(Erfurt 1 = Sermone 282 augm.)

Discorso di sant'Agostino vescovo

Nel Natale delle martiri Perpetua e Felicita

Perpetua e Felicita, i nomi delle due martiri.

1. Oggi celebriamo la festa di due sante martiri che non solo si distinsero per la straordinaria forza dimostrata nella loro passione, ma anche perché con i loro nomi indicarono il premio, dovuto a loro e agli altri compagni, in quanto soffrirono per restare fedeli al loro credo. E in effetti i nomi di Perpetua e Felicita appartengono solo a loro due, ma il premio è di tutti. Nessun martire si sarebbe impegnato con tanta energia e per un limitato periodo di tempo nella lotta per professare la fede e subire la passione, se non al fine di godere una felicità perpetua. Per disposizione della provvidenza divina queste non solo dovettero essere martiri, com'è effettivamente avvenuto, ma anche compagne fortemente unite, così da segnare con la loro gloria lo stesso giorno e lasciare ai posteri un'unica solennità da celebrare per entrambe. Come con l'esempio del loro gloriosissimo combattimento ci esortano a imitarle, allo stesso modo con i loro nomi testimoniano che riceveremo un dono composto da due elementi inseparabili. L'una si leghi all'altra e restino unite tra di loro; noi non speriamo di avere l'una senza l'altra. Non ci serve che ci sia Perpetua se non c'è Felicita, e Felicita viene a mancare se non c'è Perpetua. Riguardo ai nomi delle martiri alle quali questo giorno è consacrato, basteranno, per limite di tempo, queste poche considerazioni.

Muliebri nell'aspetto, virili nel martirio.

2. Quel che riguarda le martiri, cui appartengono questi nomi, lo abbiamo ascoltato quando si leggeva la loro passione e lo conosciamo in quanto tramandato al nostro ricordo: queste, tanto grandi per virtù e meriti, non lo furono solo come donne, ma anche mogli, e una di esse madre, in modo che alla debolezza tipica del sesso si aggiungesse un sentimento non facile da dominare. Voi, celibi, prendete dalla madre un esempio di fede, fortezza, pazienza, pietà; voi, giovani, prendetelo dalle donne; voi, vergini, dalle mogli! A ciò si aggiunga che esse, nate in un ambiente elevato, erano state allevate secondo il tenore di vita dei genitori e con amore, sicché il nemico, tentandole in tutti i modi, come se non fossero in grado di sopportare i duri e crudeli gravami della persecuzione, credeva che si sarebbero immediatamente arrese a lui e sarebbero state subito sue. Invece quelle, con la forza interiore di un uomo, ben prudente e solida, affrontarono tutte le sue insidie e respinsero l'assalto.

La battaglia delle martiri.

3. Nella milizia di Cristo re, con l'equipaggiamento già pronto alla lotta e senza cedere a nessuna avversità, non furono condizionate dal sesso più debole, non fiaccate da pensieri femminili, non piegate dalle lusinghe del mondo e non timorose delle minacce; pur essendo donne, combatterono con ardore e, pur essendo mogli, mostrarono animo virile; pur delicate, combatterono con durezza e, pur deboli, con forza, vincendo la carne con lo spirito, il timore con la speranza, il diavolo con la fede, il mondo con la carità. L'esercito del nostro re, con queste armi, non è mai vinto; cinti da queste armi i soldati di Cristo hanno trionfato, non salvando le membra del loro corpo, ma lasciandole colpire; non uccidendo, bensì morendo. Hanno preferito l'impero del re eterno all'impero che passa e hanno offerto i loro corpi per non servire e adorare un dio qualunque, ma il loro Dio, senza temere quelli che uccidono il corpo, ma piuttosto chi ha il potere di uccidere il corpo e l'anima nella geenna di fuoco 1, e così si presero cura non solo dei loro spiriti, che, immobili, tennero fissi nel proposito di vincere, ma anche degli stessi corpi, che apparentemente sembravano non prendere in considerazione, perché la malvagità di quella persecuzione li seminasse nel disonore e la verità del giudizio li risuscitasse nella gloria 2.

Il combattimento di Perpetua.

4. In questo combattimento Perpetua, trasformata in uomo come le era stato rivelato in visione, vinse il diavolo, essendosi spogliata del mondo e rivestita di Cristo, nell'unità della fede e della conoscenza del figlio di Dio correndo verso la condizione di uomo perfetto 3 e divenendo un membro eminente del corpo di colui per il quale aveva rinunciato a tutto il corpo, non a un solo membro.

Il combattimento di Felicita.

5. In questo combattimento Felicita non fu ostacolata, nel confessare la fede fino al martirio, da quello che portava in grembo. Era incinta sia nel corpo che nel cuore; in quest'ultimo aveva concepito perché fecondato dalla comunione con Dio, in quell'altro dall'unione matrimoniale con un uomo. La legge della natura ritardava quel parto, la violenza della persecuzione affrettava questo; a quello mancava il compimento del tempo, a questo si offriva l'opportunità del processo; quello sarebbe finito in un aborto se lo si fosse affrettato, questo si sarebbe concluso con la morte se si fosse rinnegato. Quella piissima donna infatti si ricordava che ella stessa avrebbe sia sperimentato nel parto la sofferenza della moglie sia confessato il parto della vergine; a quello aveva fatto spazio nel suo grembo di carne, a questo nel suo petto spirituale; per l'uno languiva onerata dal volere umano, per l'altro gioiva onorata da Dio. E pertanto lei, che aveva ascoltato bene e creduto a Cristo che dice: Chiunque fa la volontà del Padre mio è per me fratello, sorella e madre 4, non divenne madre di Adamo prima che di Cristo, professando la sua fede nell'uomo celeste davanti al giudice, e gemendo conservò invece per il carcere quello terreno. E anche lì, quando urlava per i dolori del parto con la voce di Eva e le si diceva che, se non sopportava le sofferenze ineliminabili per una partoriente, che cosa avrebbe fatto esposta alle belve, ella rispose: Qui sono io a soffrire quello che soffro; allora soffrirà per me un altro, in quanto soffrirò per la fede in lui. Non senza una ragione le avvenne di non accorgersi quasi, pur avendola sperimentata, di quella vacca nota per la sua ferocia, al punto da non ricordarsene neppure. In tal modo nel peso del grembo le veniva mostrato chi era stata e nella sofferenza del martirio quello che le era donato.

Perpetua, Felicita e i loro compagni di martirio.

6. In questo gruppo di grande gloria ci furono anche dei martiri uomini, e anche gli uomini, proprio nello stesso giorno, vinsero a prezzo di una fortissima sofferenza; e tuttavia il giorno non è consacrato al ricordo dei loro nomi. Ciò non è avvenuto perché le donne sono state considerate superiori per dignità agli uomini, ma perché la debolezza delle donne ha vinto il crudelissimo nemico con un prodigio più grande e la forza virile ha combattuto per una felicità perpetua.