DISCORSO 313/F

TENUTO NELLA BASILICA DEL BEATO MARTIRE CIPRIANO A MAPPALA
NEL GIORNO DEL SUO NATALE

Argomento trattato al mattino.

1. Per prima cosa devo dare soddisfazione al mio fratello e collega. Stamane ho detto che la carità non deve darsi pace, deve rifuggire dal quieto vivere; ma, dal momento che lo ha voluto, noi obbediamo e a lui, e a Dio per mezzo di lui, ed a voi, e che Dio vi conceda di obbedire. Abbiamo cantato: Ho sperato nella misericordia di Dio 1. Parliamo in breve della nostra speranza. E certamente le parole del nostro discorso si concluderanno tenendo conto del tempo: ma la speranza in sé, che è l'argomento del discorso, deve perdurare e non aver fine con il nostro dire. Noi possiamo parlare e possiamo smettere di parlare; la speranza grida sempre a Dio. Ma anche la nostra speranza - sarà forse duro ciò che dico, ma non può urtare se ne avrò chiarito il perché, e credo che non urterà - ma anche la nostra speranza non durerà per l'eternità. Infatti, col sopraggiungere della realtà, la speranza non esisterà più; naturalmente, tanto a lungo si parla di speranza fino a quando non si possiede la realtà, secondo quanto dice l'Apostolo: Ma la speranza di ciò che si vede non è più speranza: infatti, ciò che uno già vede, come lo spera? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo aspettiamo con perseveranza 2. Se, dunque, la speranza di ciò che si vede non è più speranza, appunto ciò che uno già vede, come lo spera? ed è detta speranza proprio perché speriamo quello che non vediamo; quando sarà realtà ciò che dev'essere visione, la speranza non sarà più, perché sarà la realtà. Né allora sarà una maledizione essere senza speranza, ma, per chi al presente è senza speranza, è una maledizione e una vergogna. E guai a colui che ora è senza speranza: infatti è un male essere senza speranza, perché ancora non è propria la realtà; allora, quando sarà posseduta la realtà, cesserà di essere la speranza.

Non c'è uomo senza speranza. Quanti inganna questa speranza.

2. Ma in che consiste la realtà stessa di cui si avrà il possesso? Che è ciò che prenderà il posto della speranza? Ora infatti notiamo che gli uomini sperano molte cose relative a questa terra e, nell'ambito della vita secondo il mondo, l'esistenza stessa di ogni uomo non manca di speranza; anzi, fino alla morte, ciascuno non è privo di speranza; speranza nei fanciulli: di crescere, di istruirsi, di apprendere qualcosa; speranza negli adolescenti: di prender moglie, generare dei figli; speranza nei genitori dei figli: di allevarli, di istruirli, di vedere adulti quelli che vezzeggiavano bambini; tanto per riferirmi alla speranza originaria dell'uomo come alla più naturale, alla più comprensibile, alla più frequente. Molte infatti sono speranze volgari, assai riprovevoli; ma atteniamoci a questa che è onesta e naturale. Infatti ciascuno nasce per questo: per la crescita, per il matrimonio, per la prole, per l'istruzione di essa ed anche per essere chiamato padre di figli. Che pretende di più? Eppure la speranza non è finita: desidera le consorti per i suoi figli, e spera ancora. E quando avrà ottenuto anche questo, desidera nipoti; e quando avrà avuto questi - ecco che si è già alla terza generazione - è anche restio, da vecchio, a far posto ai fanciulli: cerca ancora da desiderare per sé, non vuole che sperare e sembra propenso al bene. Voglia il cielo che quel bimbo mi chiami nonno, che lo ascolti dalla sua bocca e poi muoia! Il bimbo cresce, lo chiama nonno, ma quello non si riconosce ancora per nonno: in realtà, se infatti è nonno, se è vecchio, perché non riconosce che deve andarsene, così che subentrino quelli che sono nati? E quando avrà ascoltato dalla voce del fanciullo il nome riguardoso, egli stesso vuole istruirlo. Non gli manca forse di sperare anche dei pronipoti? Così muore e spera; e spera questo e quello, una volta ricevuto ciò che sperava. Ma, ricevendo ciò che sperava, non si sente appagato, anela ad altro. Che spiega l'adempimento di ciò che speravi? Certamente che è tempo ormai che tu concluda il cammino: la fine non si sposta in avanti. E quanti inganna questa speranza, speranza sempre rinnovata! Anzitutto, una volta compiuta non appaga, e per quanti non si realizza! Quanti contarono di ammogliarsi e non fu loro possibile prender moglie! Quanti sperarono di trovarsi bene con delle consorti e sposarono di quelle che li avrebbero tribolati! Quanto numerosi coloro che desiderarono figli e non poterono averli! E quanti ancora furono in angustie per i guai che si erano tirati addosso! E così per tutto. Uno sperò le ricchezze: se non le ottenne, fu tormentato dall'ambizione; se le ottenne, fu torturato dal timore. E non c'è alcuno che faccia a meno di sperare, nessuno che si ritenga appagato: sono così tanti ad essere ingannati eppure, quanto a speranza terrena, non si quietano.

Dio: tua speranza, ora; tuo bene, poi.

3. Che una volta almeno la nostra speranza non sia vuota, ma che sazi e di qualcosa di così buono che non potrebbe esserlo di più. Qual è allora l'oggetto della nostra speranza per cui, una volta presente, subentrando come realtà, ecco cessare la speranza? Qual è? È la terra? No. Qualcosa che deriva dalla terra, come l'oro, l'argento, l'albero, la messe, l'acqua? Niente di queste cose. Qualcosa che voli nello spazio? L'anima lo respinge. È forse il cielo così bello e ornato di astri luminosi? Tra queste cose visibili che c'è infatti di più dilettevole, di più bello? Non è neppure questo. E cos'è? Queste cose piacciono, sono belle queste cose, sono buone queste cose: ricerca chi le ha fatte, egli è la tua speranza. Egli è, ora, la tua speranza, egli sarà, poi, il tuo bene; egli è la speranza di chi crede, egli sarà il bene di chi vede. Digli: Tu sei la mia speranza 3. Dici infatti giustamente ora: Tu sei la mia speranza, credi, quindi, non vedi ancora; ti si promette, non è ancora tuo. Finché abiti nel corpo, sei in esilio lontano dal Signore; sei in cammino, non ancora in patria. Egli che governa e crea la patria, si è fatto Via per condurtici, perciò, ora, digli: Tu sei la mia speranza. E che, poi? La mia sorte nella terra dei viventi 4. Quella che, ora, è la tua speranza, sarà, poi, la tua sorte. Sia la tua speranza sulla terra di chi muore e sarà la tua sorte nella terra di chi vive. Rivolti al Signore.