SULLO STESSO SALMO 32

ESPOSIZIONE II

Discorso 1

È caro a Dio chi lo ama.

1. [v 1.] Questo salmo ci esorta a esultare nel Signore. Reca infatti il titolo: dello stesso David. Coloro che appartengono dunque alla sacra discendenza di David, odano la sua voce, riprendano le sue parole ed esultino nel Signore. Così comincia: esultate, o giusti, nel Signore. Gli ingiusti esultano in questo mondo: finito il secolo, ha termine anche la loro esultanza. Esultino invece i giusti nel Signore, perché il Signore permane, e permarrà anche la loro esultanza. Ma possiamo esultare nel Signore se la nostra lode riconosce in Lui il solo che risponde a tutti i nostri desideri; mentre nessuno come Lui offre agli infedeli altrettanto di cui dispiacersi. Brevissima è la regola: Piace a Dio colui cui piace Dio. Non riteniate che questa sia una piacevolezza, carissimi. Vedete infatti quanti vi sono che si oppongono a Dio, quanti cui dispiacciono le sue opere. In effetti, quando egli vuole agire contro la volontà degli uomini, poiché è il Signore, poiché sa quello che deve fare e non tiene conto tanto del nostro volere quanto del nostro bene, coloro che preferiscono che si compia la volontà loro anziché quella di Dio, pretendono di piegare Dio alla propria volontà, non di correggerla per conformarla a Dio. A tali uomini infedeli, empi, iniqui - mi rincresce dirlo ma tuttavia lo dirò e voi sapete quanto sia vero quello che dico - è più facile che piaccia un pantomimo che Dio.

2. Pertanto, dopo aver detto: esultate, o giusti, nel Signore, poiché non possiamo esultare in Lui se non con la lode, lodiamo dunque Colui al quale siamo tanto più graditi quanto più Egli stesso piacerà a noi. Ai retti - aggiunge - si addice la lode. Chi sono i retti? Coloro che dirigono il cuore secondo la volontà di Dio; e, se l'umana fragilità li turba, li consola la divina equità. Infatti, anche se desiderano, dato il loro cuore corruttibile, qualcosa di particolare che convenga ai loro affari e faccende attuali o alla necessità presente, non appena avranno capito e riconosciuto che Dio vuole un'altra cosa, antepongono la volontà del migliore alla propria, la volontà dell'Onnipotente alla volontà del debole, la volontà di Dio a quella dell'uomo. Poiché quanto Dio dista dall'uomo, altrettanto dista la volontà di Dio dalla volontà dell'uomo. Per cui Cristo, che porta su di sé l'uomo, che ci propone una norma, che ci insegna a vivere e ce ne dà la possibilità, ha voluto mostrarci una certa particolare volontà di uomo, nella quale ha impersonato la sua e la nostra, in quanto è nostro Capo e a Lui - come sapete - apparteniamo come veraci membra: Padre - ha detto - se è possibile, passi da me questo calice. Questa era la volontà umana che voleva qualcosa di proprio e come di esclusivo. Ma poiché volle essere un uomo retto di cuore, così che quanto ci fosse in Lui di un poco ritorto si dirigesse verso Colui che sempre è retto, ha aggiunto: Non però ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi, Padre 1. Ma che male poteva volere Cristo? Che altro, in definitiva, poteva volere che non voglia anche il Padre? Per coloro che costituiscono una sola divinità, non può esserci disparità di volontà. Ma, in persona di uomo, assumendo in sé i suoi - che già aveva assunto quando disse: ho avuto fame e mi avete dato da mangiare 2, che ancora assunse in sé, quando dal Cielo, pur non essendo stato toccato da alcuno, gridò a Paolo che infuriava e perseguitava i santi: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 3 - ha mostrato una certa particolare volontà umana: ti ha così fatto conoscere te stesso, e ti ha corretto. Ecco - ha detto - guardati in me: che tu possa volere qualcosa di proprio, diverso da ciò che vuole Dio, è permesso all'umana fragilità, all'umana debolezza: è difficile che non ti capiti di volere qualcosa di particolare; ma subito rifletti a chi è sopra di te. Egli è sopra di te, tu sei sotto di Lui; egli è il Creatore, tu la creatura; egli è il Signore, tu il servo; egli è l'Onnipotente, tu sei debole: per questo ti corregge, ti sottomette alla sua volontà, dicendo per te: - non però ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi, Padre. Come dunque potresti essere separato da Dio se già vuoi ciò che Lui vuole? Sarai dunque retto, e a te converrà la lode, perché appunto ai retti si addice la lode.

3. Se invece sarai curvo, ti troverai a lodare Dio quando le cose ti vanno bene e a bestemmiarlo quando ti vanno male; ma ciò che appare un male, se è giusto, non è un male, ed è giusto in quanto deriva da Colui che non può far niente ingiustamente. Altrimenti sei come uno sciocco bambino nella casa del padre, amando il padre quando ti accarezza, e odiandolo quando ti castiga; quasi che il padre non ti prepari l'eredità tanto quando ti accarezza come quando ti castiga. Osserva invece in qual modo convenga la lode ai retti, ascolta la voce del retto che in un altro salmo così loda: Benedirò il Signore in ogni tempo; sempre nella mia bocca la sua lode 4. In ogni tempo equivale a sempre, e benedirò equivale a la sua lode nella mia bocca. In ogni tempo e sempre, cioè nella prosperità come nelle avversità. Infatti se lo si loda nella prosperità e non nelle avversità, come lo si loda in ogni tempo, cioè sempre? Eppure abbiamo udito molte voci di tal genere e di non pochi; quando ad essi capita qualche gioia, esultano, gioiscono, inneggiano a Dio, lodano Dio; e non sono da disapprovare, anzi dobbiamo felicitarci con loro perché molti neppure allora si allietano [in lui]. Ma costoro che già hanno incominciato a lodare Dio a causa della prosperità, devono imparare a riconoscere il padre anche quando castiga, e a non mormorare contro la mano che li corregge; affinché non avvenga che, restando sempre perversi, meritino di essere diseredati; anzi, già divenuti retti (chi sono i retti se non coloro cui niente è sgradito di quanto fa Dio?) possano lodare Dio anche nelle avversità, e dire: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come è piaciuto al Signore, così è stato fatto; sia benedetto il nome del Signore 5. A tali retti conviene la lode, e non già a coloro che prima lo lodano e poi lo oltraggiano.

Fare la volontà di Dio.

4. Orbene, o giusti, o retti, esultate nel Signore, perché a voi si addice la lode. Nessuno dica: che giusto posso essere io, oppure quand'è che sono giusto? Non abbattetevi e non disperate di voi. Siete uomini, fatti a immagine di Dio; Colui che vi ha fatto uomini, anch'Egli si è fatto per voi uomo; e affinché molti figli potessero essere resi partecipi dell'eredità eterna, per voi è stato versato il sangue dell'Unigenito. Se vi disprezzate a motivo della fragilità terrena, ebbene soppesatevi considerando anche il prezzo pagato per voi; riflettete degnamente a ciò che mangiate, a ciò che bevete, a chi acconsentite nel dire Amen. Vi esortiamo forse con questo ad essere superbi, e ad osare arrogarvi qualche perfezione? Ma neppure dovete, lo ripeto, reputarvi alieni da ogni giustizia. Io infatti non voglio interrogarvi sulla vostra giustizia; perché forse nessuno di voi oserebbe rispondermi: Io sono giusto. Vi interrogo invece sulla vostra fede. Come nessuno di voi osa dire: Sono giusto, così nessuno di voi osa dire: Non sono fedele. Ancora non ti chiedo come vivi, ma ti chiedo che cosa credi. Mi risponderai che credi in Cristo. Non hai udito l'Apostolo: il giusto vive della fede 6? La tua fede è la tua giustizia, perché, certamente, se credi stai in guardia [contro i tuoi peccati]; ma se stai in guardia ti sforzi [di compiere il bene], e il Signore conosce il tuo tentativo, scruta la tua volontà, considera la lotta che conduci contro la carne, ti esorta perché tu combatta, ti aiuta perché tu vinca, ti assiste mentre ti batti, ti rialza se cadi, e ti incorona se vinci. Ebbene: esultate, o giusti, nel Signore; ed è come dire: Esultate, o fedeli, nel Signore, perché il giusto vive della fede. Ai retti si addice la lode. Imparate a ringraziare Dio nella prosperità come nella tribolazione. Imparate ad avere nel cuore ciò che ogni uomo ha sulla lingua, [e cioè]: Come Dio vuole. Le stesse espressioni popolari contengono spesso salutari insegnamenti. Chi non dice ogni giorno: - Avvenga quel che Dio vuole? E chi così parla apparterrà a quei retti che esultano nel Signore, e ai quali si addice la lode; ad essi si rivolge subito dopo il salmo dicendo: Celebrate il Signore sulla cetra, cantate a Lui sul salterio a dieci corde. Proprio questo infatti anche ora cantavamo, e questo, pronunziandolo con voce unanime, insegnavamo ai vostri cuori.

Ringraziare Dio sempre.

5. [v 2.] L'istituzione di queste vigilie nel nome di Cristo non richiede che dal luogo stesso risuonino le cetre? Ecco che infatti si ordina di suonare le cetre: Celebrate - dice - il Signore sulla cetra, cantate a lui sul salterio a dieci corde. Nessuno volga il pensiero agli strumenti teatrali. Ciò che gli è stato comandato egli lo ha in se stesso, come altrove è detto: in me sono, Dio, i voti di lode che ti renderò 7. Si ricordino, coloro che erano presenti ieri, quando nel discorso abbiamo distinto, come abbiamo potuto, la differenza tra il salterio e la cetra, e ci siamo sforzati di far comprendere a tutti tale diversità; fino a che punto ci siamo riusciti lo avranno visto coloro che hanno udito. Ora non inopportunamente lo ripetiamo in modo da cogliere, nella diversità di questi due strumenti musicali, la diversità delle azioni umane, indicate da questi [strumenti] e che noi dobbiamo attuare nella nostra vita. La cetra è quel pezzo di legno concavo come un cembalo, con la cavità che pende in giù: a quel legno si applicano le corde in modo che, toccate, emettano un suono; non parlo del plettro con cui tali corde vengono toccate, ma ho detto di quel legno concavo su cui esse sono applicate e su cui in un certo qual modo si appoggiano, così che, vibrando al tocco del plettro, siano rese maggiormente sonore da quella concavità che ne raccoglie le vibrazioni. Ebbene, la cetra ha questo legno concavo nella sua parte inferiore, il salterio in quella superiore. Questa è la differenza. Orbene ci viene ordinato ora di lodare con la cetra, e di salmodiare con salterio a dieci corde. Non ha parlato di cetra a dieci corde, né in questo salmo né, se non sbaglio, in nessun altro. Leggano e osservino meglio e con maggior calma i nostri figli lettori; tuttavia, per quanto possa ricordare, in molti passi abbiamo trovato il salterio a dieci corde, mentre mai mi è capitato di leggere la cetra a dieci corde. Ricordatevi che la cetra ha la cassa armonica nella parte inferiore, e il salterio nella parte superiore. Dalla vita inferiore, cioè dalla vita terrena, noi riceviamo prosperità e avversità, ma in ambedue i casi dobbiamo lodare Dio, cosicché sia sempre la sua lode sulla nostra bocca e benediciamo in ogni tempo il Signore 8. C'è infatti una prosperità terrena, ed una terrena avversità: in ambedue dobbiamo lodare Dio, se vogliamo suonare la cetra. In che consiste la prosperità terrena? Quando siamo sani nel corpo, quando abbondiamo dei beni che servono alla vita, quando la nostra sicurezza è tranquilla, quando raccogliamo frutti con larghezza, quando [il Signore] fa nascere il suo sole sui buoni e sui malvagi e fa piovere su giusti e ingiusti 9. Tutte queste cose servono alla vita terrena. Chi non loda per esse Dio è un ingrato. Forse perché queste cose sono terrene non sono perciò di Dio? Oppure dobbiamo pensare che è un altro che dà queste cose, in quanto sono date anche ai malvagi? Multiforme è infatti la misericordia di Dio; è paziente, longanime. Perciò mostrandoci quanti beni elargisce agli stessi malvagi, ci fa meglio conoscere ciò che tiene in serbo per i buoni. Le avversità invece, derivanti anch'esse dalla parte inferiore dell'uomo per la debolezza del genere umano, si manifestano nel dolore, nelle malattie, nelle angustie, nelle tribolazioni, nelle tentazioni. Lodi sempre Dio chi suona la cetra. Non si soffermi sul fatto che esse sono cose inferiori, ma pensi piuttosto che esse non possono essere rette e governate se non da quella Sapienza che si estende con potenza da una estremità all’altra e ordina ogni cosa con soavità 10. Essa infatti non regge le cose celesti e abbandona quelle terrene: non è forse a lei che viene detto: Dove me ne andrò [lontano] dal tuo spirito, e dove fuggirò dal tuo volto? Se salirò al cielo tu vi sei; se discenderò all’inferno tu sei là presente 11? Dove dunque è assente colui che è ovunque presente? Loda quindi il Signore sulla cetra. Se abbondi di cose terrene, rendi grazie a Colui che te le ha date; se tali cose ti mancano, oppure forse per una perdita ti sono state tolte, tocca in pace la cetra. Non ti è stato infatti sottratto Chi ha dato, anche se ti è stato sottratto ciò che ha dato. Anche in questo caso, ripeto, canta tranquillo sulla cetra: fidando nel tuo Dio, tocca le corde del tuo cuore, e di', come nella cetra che mirabilmente risuona nella sua parte inferiore: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come è piaciuto al Signore così é stato fatto; sia benedetto il nome del Signore 12.

Il vero amore della giustizia.

6. Ma non appena volgi lo sguardo ai celesti doni di Dio, ai precetti che ti ha dato, alla dottrina celeste con la quale ti ha ricolmato, a quanto ti ha insegnato proveniente dalla fonte della sua verità, metti mano al salterio, canta al Signore sul salterio a dieci corde. Poiché dieci sono i comandamenti della legge: e nei dieci comandamenti della legge sta appunto il salterio. In esso è la perfezione: vi trovi infatti l'amore di Dio in tre precetti, e l'amore del prossimo in sette. E sicuramente sai, avendolo detto il Signore, che in questi due comandamenti si riassume tutta la legge e i profeti 13. Ti dice Dio dall'alto che il Signore Dio tuo è l'unico Dio: ecco una corda. Non pronunziare invano il nome del Signore Dio tuo: ecco la seconda corda. Onora il giorno del sabato, non in modo carnale, non tra passatempi giudaici, abusando dell'ozio per commettere malvagità; poiché è certo molto meglio stare tutto il giorno a zappare che a danzare. Ma tu, pensando al riposo nel tuo Dio, e disponendo per esso tutte le cose necessarie, astieniti dalle opere servili. Perché chiunque commette il peccato è servo del peccato 14; volesse il cielo che fosse servo dell'uomo e non del peccato! Queste tre cose riguardano l'amore di Dio; pensa alla unità, alla verità, alla gioia di Lui. Poiché vi è nel Signore una speciale gioia, in cui è il vero sabato, il vero riposo. Per questo è detto: Poni la tua gioia nel Signore ed egli ti darà ciò che domanda il tuo cuore 15. E chi ci può così dare la gioia se non Colui che ha creato tutte le cose che sono fonte di gioia? In questi tre precetti consiste dunque l'amore di Dio, mentre negli altri sette l'amore del prossimo, che ti ordina di non fare ad altri ciò che non vuoi sia fatto a te. Onora il padre e la madre, perché vuoi essere onorato dai tuoi figli. Non commettere adulterio, perché non vuoi che alle tue spalle tua moglie commetta adulterio. Non uccidere, perché non vuoi essere ucciso. Non rubare, perché non vuoi essere derubato. Non dire falsa testimonianza, perché hai in odio chi dice falsa testimonianza contro di te. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, perché non vuoi che tua moglie sia desiderata da altri. Non desiderare nessuna cosa del tuo prossimo 16, perché non ti è certo gradito che i tuoi beni siano desiderati da altri. Reprimi la tua lingua, quando qualcuno ti reca dispiacere danneggiandoti. Tutti questi sono comandamenti di Dio, che sono stati donati dalla sua Sapienza, e che risuonano dall'alto. Tocca il salterio, adempi la legge, che il Signore Dio tuo è venuto ad adempiere, non ad abrogare 17. Compirai infatti con l'amore ciò che non potevi compiere con il timore. Colui che per timore non fa il male, desidererebbe farlo se gli fosse possibile. Perciò, anche se non ne ha la possibilità, ne ha il desiderio. Non lo faccio, egli dice. Perché? Perché temo. Non ami ancora la giustizia, sei ancora un servo: sii un figlio. Ma è dal buon servo che nasce un buon figlio. Per ora non fare il male a motivo del timore, imparerai poi a non farlo anche per amore. Vi è infatti una certa bellezza della giustizia. Ti faccia pure paura la pena; ma la giustizia ha una sua bellezza, chiede di essere contemplata, infiamma i suoi amanti. Per essa i martiri, calpestando il mondo, versarono il loro sangue. Che cosa amavano, quando rinunziavano a tutte queste cose terrene? Non erano forse anche essi innamorati? Oppure vi diciamo queste cose perché non amiate? Chi non ama, è freddo, intirizzito. Si ami, ma quella bellezza che cerca gli occhi del cuore. Si ami, ma quella bellezza che incendia gli animi nella lode della giustizia. Erompono le parole, echeggiano le voci, da ogni parte dicono: bene, benissimo. Che cosa hanno veduto? Hanno veduto la giustizia, per la quale anche il vecchio curvo ha la sua bellezza. Quando infatti avanza a fatica il giusto vecchio, non ha nulla nel suo corpo che possa essere amato, e tuttavia è amato da tutti. Si ama quello che in lui non si vede; o meglio si ama ciò che si vede con il cuore. Ebbene questo vi rechi diletto e chiedete al Signore che ve lo conceda. Perché il Signore darà la dolcezza e la nostra terra darà il suo frutto 18, affinché compiate per l'amore ciò che è difficile compiere per il timore. Perché dico difficile? L'animo non è ancora in grado di compierlo; preferirebbe che non esistesse ciò che gli viene comandato, se nell'adempierlo non è guidato dall'amore, ma è costretto dal timore. Non commettere il furto, abbi timore dell'inferno: l'animo preferirebbe che non vi fosse l'inferno nel quale rischia di precipitare. Quand'è che incomincia ad amare la giustizia, se non quando preferisce che non esista il furto, anche se non esistesse l'inferno nel quale sono gettati i ladri? Questo è amare la giustizia.

7. E cos'è la giustizia in se stessa? Chi potrà descriverla? Quale bellezza ha la Sapienza di Dio? Per essa sono belle tutte le cose piacevoli a vedersi: ma per vederla e abbracciarla i cuori debbono essere purificati. Proclamiamoci suoi amanti; essa stessa ci adorna in modo che non le siamo sgraditi. E quando gli uomini ci rimproverano per quelle cose che ci rendono graditi a colei che amiamo, come consideriamo meschini i nostri critici! E quanto li disprezziamo non tenendoli assolutamente in nessun conto! I lussuriosi e riprovevoli amanti delle donne, quando le loro amate li adornano secondo il proprio gusto, se piacciono ad esse, non si curano di coloro cui tornano sgraditi, ritenendo sufficiente per sé piacere agli occhi di quelle che essi desiderano; e per lo più, anzi sempre, dispiacciono agli uomini seri, che con saggio criterio li rimproverano. Non ti sei ben tagliato i capelli, dice l'uomo grave al lascivo adolescente, è vergognoso per te camminare con tali riccioli in testa. Ma quello sa che i suoi capelli piacciono non so a chi; odia te che lo rimproveri con saggio giudizio, e conserva in sé ciò che piace al perverso desiderio. Ti considera nemico perché combatti l'indecenza. Fugge il tuo sguardo, e assolutamente non si cura per quale norma di giustizia venga rimproverato. Orbene, se costoro non si curano dei critici veritieri pur di essere belli in modo fallace, dobbiamo noi, in ciò che ci rende graditi alla Sapienza di Dio, curarci degli ingiusti derisori, che non hanno occhi capaci di vedere ciò che amiamo? Riflettendo a queste cose, o voi, retti di cuore: Celebrate il Signore sulla cetra, cantate a lui sul salterio a dieci corde.

8. [v 3.] Cantate a Lui un cantico nuovo. Spogliatevi di quanto è in voi vecchio: avete conosciuto il cantico nuovo. Nuovo uomo, Nuovo Testamento, nuovo cantico. Il cantico nuovo non compete a uomini vecchi: lo apprendono solo gli uomini nuovi, rinnovati dalla vecchiaia per mezzo della grazia, che già appartengono al Nuovo Testamento, che è il Regno dei cieli. Ad esso sospira tutto il nostro amore, e canta il nuovo cantico. Lo canti però non con le labbra, ma con la vita. Cantategli un cantico nuovo: bene cantate a Lui. Ognuno chiede in qual modo cantare a Dio. Canta a Lui, ma canta bene. Egli non vuole che le sue orecchie siano offese. Canta bene, fratello. Se, al cospetto di un buon intenditore di musica ti viene detto: canta per piacergli, tremi nel cantare, se non hai alcuna preparazione nell'arte della musica, perché non vorresti essere sgradito a quel musico; infatti ciò che in te l'inesperto non nota, l'artista rimprovera. Ebbene chi si fa avanti per cantare bene a Dio, il quale sa giudicare il cantante, sa esaminare tutte le cose e [tutto] udire? Quando puoi offrirgli una così elegante bravura nel canto da non essere in nulla sgradito ad orecchie così perfette? Ecco che Egli quasi intona per te il canto: non cercare le parole, quasi che tu potessi dare forma a un canto per cui Dio si diletti. Canta nel giubilo. Che significa giubilare? Intendere senza poter spiegare a parole ciò che con il cuore si canta. Infatti coloro che cantano, sia mentre mietono, sia mentre vendemmiano, sia quando sono occupati con ardore in qualche altra attività, incominciano per le parole dei canti a esultare di gioia, ma poi, quasi pervasi da tanta letizia da non poterla più esprimere a parole, lascian cadere le sillabe delle parole, e si abbandonano al suono del giubilo. Il giubilo è un certo suono che significa che il cuore vuol dare alla luce ciò che non può essere detto. E a chi conviene questo giubilo se non al Dio ineffabile? Ineffabile è infatti ciò che non può essere detto: e se non puoi dirlo, ma neppure puoi tacerlo, che ti resta se non giubilare, in modo che il cuore si apra a una gioia senza parole, e la gioia si dilati immensamente ben al di là dei limiti delle sillabe? Bene cantate a lui nel giubilo.

Dio è fedele.

9. [v 4.] Perché è retta la parola del Signore, e tutte le sue opere nella fede. Essa è retta appunto per quello che è sgradito a chi non è retto. E tutte le sue opere nella fede. Si fondino le tue opere sulla fede, perché il giusto vive di fede 19, e la fede opera per mezzo dell'amore 20; si fondino le tue opere sulla fede, perché credendo in Dio diverrai fedele. Ma come possono fondarsi sulla fede le opere di Dio, quasi che anche Dio vivesse di fede? Troviamo che e non lo diciamo con le nostre parole; ascolta l'Apostolo: Fedele è Dio - dice - che non vi permetterà di essere quanto potete sopportare, ma provvederà con il modo di uscirne, onde possiate sopportarla 21. Avete udito che Dio è fedele, uditelo di nuovo anche altrove: se con lui soffriremo, con lui regneremo; se lo avremo rinnegato, Egli ci rinnegherà; se non crediamo, Egli resta fedele non potendo rinnegare se stesso 22. Vediamo dunque che anche Dio è fedele: distinguiamo ora la fedeltà di Dio da quella dell'uomo. L'uomo fedele è colui che crede a Dio che promette; Dio è fedele in quanto concede ciò che ha promesso all'uomo. Dobbiamo considerare fedelissimo il debitore, dato che possediamo un misericordiosissimo promettitore. Infatti neppure gli abbiamo prestato qualcosa in cambio per averlo nostro debitore, dato che è da lui che abbiamo tutto quanto gli offriamo, e da lui proviene quanto di buono c'è in noi. Tutti i beni di cui godiamo, derivano da lui. Chi mai infatti ha conosciuto il pensiero del Signore, o è stato suo consigliere? Oppure chi per primo ha dato qualcosa a lui da aver diritto alla ricompensa? Da lui, per lui e in lui sono tutte le cose 23. Ebbene, nulla gli abbiamo dato, ed egli è nostro debitore. Perché debitore? Perché ci ha fatto delle promesse. Non diciamo a Dio: Signore dacci ciò che hai ricevuto; ma: Dacci ciò che hai promesso. Perché retta è la parola del Signore. Che significa retta è la parola del Signore? Non ti inganna; e tu non ingannarla; o meglio non ingannare te stesso. Chi può infatti ingannare Colui che sa tutto? L'iniquità, invece, ha mentito a se stessa 24. Perché retta è la parola del Signore e tutte le sue opere nella fede.

Misericordia e giustizia di Dio.

10. [v 5.] Egli ama la misericordia e il giudizio. Fa' queste cose, perché anch'egli le fa. Riflettete sulla stessa misericordia e il giudizio. Ora è il tempo della misericordia, poi sarà il tempo del giudizio. Perché ora è il tempo della misericordia? Ora chiama chi si è allontanato, perdona i peccati di chi ritorna; è paziente con i peccatori, finché non si convertono; e quando si sono convertiti dimentica il passato e promette il futuro; esorta i pigri, consola gli afflitti, insegna agli zelanti, aiuta quanti combattono; nessuno abbandona di coloro che si affaticano e a lui gridano, dona di che offrire a lui, egli stesso dà i mezzi perché lo si plachi. Non passi invano, fratelli, il grande tempo della misericordia, non passi invano per noi. Verrà il giudizio: anche allora ci sarà il pentimento, ma ormai sarà senza frutto. Diranno tra sé presi da pentimento, gemendo per l'angoscia dello spirito - queste cose stanno scritte nel libro della Sapienza - che ci ha giovato la superbia, che abbiamo guadagnato col vantarci delle ricchezze? Tutte queste cose sono passate come ombra 25. Diciamolo ora: Passano tutte queste cose come ombra; diciamolo ora con frutto: Passano, per non doverlo dire allora infruttuosamente: Passarono. Questo è dunque il tempo della misericordia, ma ci sarà anche quello del giudizio.

11. Ma non crediate, fratelli, che la misericordia e il giudizio possano in qualche modo separarsi in Dio. Sembra infatti che a volte tra loro siano contrastanti, in modo che chi è misericordioso non badi alla giustizia, mentre chi è inflessibile nel giudizio dimentichi la misericordia. Dio è onnipotente, e non rinunzia al giudizio nella misericordia, né alla misericordia nel giudizio. Egli ha infatti compassione, considera la sua immagine, la nostra fragilità, il nostro errore, la nostra cecità e ci chiama: a chi a Lui si converte perdona i peccati, ma non li perdona a chi non si pente. È misericordioso con gli ingiusti? Ha forse rinunziato al giudizio, oppure non dovrebbe giudicare fra chi si converte e chi non si pente? Vi sembra forse giusto che siano considerati uguali i convertiti e gli impenitenti, cosicché allo stesso modo siano accolti chi confessa e chi mentisce, l'umile e il superbo? C'è dunque anche il giudizio nella stessa misericordia. E del pari, nel giudizio ci sarà anche la misericordia nei confronti di coloro ai quali dirà: ho avuto fame e mi avete dato da mangiare 26. È detto infatti in una certa epistola apostolica: perché il giudizio è senza misericordia per chi non ha avuto misericordia 27. Beati - dice il Signore - i misericordiosi, perché si avrà misericordia di loro 28. Dunque in quel giudizio ci sarà anche misericordia, ma non senza giudizio. Se dunque vi sarà misericordia, non verso chiunque, ma verso colui che è stato misericordioso, la misericordia stessa sarà giusta, perché non sarà confusa. La misericordia, senza dubbio, consiste nel rimettere i peccati, nel donare la vita eterna. Ma ecco anche qui il giudizio: perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato 29. Senza dubbio vi sarà dato, e vi sarà perdonato, è misericordia. Ma se da essa venisse meno il giudizio, non direbbe: con la misura in cui avrete misurato sarete voi stessi misurati 30.

12. Hai udito in qual modo Dio eserciti la misericordia e il giudizio; pratica anche tu la misericordia e il giudizio. O forse tutto questo compete a Dio e non all'uomo? Se non competesse all'uomo, il Signore non avrebbe detto ai Farisei: avete abbandonate le cose più gravi della legge, la misericordia e il giudizio 31. Dunque anche tu devi praticare la misericordia e il giudizio. Non credere che a te competa la misericordia, e non invece il giudizio. Supponi di ascoltare a giudizio la causa tra due persone, uno ricco e l'altro povero, e che succeda che il povero abbia torto e il ricco ragione; ebbene, se tu non sei esperto nelle cose del Regno di Dio, ti sembrerà di far bene se, quasi preso da compassione per il povero, nasconderai e occulterai la sua ingiustizia, cercando di giustificarlo in modo che sembri quasi avere ragione. E se sarai rimproverato perché hai giudicato male, rispondi, come in nome della misericordia: Lo so, anch'io lo so; ma quello era povero e si doveva essere misericordiosi. Come puoi aver rispettato la misericordia rinnegando il giudizio? E come - tu ribatti - avrei potuto attenermi al giudizio senza rinnegare la misericordia? avrei potuto sentenziare contro il povero, che non avrebbe di che pagare, oppure, se ne avesse, non avrebbe poi di che vivere dopo aver pagato? Ti dice il tuo Dio: Non favorire il povero che è in giudizio 32. D'altra parte comprendiamo facilmente di non dover favorire il ricco: ognuno se ne rende conto e volesse il cielo che si comportasse pure così! Ma ci si inganna nel voler piacere a Dio favorendo in giudizio il povero e dicendo a Dio: Ho favorito il povero. Dovevi rispettare ambedue le cose, la misericordia e il giudizio. Prima di tutto quale misericordia hai usato verso colui di cui hai favorito l'ingiustizia? Ecco, hai risparmiato la sua borsa, ma hai ferito il suo cuore; questo povero è rimasto ingiusto, anzi tanto più ingiusto in quanto ha visto la sua ingiustizia favorita da te in quanto uomo giusto. Si è allontanato da te ingiustamente aiutato, ma resta al cospetto di Dio per essere giustamente condannato. Quale misericordia hai usato a colui che hai fatto [divenire] ingiusto? Ecco che ti sei reso più crudele che misericordioso. Che cosa avrei dovuto fare? dici. Avresti dovuto dapprima giudicare secondo la causa, rimproverare il povero e impietosire il ricco. Una cosa è giudicare, un'altra è chiedere pietà. Quando quel ricco avesse visto che tu rispetti la giustizia, e che il povero iniquo non erge il collo, ma, per colpa del suo peccato, viene da te giustamente rimproverato, non si piegherebbe forse alla misericordia che tu gli chiedi, dato che ha avuto soddisfazione dal tuo giudizio? Sebbene, fratelli, restino ancora molte cose del salmo, dobbiamo tuttavia regolarci secondo le forze dell'anima e del corpo, tenendo conto della diversità,degli ascoltatori; poiché, anche quando ci alimentiamo con lo stesso grano, molti sono i sapori che esso suscita in noi, per non ingenerare fastidio, questo vi basti.