TENUTO DI DOMENICA, SU QUANTO È SCRITTO NEL VANGELO DI MT 20, 1-16:
"IL REGNO DEI CIELI È SIMILE A QUEL PADRE DI FAMIGLIA
CHE MANDA GLI OPERAI NELLA SUA VIGNA"
1. 1. Dal santo Vangelo avete udito una similitudine sugli operai che lavorano in una vigna, similitudine confacente alla presente stagione; poiché adesso è la stagione della vendemmia materiale. C'è però anche una vendemmia spirituale, nella quale Dio si rallegra dei frutti della propria vigna. Poiché noi "coltiviamo" Dio ma Dio coltiva noi. Noi però non "coltiviamo" Dio in modo da renderlo migliore col "coltivarlo". Noi infatti lo "coltiviamo" adorandolo, non arandolo. Egli invece coltiva noi come coltiva il campo l'agricoltore. Per il fatto dunque ch'egli ci coltiva, ci rende migliori, poiché anche l'agricoltore rende migliore il campo coltivandolo, e cerca in noi proprio il frutto affinché noi lo coltiviamo. La sua opera di coltivatore nei nostri riguardi consiste nel fatto che non cessa d'estirpare con la sua parola dal nostro cuore i germi del male, di aprire il nostro cuore, per così dire, con l'aratro della parola, di piantarvi i semi dei precetti e d'aspettare il frutto della vita di fede. Quando avremo ricevuto nel nostro cuore quest'azione di Dio che ci coltiva in modo che gli rendiamo il giusto culto, non risulteremo ingrati al nostro agricoltore, ma gli offriremo il frutto del quale egli sarà contento. Il nostro frutto però non renderà lui più ricco, ma renderà noi più felici.
1. 2. Ecco, ascoltate che Dio ci coltiva, come ho già detto. Poiché non c'è bisogno ch'io vi dimostri che noi "coltiviamo" Dio. Ora, da ciascuno si sente dire continuamente che gli uomini "coltivano" Dio. Al contrario, se uno sente dire che Dio coltiva gli uomini quasi si spaventa quando lo sente, perché non è nell'abitudine degli uomini dire che Dio "coltiva" gli uomini, ma che gli uomini "coltivano" Dio. Dobbiamo dunque dimostrarvi che anche Dio "coltiva" gli uomini perché non si creda che io abbia usato un termine inesatto e mi si pianti una polemica e mi si riprenda senza sapere che cosa ho detto. Mi son dunque prefisso di dimostrarvi che anche Dio "coltiva" noi; ma l'ho già detto: ci "coltiva" come un campo al fine di renderci migliori. È il Signore che nel Vangelo dice: Io sono la vite e voi siete i tralci 1. Mio Padre è l'agricoltore 2. Che cosa fa un agricoltore? Lo chiedo a voi che siete agricoltori, che cosa fa un contadino? Penso che coltivi il campo. Se dunque il Padre è agricoltore, possiede un campo e coltiva il proprio campo e aspetta di ricavarne frutti.
2. 3. Egli dunque piantò una vigna, come dice lo stesso Signore Gesù Cristo, e l'affittò ad alcuni contadini perché gli consegnassero i frutti alle stagioni giuste. In seguito mandò loro i suoi servi per chiedere i frutti della vigna. Quelli però l'insultarono, e alcuni li uccisero perfino e rifiutarono di consegnare i frutti. Ne mandò altri, ma subirono gli stessi maltrattamenti. Allora il padre di famiglia, coltivatore del proprio campo, che aveva piantato e affittato la propria vigna: Manderò il mio unico Figlio - disse -; forse avranno rispetto di lui. Mandò allora [dice il Vangelo] anche il proprio Figlio 3. Ma i contadini dissero tra di loro: Ecco l'erede; andiamo, uccidiamolo e così l'eredità sarà nostra 4. Allora lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. Quando verrà il padrone della vigna, che cosa farà a quei delinquenti di contadini? Gli risposero: Ucciderà senza pietà quei delinquenti e affitterà la propria vigna ad altri contadini che alla stagione giusta gli consegneranno i frutti 5. La vigna fu piantata quando fu data la legge nel cuore dei giudei. Furono mandati i Profeti a chiedere i frutti, cioè la retta vita di quelli, ma i Profeti furono oltraggiati e uccisi. Fu mandato anche il Cristo, il Figlio unico del Padre di famiglia, ma quelli uccisero anche lui, cioè lo stesso erede, e perciò persero l'eredità. Il loro piano criminoso si rivolse contro di loro. Uccisero per possedere, ma, poiché avevano ucciso, persero il possesso.
3. 4. Poco fa avete udito anche una similitudine del santo Vangelo: Il regno dei cieli è simile a un padre di famiglia che uscì per prendere a giornata operai da mandare a lavorare nella propria vigna 6. Uscì di buon mattino e quelli che trovò li ingaggiò e fissò con loro la paga d'un denaro al giorno. Uscì anche verso le nove del mattino, ne trovò altri e li condusse a lavorare nella vigna. Lo stesso fece verso mezzogiorno e verso le tre del pomeriggio. Uscì anche verso le cinque di sera, quasi al termine del giorno, e trovò altri ch'erano disoccupati e stavano lì impalati e disse loro: "Perché state qui oziosi? Perché non lavorate nella mia vigna?". Gli risposero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". "Venite - disse loro anche voi e vi darò ciò ch'è giusto". Fissò con loro la paga d'un denaro. Questi ultimi che avrebbero lavorato un'ora sola, quando mai avrebbero osato aspettarsi un denaro? Tuttavia si rallegrarono che avrebbero ricevuto qualcosa. Furono ingaggiati anch'essi per un'ora sola. Al termine della giornata il padrone fece dare la paga a tutti. Iniziando da quelli ch'erano andati nella vigna verso l'ultima ora del giorno, fece dare loro un denaro. Coloro ch'erano andati a lavorare la prima ora, vedendo che gli ultimi avevano ricevuto un denaro com'era stato convenuto con loro, speravano di ricevere qualcosa di più; ma, quando arrivò il loro turno, ricevettero solo un denaro. Cominciarono allora a brontolare contro il padrone, dicendo: "Ecco qua: noi che abbiamo lavorato l'intera giornata sopportando il gran caldo, ci hai trattati come quelli che hanno lavorato nella vigna un'ora soltanto". Ma il padrone, dando a uno di essi una risposta assai giusta: "Amico - gli disse - io non ti ho fatto alcun torto, cioè: non ti ho defraudato; ti ho dato la paga convenuta. Non ti ho defraudato, poiché ti ho dato la paga pattuita. A questo non voglio dare il giusto, ma fargli un dono. Non posso forse fare ciò che voglio dei miei beni? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? Se io portassi via ad uno ciò che non è mio, mi si potrebbe rimproverare giustamente come frodatore e ingiusto; quando, al contrario, do il dovuto e anche faccio un regalo a chi voglio, non solo non può rimproverarmi colui al quale ero debitore, ma deve rallegrarsi di più colui al quale ho fatto un regalo". Non c'era alcuna possibilità di ribattere; tutti furono trattati ugualmente e gli ultimi furono i primi e i primi gli ultimi mediante un uguale pagamento ma senza sconvolgere l'ordine. Che significa: "gli ultimi furono i primi e i primi gli ultimi"? Significa che ricevettero la medesima somma tanto i primi quanto gli ultimi.
4. 5. Che vuol dire dunque il fatto che cominciò a dar la paga a partire dagli ultimi? Non la riceveranno forse tutti nello stesso tempo, come si legge nella Bibbia? Effettivamente, in un altro passo del Vangelo si legge che il Signore, a coloro che metterà alla sua destra, dirà: Venite, benedetti del Padre mio; entrate in possesso del regno preparato per voi fino dal principio del mondo 7. Se dunque ricevettero la ricompensa tutti nello stesso tempo, in qual senso intenderemo che la ricevettero per primi coloro che lavorarono solo nell'ultima ora del giorno e dopo di loro quelli ch'erano andati a lavorare fin dalla prima ora? Se potrò spiegarlo in modo che voi possiate capirlo, sia ringraziato Dio. In realtà dovete ringraziare Colui che vi dispensa i suoi doni per nostro mezzo, poiché non dispensiamo qualcosa di nostro. Se per esempio, a proposito di due individui, si domandasse chi ha ricevuto la paga per primo, se quello che l'ha ricevuta dopo un'ora sola di lavoro o quello pagato dopo dodici ore, tutti risponderebbero: "Il primo a riceverla è stato colui che l'ha ricevuta dopo un'ora sola anziché quello che l'ha ricevuta dopo dodici ore". Così dunque, sebbene tutti abbiano ricevuto il compenso nella medesima ora, tuttavia alcuni lo hanno ricevuto dopo un'ora sola di lavoro, altri invece dopo dodici ore e perciò si dice che l'hanno ricevuto per primi coloro che l'hanno ricevuto dopo breve tempo. I primi giusti, come Abele e Noè, chiamati, per così dire, alla prima ora, riceveranno insieme a noi la felicità della risurrezione. Altri giusti dopo di loro, Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i viventi nella loro epoca, chiamati, per così dire, verso le nove, riceveranno anch'essi la felicità della risurrezione insieme a noi. Altri giusti, Mosè e Aronne, e tutti gli altri chiamati con essi, per così dire, verso mezzogiorno, riceveranno anch'essi la felicità della risurrezione insieme a noi. Dopo di essi i santi Profeti, chiamati, per così dire, verso le tre pomeridiane, riceveranno la medesima felicità della risurrezione insieme con noi. Alla fine del mondo tutti i cristiani, come se fossero stati chiamati all'ultima ora del giorno, riceveranno con quelli la felicità della risurrezione. La riceveranno tutti nello stesso tempo: vedete però dopo quanto tempo la riceveranno i primi. Se dunque i primi la riceveranno dopo molto tempo, noi la riceveremo dopo breve tempo; anche se la riceveremo insieme con loro, sembrerà che l'avremo ricevuta per primi, perché la nostra ricompensa non tarderà.
4. 6. Rispetto a quella ricompensa saremo dunque tutti uguali, i primi come gli ultimi e gli ultimi come i primi; poiché quella moneta, il "denaro", rappresenta la vita eterna, nella quale tutti saranno uguali. Anche se infatti risplenderanno secondo la diversità dei meriti, chi più, chi meno, tuttavia per quanto riguarda la vita eterna, questa sarà uguale per tutti. Poiché ciò ch'è ugualmente eterno non avrà una durata più lunga per uno e più breve per un altro; ciò che non ha fine non l'avrà né per te né per me. Lì risplenderà in un modo la castità coniugale e in un altro modo l'integrità verginale; in un modo sarà lì il frutto delle opere buone, in un modo diverso la corona della passione. Il premio degli uni sarà più elevato di quello degli altri; tuttavia per quanto riguarda il vivere in eterno, quello non vivrà più a lungo d'un altro né questo più a lungo di quello. Essi vivranno ugualmente all'infinito, pur vivendo ciascuno circondato dal proprio splendore e quel "denaro" è la vita eterna. Non deve quindi brontolare chi riceve dopo molto tempo, contro colui che lo riceve dopo poco tempo. A uno si paga il dovuto, a un altro si concede un dono, ma agli uni e agli altri viene data la medesima ricompensa.
5. 7. Qualcosa di simile esiste anche in questa vita, a prescindere dalla spiegazione di questa parabola per cui s'intendono chiamati alla prima ora Abele e i giusti della sua epoca, verso le nove Abramo e i giusti del suo tempo, verso mezzogiorno Mosè e Aronne e i giusti del loro tempo, verso le tre pomeridiane i Profeti e i giusti loro coevi, all'ultima ora del giorno, come per dire alla fine del mondo, tutti i cristiani; prescindendo da questa spiegazione della parabola presa in esame, anche nella nostra vita terrena si può osservare la verità racchiusa nella stessa parabola. In realtà sono chiamati, per così dire, alla prima ora coloro che diventano cristiani appena usciti dal seno della loro madre; verso le nove gli adolescenti, verso mezzogiorno i giovani, verso le quindici quelli che si avvicinano alla vecchiaia, all'ultima ora i vecchi decrepiti del tutto, ma tutti sono destinati a ricevere la medesima moneta della vita eterna.
6. 8. Dovete dunque fare attenzione e capire, fratelli miei, per evitare che qualcuno differisca di andare a lavorare nella vigna, perché è sicuro per il fatto che in qualunque tempo vi andrà riceverà la stessa moneta. È vero: egli è sicuro che gli è promessa la moneta d'un denaro, ma non gli si ordina di procrastinare. In effetti anche quelli che il padrone, uscito per ingaggiare operai, trovò verso le nove ingaggiandoli e conducendoli nella vigna, gli dissero forse: "Aspetta, non ci andremo se non a mezzogiorno"? Oppure quelli che trovò a mezzogiorno gli dissero forse: "Andremo a lavorare solo verso le tre pomeridiane"? Oppure quelli trovati verso le quindici gli dissero forse: "Ci andremo solo all'ultima ora. Poiché a tutti darà la medesima paga, perché dovremmo faticare di più?". Che cosa egli darà e che cosa farà lo decide lui solo senza dipendere da nessuno; tu invece, quando sei chiamato devi andare. Sì, è promesso un compenso uguale per tutti, ma la questione importante è proprio quella dell'ora in cui si deve andare a lavorare. Facciamo per esempio il caso di quelli chiamati a mezzogiorno, che si trovano cioè nell'età del corpo in cui la giovinezza è ardente come lo è il calore del sole a mezzogiorno; orbene, se quei giovani chiamati gli dicessero: "Aspetta, poiché abbiamo udito nel Vangelo che tutti riceveranno la stessa paga, andremo all'ultima ora quando saremo vecchi; perché dovremmo lavorare di più dal momento che dovremo ricevere la medesima paga di tutti gli altri?". A essi verrebbe rivolta la seguente risposta: "Non vuoi lavorare, tu che non sai se vivrai fino alla vecchiaia? Sei chiamato a mezzogiorno. Va'. È vero che il padrone ti ha promesso un "denaro" anche se vai nella vigna all'ultima ora, ma nessuno ti ha promesso se vivrai fino alla prima ora del pomeriggio. Non dico fino all'ultima ora del giorno ma fino alla prima ora dopo mezzogiorno. Perché dunque ritardi a seguire chi ti chiama, mentre sei sicuro del compenso ma incerto del giorno? Bada di non togliere a te stesso, a causa del tuo differire, ciò ch'egli ti darà in base alla sua promessa". Se ciò si dice giustamente dei bambini appartenenti per così dire alla prima ora, dei ragazzi appartenenti - diciamo così - alle nove del mattino, se ciò si dice giustamente dei giovani che si trovano per modo di dire nell'ardore del mezzodì, quanto più giustamente si dice dei decrepiti: "Ecco, è già l'ultima ora e ancora stai fermo e sei restìo ad andare?".
7. 9. Oppure il padrone non è forse uscito a chiamare te? Se non è uscito, che significa ciò di cui parliamo? Poiché noi, servitori della sua famiglia, siamo stati inviati a ingaggiare operai. Perché dunque te ne stai lì in ozio? Hai già compiuto un bel numero di anni, affrettati a ricevere la moneta del "denaro". L'uscire del padrone vuol dire infatti farsi conoscere, poiché uno che sta in casa rimane nascosto allo sguardo di coloro che sono fuori; quando però uscirà di casa sarà visto da quelli di fuori. Quando Cristo non è compreso e riconosciuto, rimane nascosto; quando invece viene riconosciuto, esce ad ingaggiare operai. Egli uscì dalla sua condizione occulta alla notorietà. Cristo è ora conosciuto, ovunque Cristo viene annunciato; tutti quanti gli esseri che sono sotto il cielo proclamano la gloria di Cristo. Fu messo in ridicolo in un certo qual modo e rimproverato tra i giudei, apparve umile, fu disprezzato. In effetti nascondeva la sua divinità mentre manifestava la debolezza della sua umanità. Fu disprezzata in lui la natura ch'era palese, e non fu conosciuta la natura ch'era nascosta. Se infatti l'avessero conosciuta, non avrebbero mai crocifisso il Signore della gloria 8. Dovrebbe essere forse disprezzato ancora adesso che si trova in cielo, se fu disprezzato quando era appeso alla croce? Quelli che lo avevano crocifisso scuotevano la testa in segno di disprezzo e stando in piedi davanti alla sua croce e, come se fossero arrivati a godere il frutto del loro furore, lo insultavano dicendo: Se è vero ch'è il Figlio di Dio, scenda dalla croce 9. Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso? Scenda ora dalla croce e noi crederemo in lui 10. Non discendeva perché voleva rimanere nascosto. In realtà sarebbe potuto scendere molto più facilmente dalla croce Colui che poté risorgere dal sepolcro. Per darci un insegnamento mostrava la pazienza, differiva la potenza e non fu riconosciuto. Allora infatti non era uscito per prendere operai a giornata, non era uscito, cioè non s'era rivelato. Il terzo giorno risuscitò, si mostrò ai discepoli, salì al cielo e inviò lo Spirito Santo cinquanta giorni dopo la risurrezione, dieci dopo l'ascensione. Lo Spirito Santo ch'era stato inviato riempì tutti i discepoli ch'erano radunati in una stanza in numero di centoventi. Ripieni dello Spirito Santo cominciarono a parlare nella lingua di tutti i popoli 11, fu da loro comunicata la chiamata alla fede; il padre di famiglia uscì a ingaggiare operai. Infatti cominciò a manifestarsi a tutti la potenza della verità. Orbene allora, dopo aver ricevuto lo Spirito Santo anche uno solo, dico: anche uno solo, parlava nella lingua di tutti i popoli. Ora invece nella Chiesa la stessa unità parla, come una sola persona, la lingua di tutti i popoli. A quale lingua non è giunta la religione cristiana? A quali paesi non è arrivata? Non c'è più chi si possa nascondere al suo calore 12; eppure ancora indugia chi se ne sta ozioso all'ultima ora.
8. 10. È dunque chiaro, fratelli miei, è del tutto chiaro, tenetelo bene a mente, siatene certi: il nostro Dio Gesù Cristo, quando uno si converte alla fede cristiana, rinunciando alla propria condotta inutile, smodata e pessima, gli rimette tutti i peccati e, come quando sono condonati i debiti, si stipula con lui un nuovo contratto. Vengono perdonati assolutamente tutti i peccati. Nessuno sia preoccupato che non gli venga perdonato qualche peccato. D'altra parte però nessuno sia falsamente sicuro. Poiché uccidono l'anima questi due pessimi sentimenti spirituali: o la disperazione o la speranza temeraria. Ascoltate poche considerazioni su questi due mali. Ebbene, allo stesso modo che libera la speranza buona e giusta, così inganna la speranza illusoria. Dapprima osservate in qual modo inganni la disperazione. Ci sono delle persone che, quando pensano al male da loro commesso, credono di non poter essere perdonati, suppongono che l'anima ormai è perduta, e per la disperazione si perdono dicendo tra sé: "Ormai non abbiamo più alcuna speranza perché le numerose e gravi colpe da noi commesse non ci possono essere assolte o perdonate; perché dunque non soddisfare le nostre passioni? Appaghiamo almeno tutte le brame di piacere del tempo presente, poiché non avremo alcuna gratificazione nel futuro. Facciamo pure tutto ciò che ci piace, anche se non è lecito, affinché assaporiamo almeno le dolcezze temporali, dato che non meritiamo quelle eterne". Dicendo così, per disperazione, vanno in rovina, sia prima d'arrivare completamente alla fede, sia già diventati cristiani e caduti in peccati e delitti vivendo disonestamente. È allora che si presenta loro il padrone della vigna e, mentre la disperazione fa loro voltare le spalle a colui che li chiama, bussa e per bocca del profeta Ezechiele grida: In qualunque giorno uno si allontanerà dalla sua pessima condotta, io dimenticherò tutti i suoi peccati 13. All'udire queste parole e prestando loro fede, vengono guariti dalla disperazione ed escono dal fondo di quell'abisso in cui si erano sprofondati.
9. 11. Riguardo però a coloro i quali non son potuti morire per la disperazione mentre muoiono a causa d'una irragionevole speranza, bisogna temere che vadano a precipitare in un altro abisso. Questi tali la pensano in modo di gran lunga diverso, è vero, ma non meno funesto e, al contrario dei disperati, dicono nel loro cuore: "Se è vero che in qualunque giorno mi allontanerò dalla mia pessima condotta, Dio misericordioso - come ha promesso veracemente per bocca del profeta Ezechiele - dimenticherà tutti i miei peccati, perché dovrò convertirmi oggi e non domani? Perché oggi e non domani? Il giorno d'oggi passi pure, come quello di ieri, in piaceri quanto mai dissoluti, nell'abisso d'azioni vergognose, si voltoli nei godimenti mortiferi; domani mi convertirò e sarà la fine". Ti si ribatterà: "La fine di che cosa?". Tu dirai: "La fine dei miei peccati". "Bene, rallegrati perché domani sarà la fine dei tuoi peccati". Ma che dire se prima di domani verrà la tua fine? È dunque giusto che ti rallegri perché Dio ti ha promesso il perdono per i tuoi peccati una volta che ti sarai convertito, è vero, ma il domani non te lo ha promesso nessuno. Oppure se te lo ha promesso un astrologo, questo è un essere di gran lunga diverso da Dio. Gli astrologi hanno ingannato un gran numero di persone poiché spesso hanno promesso anche a se stessi dei guadagni ma hanno invece incontrato delle perdite ". Il padrone dunque si presenta anche a quelli che sperano senza ragione. Allo stesso modo che s'era presentato a coloro che funestamente avevano disperato ed erano andati in rovina a causa della disperazione e li aveva richiamati alla speranza, così si avvicina anche a costoro che sperando senza fondamento vogliono andare a finir male, e dice loro mediante un altro libro: Non tardare a convertirti al Signore 14, Allo stesso modo che ai primi aveva detto: In qualunque giorno il peccatore si sarà allontanato dalla sua condotta pessima, io dimenticherò tutti i suoi peccati 15; e aveva rimosso da loro la disperazione a causa della quale avevano abbandonato la loro anima alla perdizione, poiché disperavano assolutamente del perdono, così esce incontro a coloro che sperando e rimandando la conversione vogliono andare in perdizione, e parla ad essi e li rimprovera dicendo: Non tardare a convertirti al Signore e non rimandare di giorno in giorno; poiché all'improvviso scoppierà la sua ira e al tempo del castigo ti annienterà 16. Non differire, non chiudere contro di te la porta ch'è aperta. Ecco, colui che ti concede il perdono ti apre la porta; perché indugi ad entrare? Avresti dovuto rallegrarti, se ti avesse aperto qualora tu avessi bussato; tu non hai bussato, eppure egli apre e tu rimani fuori? Non rinviare, dunque. Parlando delle opere di misericordia la Scrittura dice in un passo: Non dire: Va', ripassa, te lo darò domani, quand'è in tuo potere di fare subito il favore 17, poiché non sai che cosa ti può capitare il giorno seguente. Hai sentito il precetto di non procrastinare ad essere misericordioso verso un altro e tu sei crudele verso di te stesso rinviando la tua conversione? Non devi differire quando hai intenzione di dare a uno il pane e rinvii quando hai intenzione di ricevere il perdono? Se avendo pietà d'un altro non rinvii l'opera buona, abbi pietà dell'anima tua piacendo a Dio 18. Fa' l'elemosina anche all'anima tua. Non diciamo che tu la dia a lei, ma ti diciamo di non respingere la mano di Colui che la dà.
10. 12. Talora però gli uomini si arrecano moltissimo danno quando temono di offendere altri. Non solo i buoni amici hanno molta influenza per il bene ma l'hanno anche i cattivi amici per il male. Per questo motivo il Signore, per farci disprezzare l'amicizia dei potenti a prò della nostra salvezza, non volle prima scegliere i senatori, ma i pescatori. Grande misericordia del Creatore! Poiché sapeva che, se avesse scelto un senatore, questi avrebbe potuto dire: "È stata scelta la mia dignità". Se prima avesse scelto un ricco, questi avrebbe potuto dire: "È stata scelta la mia ricchezza". Se prima avesse scelto un generale, questi avrebbe potuto dire: "È stata scelta la mia autorità". Se prima avesse scelto un oratore, questi avrebbe potuto dire: "È stata scelta la mia eloquenza". Se prima avesse scelto un filosofo, questi avrebbe potuto dire: "È stata scelta la mia sapienza". Frattanto - dice il Signore - siano rinviati a più tardi cotesti superbi, sono molto gonfi. C'è d'altra parte una differenza tra la grandezza e la gonfiezza dell'orgoglio; tutt'e due sono cose di grandi dimensioni, ma non sono tutt'e due sane. "Siano dunque rinviati a più tardi - dice - questi superbi, devono essere guariti mediante qualcosa di solido". "Dammi prima - dice - questo pescatore". Vieni tu, o povero, seguimi; non hai nulla, non sai nulla, seguimi. Tu che sei ignorante e povero, seguimi! Tu non hai nulla che spaventi, ma hai molto che si può riempire. Bisogna avvicinare a una sorgente così abbondante il recipiente vuoto. Ha abbandonato le reti il pescatore, ha ricevuto la grazia il peccatore ed è diventato divino oratore. Ecco che cosa ha fatto il Signore, di cui l'Apostolo dice: Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, e ha scelto ciò ch'è ignobile nel mondo e ciò che non esiste, quasi esistesse, per annientare ciò che esiste 19. Adesso dunque si leggono le parole dei pescatori e si chinano le teste degli oratori. Vengano quindi tolti di mezzo i venti sterili, si tolga di mezzo il fumo, che svanisce col gonfiarsi: cose queste che bisogna assolutamente disprezzare per la salvezza.
10. 13. Supponiamo che in una città ci sia uno malato nel corpo e ci sia lì un medico abilissimo, nemico però dei potenti amici del malato; supponiamo dunque che ci sia in una città uno colpito da una pericolosa malattia fisica e nella medesima città ci sia un bravissimo medico, nemico però - come ho detto - degli amici potenti del malato che dicessero: "Non ti servire di lui, è un ignorante"; poniamo però che lo dicano per malanimo, non in base a un retto giudizio; quel malato non metterebbe forse da parte le chiacchiere maligne degli amici potenti per provvedere alla propria salute? non ricorrerebbe forse a quel medico, proclamato abilissimo dall'opinione pubblica, a costo di subire qualsiasi affronto da parte degli amici, pur di vivere qualche giorno in più, allontanando la malattia dal proprio corpo?
11. 13. Anche il genere umano è malato non a causa d'una malattia fisica, ma per i peccati. Su tutta la terra da Oriente ad Occidente sta disteso un gigantesco malato. Per guarire questo enorme malato è venuto dal cielo il Medico onnipotente. Si è abbassato fino a prendere la carne mortale, per accostarsi - diciamo così - fino al letto del malato. Egli dà precetti fonti di salvezza, ma da alcuni viene disprezzato: coloro però che lo ascoltano, vengono salvati. Viene disprezzato allorché gli amici potenti dicono: "È un ignorante". Ma se fosse un ignorante, la sua potenza non avrebbe raggiunto tutti i popoli. Se fosse un ignorante, non sarebbe esistito prima d'essere con noi. Se fosse un ignorante non avrebbe inviato prima di lui i Profeti. Non si adempiono forse ora le predizioni fatte in precedenza? Con l'adempiere le sue promesse non dimostra forse questo Medico la potenza della sua arte? Non vengono forse abbattuti in tutto il mondo errori dannosi e mediante la trebbiatura cui è sottoposto il mondo non vengono forse vinte le passioni? Nessuno dica: "Prima il mondo era migliore di adesso; da quando questo Medico ha cominciato ad esercitare la sua arte, assistiamo a spaventosi disastri". Non ti devi stupire. Prima che qualcuno venisse curato, si vedeva l'ambulatorio del Medico mondo di sangue. Tu, al contrario, costatando questa realtà, rinuncia alle vane delizie, recati dal Medico poiché è tempo di guarire, non di darsi al piacere.
11. 14. Facciamoci dunque curare, o fratelli. Se riconosciamo il medico, non dobbiamo infierire contro di lui come i frenetici, non dobbiamo allontanarci da lui come i letargici. In effetti molti son periti per il loro infierire e molti col dormire. Sono frenetici coloro che a causa dell'insonnia sono furiosi. I letargici invece sono coloro che sono oppressi da un sonno prolungato. Del tutto simili a questi tali sono gli uomini. Alcuni vogliono accanirsi contro questo Medico, e siccome egli già sta in cielo, perseguitano sulla terra le sue membra, cioè i fedeli. Egli cura anche individui di tal genere. Molti di essi si sono convertiti e da nemici son diventati amici, da persecutori son diventati predicatori. Egli guarì perfino dei giudei simili a questi che avevano infierito contro di lui quand'era quaggiù, li guarì come fossero dei frenetici quando, appeso alla croce, pregò per loro: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno 20. Molti di loro tuttavia, calmatosi il loro furore, come se la frenesia fosse stata soffocata, riconobbero Dio, riconobbero il Cristo. Dopo l'ascensione di Cristo e la discesa dello Spirito Santo, si convertirono al Signore ch'essi avevano crocifisso e, diventati credenti, bevvero nel Sacramento il sangue che avevano versato con l'usare ogni sevizia contro di lui.
12. 15. Abbiamo degli esempi. Perseguitava le membra di Colui che già si trovava in cielo Saulo; le perseguitava in preda a grave furore, spinto da propositi scellerati, da una violenta malattia. Ma il Cristo gridandogli dal cielo solamente: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 21 lo abbatté frenetico e lo rialzò guarito; uccise il persecutore, diede vita al predicatore. Vengono guariti anche molti letargici. A questi sono simili quanti non infieriscono contro il Cristo e non sono cattivi verso i cristiani, ma soltanto languiscono ritardando con frasi sonnolente, sono pigri ad aprire gli occhi alla luce e non sopportano coloro che desiderano svegliarli. "Va' via da me - dice il malato di sonnolenza - te ne prego, va' lontano da me". "Perché?". "Desidero dormire". "Ma questa malattia ti condurrà alla morte". Ma egli, per amore del sonno, risponde: "Voglio morire". Ma la carità dall'alto ribatte: "Io però non lo voglio". Spesso questo sentimento lo manifesta anche un figlio al padre vecchio destinato a morire dopo pochi giorni, essendo ormai davvero al termine della sua vita. Poniamo ch'egli costati ch'è letargico e riconosca che suo padre è oppresso dalla malattia del sonno anche perché il medico gli dice: "Sveglia tuo padre, non lo lasciar dormire, se vuoi che viva"; in tal caso il giovane sta vicino al vecchio, lo tocca, lo pizzica, lo punzecchia, gli dà noia per amore e non lascia morire subito il padre destinato a morire a causa della stessa vecchiaia; se poi il padre continua a vivere, il figlio si rallegra perché così egli che dovrà succedergli vivrà qualche giorno in più con il padre destinato a morire. Con quanta maggior carità dobbiamo essere molesti ai nostri amici per poter vivere con loro non pochi giorni in questo mondo ma in eterno con Dio? Cerchino dunque di volerci bene e mettano in pratica ciò che ascoltano da noi e "coltivino" Colui che "coltiviamo" anche noi, perché ricevano il premio che speriamo anche noi. Rivolti al Signore, ecc.