre. E’ lei che in questa fede che avete ascoltato porta frutti e cresce in tutto il mondo. Chiesa del Dio vivente, colonna e fondamento della verità. (Serm. 214, 11)

Inizio settimana

 

MERCOLEDÌ

Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra,
ciascuno per la sua parte
.
(1 Cor 12, 27)

INTRODUZIONE

La Chiesa non è solo madre, in quanto genera alla fede i suoi figli, rendendoli membra del Corpo mistico di Cristo, ma anche vergine, nella misura in cui ne custodisce l’integrità della fede. La Chiesa si conserva casta spiritualemente, fedele alla persona di Cristo e, in quanto sua Sposa, vive la condizione di attesa dello Sposo al quale si unirà nelle nozze eterne. La verginità della Chiesa diviene espressione della fedeltà all’unico Sposo, Cristo!

Figura ed esempio della Chiesa è Maria, "l’unica donna ad essere insieme madre e vergine, tanto nello spirito come nel corpo" (De s. virgin. 6, 6). E se Maria ha generato fisicamente Cristo, capo del Corpo mistico, conservando intatta la verginità, la Chiesa invece genera spiritualmente le membra di questo Corpo mistico, serbando intatta l’integrità della fede. Allora conclude Agostino: la Chiesa è "somigliantissima a Maria".

Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 213, 8)

La verginità della Chiesa

La santa Chiesa siamo noi. E non dico noi [solo] nel senso di quanti ora stiamo qui, di voi che mi. ascoltate. Quanti siamo qui, per grazia di Dio fedeli cristiani di questa Chiesa, ossia di questa città, quanti ne sono in questa regione, quanti ne sono in questa provincia, quanti ne sono oltre il mare, quanti ne sono in tutta la faccia della terra (perché da dove sorge il sole fin, dove tramonta è lodato il nome del Signore) (Cf. Ps 112, 3), questa è la Chiesa cattolica, nostra madre vera, vera coniuge di tanto Sposo. Onoriamola, perché è la dama di un così grande Signore. E che potrò dire? Oh! grande e singolare degnazione dello Sposo! La incontrò meretrice e la rese vergine! Non deve negare di essere stata meretrice, per non disconoscere la misericordia del suo liberatore. Come non era meretrice, quando fornicava dietro idoli e demoni? In tutti ci fu la fornicazione del cuore: quella della carne in non molti, ma quella del cuore in tutti. Egli venne e la rese vergine: rese vergine la sua Chiesa. Essa è vergine a motivo della fede: se guardiamo carnalmente, ha poche vergini consacrate, ma nella fede deve avere tutti vergini, donne e uomini; in questo deve consistere la castità, la purezza e la santità. Volete sapere come essa è vergine? Ascoltate l'apostolo Paolo, ascoltate l'amico dello sposo, che è geloso per lo sposo e non per se stesso. Io vi ho promesso ad un unico sposo, egli dice. Lo diceva alla Chiesa. A quale Chiesa? Dovunque la sua lettera fosse potuta arrivare. Io vi ho promesso ad un unico sposo, per presentarvi a Cristo come una vergine casta.

La Chiesa dunque è vergine. Vergine è, e vergine si conservi: stia ben lontana da chi cerca di sedurla, per non ritrovarsi con chi la corrompe. La Chiesa è vergine. Tu forse mi potresti dire: Ma se essa è vergine, come mai partorisce dei figli? E se figli non ne partorisce, come mai noi abbiamo dato i nostri nomi per nascere dalle sue viscere? E io ti rispondo: Essa è vergine però partorisce. Assomiglia a Maria che partorì il Signore. Forse che santa Maria non partorì da vergine, e vergine rimase tuttavia? Così anche la Chiesa partorisce ed è vergine. E se consideri bene, [anche] essa partorisce il Cristo, perché son membra di Cristo quelli che vengono battezzati. Voi siete il corpo di Cristo e le sue membra (1 Cor 12, 27), dice l'Apostolo. E se partorisce membra di Cristo, essa è somigliantissima a Maria.

In breve...

Quanto ammirate nel corpo di Maria abbiatelo nell’intimo della vostra anima. Chi crede nel cuore per compiere la giustizia concepisce Cristo; chi lo confessa con la bocca per la salvezza partorisce Cristo. Così nel vostro cuore sovrabbondi la fecondità e permanga la verginità. (Serm. 191, 3, 4)

Inizio settimana

 

GIOVEDÌ

Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme,
scendere dal cielo, da Dio,
pronta come una sposa adorna per il suo sposo.
Udii allora una voce potente che usciva dal trono:
"Ecco la dimora di Dio con gli uomini!"

(Ap 21, 2-3)

INTRODUZIONE

Agostino attribuisce alla vita terrena le caratteristiche di un viaggio nella fede e nella speranza, che attende il suo compimento nella contemplazione di Dio: "Quando sarai giunto alla meta godrai di Colui che, mentre eri pellegrino, hai amato" (Sermo 22/A, 4). L’uomo si configura come viator, pellegrino: questi percepisce il vivere nel mondo come transito, come sosta temporanea in uno stabulum, un albergo, per ricevere quei conforti necessari al proseguimento del cammino verso la patria celeste. La Chiesa, come comunità dei credenti, compie anch’essa la propria peregrinatio: sulla terra vive il tempo della fede, in attesa di ricevere la corona della gloria ed essere introdotta nella visione di Dio Trinità.

Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 131, 6-8)

La Chiesa: locanda al presente, dimora nel futuro

È vero che l'uomo, nel momento della creazione, fu dotato dei grandi poteri del libero arbitrio, ma li perdette peccando. Scivolò verso la morte, divenne infermo, fu lasciato semivivo sulla via dai briganti; passando, il Samaritano - nome cui si dà il significato di "Custode" -, lo caricò sul suo giumento; va conducendolo tuttora alla locanda. Di che si fa grande? È ancora sotto cura. A me basta - dice - di aver ricevuto nel Battesimo la remissione di tutti i peccati. È forse guarita l'infermità per il fatto che è stato distrutto il peccato? Ho ricevuto - dice - la remissione di tutti i peccati. È senz'altro vero. Nel sacramento del Battesimo sono distrutti tutti i peccati, assolutamente tutti i peccati, in parole, in opere, in pensieri. Tutti vengono distrutti. Questo, però, corrisponde a ciò che fu infuso lungo la via: olio e vino. Voi tenete a mente, carissimi, come quell'uomo semivivo, perché ferito dai briganti lungo la via, sia stato rianimato ricevendo olio e vino sulle sue ferite (Cf. Lc 10, 30-35). Senz'altro è stata già concessa grazia all'errore di lui [del battezzato], pur tuttavia lo stato di debolezza riceve cure nella locanda. La locanda, se la riconoscete, raffigura la Chiesa. Locanda al presente, perché durante la vita siamo di passaggio; diventerà la dimora, da cui non andremo mai via quando, guariti, saremo arrivati al regno dei cieli. Frattanto, lasciamoci curare volentieri nella locanda; tuttora deboli, non vantiamoci della guarigione; non facciamo, montando in superbia, di procurare nient'altro che di tener lontana la salute, poiché non ci lasciamo curare.

Parla, dunque, all'anima tua, come umile valle, non come colle elevato, di' pure all'anima tua: Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici. Di che benefici si tratta? Esponi, enumera, ringrazia. Quali benefici? Egli perdona tutte le tue iniquità. Questo è stato conseguito nel Battesimo. Che si ottiene al presente? Egli guarisce tutte le tue infermità; questo si compie ora, lo riconosco. Ma per tutto il tempo che mi trovo qui, il corpo soggetto alla corruzione appesantisce l'anima. Esponi, dunque, anche quello che segue: Egli salva dalla corruzione la tua vita (Ps 102, 1-4). Avvenuto il riscatto dalla corruzione, che resta? Quando poi questo corpo corruttibile si sarà rivestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, allora si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov'è, o morte, la tua vittoria? Ivi giustamente: Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? Cerchi il suo posto e non lo trovi. In che consiste il pungiglione della morte? Che vuol dire: Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? Dov'è il peccato? Cerchi, e non esiste più. Il pungiglione della morte è il peccato (1 Cor 15, 54-56). Sono parole dell'Apostolo, non mie. Allora si dirà: Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? Non esisterà più il peccato, né che ti prenda con inganno, né che ti assalga, né che possa corrompere la coscienza. Allora non si dirà: Rimetti a noi i nostri debiti (Mt 6, 12). Ma che si dirà? Signore Dio nostro, donaci la pace; ogni cosa infatti tu ci hai concesso (Is 26, 12).

Infine, dopo il riscatto da ogni corruzione, che resta se non la corona di giustizia? Questa certamente resta, ma anche in essa o sotto di essa, non ci sia un capo tronfio di boria a ricevere la corona. Ascolta, secondo il Salmo, rifletti come quella corona respinga un capo borioso. Dopo aver detto: Chi salva dalla corruzione la tua vita, aggiunge: egli ti dà la corona, sono riconosciuti i miei meriti, la mia virtù ha portato a questo; si soddisfa il dovuto, non si dona. Ascolta piuttosto il Salmo. Tu dici anche questo infatti: Ogni uomo è inganno (Ps 115, 11). Ascolta che intende dire Dio: Ti corona di grazia e di misericordia (Ps 102, 4). Di misericordia ti corona, di grazia ti corona. Non fosti degno che ti chiamasse e, una volta chiamato, che ti giustificasse e, giustificato, che ti glorificasse. Un resto è stato salvato mediante un'elezione per grazia. E se lo è per grazia non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe più grazia (Rom 11, 5). Infatti, a chi lavora il compenso non viene calcolato come dono, ma come debito (Rom 4, 4). È l'Apostolo a dire: non come dono, ma come debito. Ma ti corona di grazia e di misericordia; e se hai dei meriti precedenti, ti dice Dio: Esamina con, cura i tuoi buoni meriti e vedrai che sono doni miei.

In breve...

Chiamiamo il medico, noi che siamo feriti e facciamoci portare all’albergo per essere curati... Anche la chiesa è quaggiù un albergo per i viandanti, poiché in essa si ha cura di chi è ferito; ma è in alto l’eredità a lei destinata. (In Io. Ev. tr. 41, 13)

Inizio settimana

 

VENERDÌ

Casa di Giacobbe, vieni,
camminiamo nella luce del Signore
.
(Is 2, 5)

INTRODUZIONE

"La Chiesa "prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio" (De civ. Dei, 18, 51, 2), annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga". La citazione appartiene al nr. 8 della Lumen Gentium, la costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II sulla Chiesa, che ci offre uno spunto di riflessione sulla ecclesiologia agostiniana. La Chiesa presente, inserita nell’oggi (nunc) della storia, ha la fisionomia del pellegrino e si apre ad una prospettiva escatologica, quella futura (tunc) della Gerusalemme celeste. Il suo pellegrinaggio ripercorre il cammino degli Ebrei nel deserto verso la terra promessa. Tale viaggio possiede il carattere della transitorietà e della brevità. Il tempo presente si configura come il regno del peccato e dell’esilio, tuttavia contraddistinto da una positività: è un intervallo (interim) assai breve (Sermo 16/A, 1), che non si può paragonare all’eternità e stabilità della Chiesa celeste. "Inoltre non si può parlare di due Chiese, quella celeste e quella terrena, perché di stabile non vi è che una sola Chiesa, ora pellegrina. Quella Chiesa pellegrina tuttavia non solamente prepara la seconda, ma è già essa stessa in qualche maniera la seconda, anche se la vera è proprio quella che deve venire, poiché sono due tempi della medesima realtà, uno transitorio, l’altro stabile". (A. CORTICELLI)

Dal "Commento al Vangelo secondo S. Giovanni" di sant’Agostino, vescovo (In Io. Ev. tr. 124, 5)

La Chiesa pellegrina verso la patria celeste

Nella pienezza del tempo da lui prestabilito Dio ha mandato il suo unigenito Figlio (Cf. Gal 4, 4), per cui mezzo aveva creato l'universo, affinché, rimanendo Dio diventasse uomo, e l'uomo Cristo Gesù fosse mediatore tra Dio e gli uomini (Cf. Gal. 4, 4). Mediante la fede in lui, unita al lavacro di rigenerazione, siamo prosciolti da tutti i peccati, cioè dal peccato originale contratto mediante la generazione (soprattutto per liberarci da esso è stato istituito il sacramento di rigenerazione) e da tutti gli altri peccati che si commettono vivendo male. È in questo modo che siamo liberati dall'eterna dannazione: e vivendo nella fede, nella speranza e nella carità, pellegrinando in questo mondo in mezzo a faticose e pericolose prove, ma anche sostenuti dalle consolazioni materiali e spirituali che Dio elargisce, noi camminiamo verso la visione beatifica, perseverando in quella via che Cristo ha fatto di se stesso, per gli uomini. Ma anche camminando su questa via che è egli stesso, gli uomini non sono immuni da quei peccati che provengono dalla fragilità di questa vita. Per questo il Signore indica un salutare rimedio nell'elemosina, che deve suffragare l'orazione che egli stesso ha insegnato: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6, 12). È ciò opera della Chiesa, beata nella speranza pur operando in questa vita travagliata; e Pietro, per il primato apostolico di cui godeva, ne rappresentava simbolicamente l'universalità. Considerato nella sua persona, Pietro per natura, era soltanto un uomo, per grazia era un cristiano, per una grazia speciale era un apostolo, anzi il primo tra essi. Ma quando il Signore gli disse: A te darò le chiavi del regno dei cieli, e ciò che scioglierai sulla terra, sarà sciolto anche nei cieli (Mt 16, 19), egli rappresentava la Chiesa universale, che in, questo mondo è scossa da prove molteplici, come da insistenti nubifragi, torrenti e tempeste; eppure non crolla, perché è fondata sulla pietra, da cui, appunto, Pietro deriva il suo nome. [...] La pietra infatti era Cristo (Cf. I Cor 10, 4); sul quale fondamento anch’egli, Pietro, è stato edificato. Sì, perché nessuno può porre un fondamento diverso da quello che è stato posto, che è Cristo (Cf. 1 Cor 3, 11). La Chiesa dunque, che è fondata su Cristo, ha ricevuto da lui nella persona di Pietro le chiavi del regno dei cieli, cioè la potestà di legare e di sciogliere i peccati. Ciò che la Chiesa è in Cristo in senso proprio, Pietro lo è, in senso figurato, nella pietra; per cui, in senso figurato, Cristo è la pietra, e Pietro è la Chiesa. Questa Chiesa, quindi, rappresentata da Pietro finché vive in mezzo al male, amando e seguendo Cristo viene liberata dal male; benché lo segua di più nella persona di coloro che combattono per la verità fino alla morte. Tuttavia seguimi (Io 21, 19) è l'invito rivolto alla totalità della Chiesa, a quella totalità per la quale Cristo patì; per cui lo stesso Pietro dice: Cristo patì per noi, lasciandoci l'esempio affinché seguiamo le sue orme (1 Pt 2, 21). Ecco perché il Signore gli dice: seguimi. Esiste però un'altra vita, immortale, libera da ogni male: lassù vedremo faccia a faccia ciò che qui si vede come in uno specchio e in maniera oscura (Cf. 1 Cor 13, 12), anche quando si è fatta molta strada verso la visione della verità. La Chiesa conosce due vite, che le sono state rivelate e raccomandate da Dio, delle quali una è nella fede, l'altra nella visione; una appartiene al tempo della peregrinazione, l'altra all'eterna dimora; una è nella fatica, l'altra nel riposo; una lungo la via, l'altra in patria; una nel lavoro dell'azione, l'altra nel premio della contemplazione; una che si tiene lontana dal male e compie il bene, l'altra che non ha alcun male da evitare ma soltanto un grande bene da godere; una combatte con l'avversario, l'altra regna senza contrasti; una è forte nelle avversità, l'altra non ha alcuna avversità da sostenere; una deve tenere a freno le passioni della carne, l'altra riposa nelle gioie dello spirito; una è tutta impegnata nella lotta, l'altra gode tranquilla, in pace, i frutti della vittoria; una chiede aiuto nelle tentazioni, l'altra, libera da ogni tentazione, trova il riposo in colui che è stato il suo aiuto; una soccorre l'indigente, l'altra vive dove non esiste alcun indigente; una perdona le offese per essere a sua volta perdonata, l'altra non subisce offese da perdonare, né ha da farsi perdonare alcuna offesa; una è colpita duramente dai mali affinché non abbia ad esaltarsi nei beni, l'altra gode di tale pienezza di grazia ed è così libera da ogni male che senza alcuna tentazione di superbia aderisce al sommo bene; una discerne il bene dal male, l'altra non ha che da contemplare il Bene. Quindi una è buona, ma ancora infelice, l'altra è migliore e beata. La prima è simboleggiata nell'apostolo Pietro, l'altra in Giovanni. La prima si conduce interamente quaggiù fino alla fine del mondo, quando avrà termine; il compimento dell'altra è differito alla fine del mondo, ma, nel mondo futuro, non avrà termine.

 

In breve...

Come sogliono cantare i viandanti, canta ma cammina; cantando consolati della fatica, ma non amare la pigrizia. Canta e cammina! Cosa vuol dire: cammina? Avanza, avanza nel bene. (Serm. 256, 3)

Inizio settimana

 

SABATO

"Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti,
agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti
".
(Ef 4, 6)

INTRODUZIONE

"Solo in Dio è la beatitudine dell’uomo, perché solo in Lui "il nostro essere non avrà la morte, il nostro conoscere non avrà l’errore, il nostro amore non avrà il dolore". (De civ. Dei 11, 28) L’uomo dunque aspira con tutto se stesso alla beatitudine: la fede ce ne indica la strada, la speranza apre alla possibilità di raggiungere la meta e in qualche modo ce ne fa pregustare un anticipo, la carità illuminata dalla fede e accesa dalla speranza ci muove al suo raggiungimento e alla sua fruizione. La beatitudine investirà tutto l’uomo, spirito e corpo, e sarà riposo, visione, amore, lode... Questa lode piena sarà tutta la nostra vita, donandoci una sazietà che non sarà mai sazia...
Ma non ameremo Dio da soli. Come l’amore sociale costituisce la forza e l’anima della città di Dio, così la beatitudine sociale o comune ne rappresenta la perfezione, il compimento. Essa si realizza nella Città celeste: "ordinatissima e concordissima società di coloro che godono di Dio e godono l’uno dell’altro in Dio". (De civ. Dei 19, 13, 1) Le perfezioni dei singoli beati diventano così un motivo di beatitudine per gli altri". (A. TRAPÉ)

Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 255, 6, 6-8)

Saremo pieni di Dio!

Arriveremo dunque un giorno e godremo dell'Uno, ma quest'Uno, esso solo, sarà tutto per noi. Cosa ho detto infatti, o fratelli, all'inizio del discorso? Cosa sarà quel molto che avremo per cui non ci mancherà più nulla? Cosa sarà questo molto? Era questo il problema sul quale mi ero proposto di parlare: cosa darà Dio a noi e non lo darà ai cattivi? Venga escluso l'empio dal vedere la gloria di Dio (Is 26, 10). Questa sua gloria ci darà dunque Dio perché ne godiamo, e dalla visione. della medesima gloria l'empio sarà escluso. Tutta la nostra ricchezza, la ricchezza immensa che possederemo, sarà Dio stesso. O avaro, cosa pensavi di dover, ricevere? Quale ricchezza potrà chiedere a Dio uno al quale lo stesso Dio non basta?

Ci si dice, dunque, che possederemo Dio e che egli da solo formerà la nostra gioia, non solo ma anche che il godimento che proveremo per lui solo sarà così grande che non ne cercheremo alcun altro. Ci si dice ancora che godremo in pienezza di lui solo, e in lui godremo scambievolmente gli uni degli altri. Se infatti non avessimo Dio, noi cosa saremmo? E quindi, amandoci fra noi, che cosa dobbiamo amare se non Dio, o in quanto l'abbiamo o in quanto lo vogliamo avere? Orbene, quando ci si dice che tutto il resto ci verrà sottratto e per fonte del nostro gioire ci sarà solo Dio, l'anima, assuefatta ad abbandonarsi a molti piaceri, prova come un senso di soffocamento e dice (si tratta ben inteso di un'anima carnale, cioè schiava della carne, impegolata nei desideri carnali, con le penne invischiate in aspirazioni disoneste che le impediscono di volare verso Dio), dice dunque quest'anima: Ma cosa avrò mai, se non potrò né mangiare né bere né andare a letto con mia moglie? Che sorta di godimento mi sarà dato? Godimenti di tal fatta sono godimenti che ti derivano dall'essere malato, non sano. Vedi? Durante la vita presente succede talvolta che il tuo corpo si ammali, mentre altre volte è in buona salute. Statemi attenti e permettete che vi dica una parola che vi serva da immagine per capire una cosa che altrimenti non saprei come spiegare. I malati desiderano - e ardentemente - alcune cose, ad esempio una fonte d'acqua, un frutto, e tale è l'ardore del loro desiderio da ritenere che, quando saranno guariti, non potranno esimersi dal soddisfarlo. Arriva la guarigione e il desiderio svanisce: ciò che avevano tanto desiderato diventa intollerabile. È segno che a provocare quel desiderio era la febbre. [...]  Ebbene, come la salute toglie questi desideri così l'immortalità toglie tutti i desideri. L'immortalità è la nostra salute. Ripensate alle parole dell'Apostolo e vedete in che cosa consista: Bisogna che questo corpo corruttibile si rivesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si rivesta d'immortalità (1 Cor 15, 53). In tal modo noi saremo simili agli angeli di Dio (Mt 22, 30). O che forse questi angeli si sentono miseri per il fatto che non mangiano? Non sono essi, al contrario, più beati perché esenti da questa e altre simili necessità? O che ci sarà forse una qualche persona così ricca da potersi paragonare agli angeli? Gli angeli sono veramente ricchi. Difatti come siamo noi soliti chiamare le ricchezze? Risorse. E gli angeli hanno grandi risorse, essendo loro assai facile ogni cosa. Quando si fa l'elogio di un ricco, si dice di lui: Oh, quant'è magnifico! È padrone, è ricco, è potente. La sua grandezza è tale che gli consente d'andar dove vuole: ha cavalli, ha mezzi, ha degli schiavi pronti a servirlo. Son queste le cose di cui dispone il ricco: andare dove gli pare, non provare alcuna strettezza. Ora guarda all'angelo: egli è dovunque vuole. Non deve dire: Attaccami il cavallo, e nemmeno: Mettigli i finimenti, cose che i ricchi dicono tronfi di superbia, pretendendo d'essere dei pezzi grossi perché hanno dei sudditi ai quali possono comandare di attaccare i cavalli o mettere loro le bardature. Che miseria! Tali parole sono segno di limitatezza, non di potenza. Ebbene, di cose come queste lassù non avremo più bisogno, e per questo saremo beati. Saremo pieni, ma del nostro Dio. Egli sarà per noi compenso di tutte quelle cose che quaggiù desideriamo e consideriamo importanti. Quaggiù desideri, come cosa importante, il cibo; lassù Dio sarà il tuo cibo. Quaggiù desideri amplessi carnali; ma, quanto a me è cosa buona congiungermi con Dio (Ps 72, 28). Quaggiù ambisci le ricchezze; ma come potrà mancarti qualcosa se possederai colui che ha fatto tutte le cose? E per rassicurarti sul come sarà quella vita userò le parole dell'Apostolo quando dice: Dio sarà tutto in tutti: (1 Cor 15, 28).

In breve...

Quanto sarà grande quella felicità in cui non vi sarà più nessun male, non mancherà nessun bene e si loderà Dio che sarà tutto in tutti... Lui sarà la fine dei nostri desideri: lo contempleremo senza fine, lo ameremo senza saziarcene, lo loderemo senza stanchezza. (De civ. Dei 22,30. 1-2)

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