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REFAZIONE.Credo di aver risposto a sufficienza alle questioni riguardanti l'Apostolo. Ora, nel secondo libro, affronterò quelle che mi hai chiesto sui Libri dei Re; esse, come molte o quasi tutte dei libri antichi, sono piene di figure e avvolte di misteri. E sebbene il velo venga tolto 1, poiché siamo passati a Cristo, tuttavia ora vediamo in maniera confusa, allora faccia a faccia. Pertanto il velo impedisce totalmente la vista, la maniera confusa invece, come in uno specchio, non permette la percezione perfetta ma neppure oscura completamente la verità, come afferma il medesimo Apostolo: Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa 2. Guidati dal Signore, affrontiamo dunque anche queste questioni, sostenuti più dalle tue preghiere che appesantiti dalle tue domande. Tanto più perché dalla tua lettera ho capito che tu non mi chiedi di spiegare il significato della profezia: il che mi sarebbe stato veramente difficile obbedirti, perché avrei dovuto, da tutto il contesto di questi libri, ricavare l'intenzione e, anche se avessi la capacità intellettuale, tuttavia la grandezza del lavoro me lo impedirebbe; se poi bisogna affrontarlo, occorre maggiore calma e tempo. Ma ora tu desideri conoscere che ti spieghi per lettera come io intendo le stesse realtà degli avvenimenti, che sono indicati dalle parole richiamate da te.
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RIMA QUESTIONE: L'azione dello Spirito nei Profeti.1. 1. Certamente il primo quesito che mi hai pregato di spiegare dal Primo Libro dei Re è il senso delle parole: E lo Spirito del Signore investì Saul 3, mentre altrove dice: e uno spirito cattivo del Signore atterriva Saul 4. Infatti così sta scritto: Ed ecco, quando Saul ebbe voltate le spalle per partire da Samuele, Dio gli mutò il cuore e tutti quei segni si verificarono il giorno stesso. E di là salì sul colle ed ecco una schiera di Profeti di fronte a lui e lo Spirito di Dio lo investì e si mise a fare il profeta in mezzo a loro 5. Samuele in realtà glielo aveva predetto, quando lo aveva consacrato su comando del Signore. Non credo che questo presenti delle difficoltà, perché lo Spirito soffia dove vuole 6 e nessun contatto d'anima può macchiare lo spirito profetico. Per la sua purezza si diffonde dappertutto 7. Ora egli non opera in tutti allo stesso modo: in alcuni mediante una rappresentazione dello spirito umano, dove si mostrano le immagini delle cose; in altri mediante un prodotto intellettuale della mente; in altri mediante l'una e l'altra ispirazione; in altri infine a loro insaputa. Ma l'azione, tramite la rappresentazione dello spirito, avviene in due modi: o nei sogni, come hanno provato non solo molti santi, ma anche il Faraone e il re Nabucodonosor hanno visto cose che nessuno dei due era capace di intendere ma che entrambi tuttavia hanno potuto vedere 8; o nella manifestazione estatica che alcuni latini chiamano " trepidazione ", forse non troppo esattamente ma abbastanza simile, perché avviene un'alienazione dello spirito dai sensi del corpo, di modo che lo spirito dell'uomo, afferrato dallo Spirito divino, è disposto ad accogliere e contemplare le immagini. Così si mostrò a Daniele ciò che non comprendeva e a Pietro la grande tovaglia che scendeva dal cielo, calata per i quattro capi 9; anch'egli solo in seguito comprese il significato di quella apparizione. Ma l'azione divina tramite il prodotto della mente si compie in un unico modo, quando viene rivelato cosa significano e a cosa si riferiscono queste stesse cose mostrate con immagini: questa è la profezia più sicura e che l'Apostolo chiama in modo speciale " profezia " 10. Così Giuseppe meritò di comprendere quello che il Faraone aveva semplicemente visto e Daniele spiega al re ciò che vede senza comprendere. Ma quando la mente è colpita in modo tale da contemplare, con un'indagine congetturale, non le immagini delle cose ma le cose stesse, come si conosce la sapienza, la giustizia e tutte le essenze immutabili e divine, questo non riguarda la profezia, di cui presentemente trattiamo. Ora sono dotati del duplice dono della profezia coloro che in spirito vedono le immagini delle cose e comprendono simultaneamente il loro significato o sono istruiti chiaramente nel corso della visione, come alcune narrate nell'Apocalisse. Lo spirito di profezia colpisce alcuni anche a loro insaputa, come Caifa, il quale, essendo sommo pontefice, profetizzò a proposito del Signore che era meglio che morisse uno solo per la nazione intera 11, anche se nelle parole proferite intendeva altro e ignorava di dirle che non le diceva da se stesso. Gli esempi abbondano nei Libri santi e parlo di cose ben note alla tua esperienza. Tu infatti non le apprendi da me, ma mi metti alla prova, interrogandomi su di esse, desideroso di conoscere i miei progressi e pronto a correggere i miei errori. Ora, con la frase che è stata proposta: Lo Spirito del Signore investì Saul 12, è indicato il soffio improvviso emanato dal misterioso santuario della divinità. Quanto poi a conoscere il modo profetico di cui è stato afferrato Saul in particolare, appare a sufficienza da quello che lì è scritto: Dio mutò il cuore di Saul 13. Indica così una nuova disposizione del cuore che Dio realizzò trasformandolo, per renderlo capace di ricevere immagini simboliche e prefigurative in vista della divinazione profetica.
La profezia permanente e la manifestazione passeggera.
1. 2. Ora c'è una così grande differenza tra la profezia dei Profeti come Isaia, Geremia e gli altri di questa categoria, e questa passeggera che si manifestò in Saul, quanta ne corre tra il linguaggio umano, quando gli uomini parlano, e le parole pronunciate, per eccezionale prodigio, dall'asina su cui cavalcava il profeta Balaam 14. Infatti la giumenta ottenne per un momento questa facoltà, perché Dio mostrasse quanto aveva stabilito e non perché l'animale parlasse abitualmente in mezzo agli uomini. O se questo esempio è troppo remoto e differente, c'è molto meno da meravigliarsi che a un uomo reprobo sia stata momentaneamente e transitoriamente accordata la profezia, dal momento che l'aveva concessa colui che, quando ha voluto, ha fatto parlare anche un'asina. Infatti è maggiore la differenza tra un animale e un uomo che tra il reprobo e gli eletti, che sono pur sempre uomini. Non si deve in realtà ritenere immediatamente sapiente uno che ha detto qualcosa conforme alla sapienza. Così non sarà annoverato tra i profeti uno che avrà talvolta profetizzato, quando lo stesso Signore dice nel Vangelo che alcuni accolgono con gioia la parola, ma non hanno radici profonde e sono incostanti 15. Ecco perché, come indica il versetto seguente, questo detto è passato in proverbio: Anche Saul è tra i profeti 16. Finiamola dunque di meravigliarci, quando negli uomini appare qualcosa di divino che sorpassa il loro merito e la loro condizione, perché Dio vuole forse rivelare qualcosa di particolare per mezzo di una visione.
Saulo e Pietro. Lo Spirito di Dio, senza aggettivi, è buono.
1. 3. Ma se ci sconcerta il fatto che Saul, il quale prima aveva ricevuto lo spirito profetico, fosse poi atterrito da uno spirito perverso che l'aveva invaso, questo non deve sorprenderci, perché l'uno avvenne secondo il disegno di rivelarci qualcosa, l'altro secondo un'azione meritevole di punizione. Queste variazioni nell'animo umano, cioè in una creatura mutevole, non devono agitarci, soprattutto nel tempo in cui si porta una carne corruttibile e mortale. Non sappiamo, come mostra il Vangelo, quanta fosse grande nello stesso Pietro la professione di fede da meritare di udire: Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne e il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli 17; e poco dopo manifestasse sentimenti così carnali sulla passione del Signore da sentire subito: Lungi da me, Satana, tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini? 18 Può anche darsi che, per coloro che hanno una intelligenza un po' più penetrante riguardo alle visioni della mente, questo contrasto, secondo cui Pietro dapprima comprese per rivelazione di Dio Padre che il Cristo era Figlio di Dio e poi si spaventò della sua morte, ha lo stesso valore che hanno, per distinguere le visioni immaginarie che si producono nello spirito di un uomo fuori di senno, la rivelazione profetica che inizialmente aveva ispirato Saul e l'ossessione dello spirito cattivo dal quale poi era oppresso.
1. 4. Che poi lo spirito cattivo è stato chiamato spirito del Signore, deve intendersi allo stesso modo di questa espressione: La terra è del Signore 19, in quanto sua creatura, sottoposta al suo potere. O se questo modo di esprimersi non è conveniente perché la terra non è cattiva, poiché ogni creatura di Dio è buona 20, valga il fatto che lo stesso Saul, già riprovato, criminale e ingrato verso il pio Davide, addirittura suo persecutore, allorché era crudelissimamente accecato dalla gelosia, era pur tuttavia chiamato " unto del Signore ", come lo chiamò Davide stesso quando ne vendicò la morte 21. Ma io piuttosto ritengo che lo spirito cattivo, che tormentava Saul, è stato detto spirito del Signore perché lo agitava per un occulto giudizio del Signore. Il Signore infatti si serve anche di spiriti cattivi come servitori per punire i cattivi e provare i buoni, certamente in modo diverso nei due casi. In realtà anche se uno spirito è malvagio per la cattiva volontà che ha di nuocere, non riceve tuttavia il potere di nuocere se non da colui che ha ordinato tutte le cose secondo certi e giusti gradi di meriti. Perché come nessuna cattiva volontà viene da Dio, così non c'è potere se non da Dio 22. E quantunque ognuno abbia invero la volontà, non ha però il potere di fare qualcosa ad un altro o di soffrire da parte di un altro. Infatti anche lo stesso Figlio unico di Dio, nel momento di subire la passione, all'uomo che gli parlava con arroganza e diceva di avere il potere di ucciderlo o di liberarlo, ha risposto umilmente: Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto 23. Anche il diavolo, volendo recare danno al santo Giobbe, era certamente diavolo nella volontà, tuttavia chiese il permesso a Dio dicendo: Stendi la tua mano e toccalo nella carne 24, sebbene, avuto il permesso, lo avrebbe fatto egli stesso. In tal modo chiedeva infatti il permesso e chiamava " mano del Signore " la propria mano autorizzata dal Signore, ossia il potere stesso che desiderava ricevere. A questo si accorda quanto il Signore dice ai discepoli nel Vangelo: Satana vi ha cercato questa notte per vagliarvi come il grano 25. Dunque è stato chiamato cattivo lo spirito di Dio, ossia servitore di Dio, per eseguire in Saul il castigo che il giudice onnipotente riteneva giusto. Poiché quello spirito, in quanto era cattivo di volontà, non era di Dio, ma per la natura, secondo cui era stato creato, e il potere, che non era suo ma aveva ricevuto dalla giustizia del Signore di tutte le cose, egli era di Dio. Anche il modo di esprimersi della Scrittura è così: Samuele si alzò e tornò a Rama. E lo Spirito del Signore si era ritirato da Saul ed egli veniva atterrito da uno spirito cattivo da parte del Signore, che lo soffocava. Allora i servi di Saul gli dissero: " Vedi, un cattivo spirito del Signore ti turba" 26. Come questa espressione sia stata detta dai suoi servi: un cattivo spirito del Signore, lo indicano le parole precedenti della Scrittura che narrano il fatto e dicono: uno spirito cattivo da parte del Signore. Invero questo spirito è del Signore perché viene da parte del Signore. Egli infatti aveva da se stesso la volontà di nuocere, ossia di impadronirsi di Saul; ma non ne aveva il potere senza il permesso della suprema giustizia. Infatti, come afferma l'Apostolo, se Dio punisce giustamente quando abbandona gli uomini ai desideri del loro cuore 27, non c'è da stupirsi se, per giusta punizione, li abbandona anche ai desideri sregolati di altri che vogliono danneggiarli, salva sempre la sua inalterabile giustizia.
Lo Spirito Santo consustanziale al Padre e al Figlio.
1. 5. Bisogna notare bene l'aggiunta che viene usata: uno spirito cattivo del Signore. Ora, quando si dice semplicemente: spirito di Dio, anche senza aggiungere "buono ", s'intende che è buono. Ne consegue che lo spirito di Dio si dice buono secondo l'essenza, cattivo secondo il servizio che esercita. Si potrebbe ancora domandare se quando si parla di spirito di Dio, e già di per sé si intende che è buono, anche senza aggiungere nulla, debba intendersi quello che nella Trinità è lo Spirito Santo, consustanziale al Padre e al Figlio, di cui si dice: Dov'è lo Spirito del Signore, là c'è libertà 28, e anche: A noi Dio le ha rivelate per mezzo del suo Spirito 29, e inoltre: e nessuno conosce le cose di Dio se non lo Spirito di Dio 30. E in molti luoghi lo Spirito di Dio è nominato così e si intende lo Spirito Santo anche se non lo si aggiunge, perché il contesto indica a sufficienza di chi si parla, sicché a volte neppure si aggiunge " di Dio " e tuttavia s'intende lo Spirito di Dio eminentemente Santo. L'Apostolo infatti di che altro parla quando dice: Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio 31, e: Lo Spirito stesso viene in aiuto alla nostra debolezza 32; di nuovo: Tutte queste cose le opera l'unico e medesimo Spirito che le distribuisce a ciascuno come vuole 33; e: Vi sono diversità di doni, ma uno solo è lo Spirito 34? In tutti questi passi non viene aggiunto né " di Dio ", né " santo ", e tuttavia s'intende lo Spirito Santo. Ma io non so se è possibile dimostrare, con qualche esempio manifesto, che in qualche passo, dove sia detto Spirito di Dio senza aggiunta, non si tratti dello Spirito Santo ma di qualche spirito buono, però creato e fatto. Infatti i testi che vengono proposti sono dubbi e hanno bisogno di una prova più evidente, come quello dov'è scritto: Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque 35. Anche qui non trovo nulla che impedisca di intendere lo Spirito Santo. Infatti, quando col termine acque si insinua la materia informe, che è stata creata dal nulla e dalla quale sarebbero state formate tutte le cose, che cosa proibisce di intendere lo Spirito Santo del Creatore che aleggiava su questa materia non per cambiamenti di luogo e per intervalli di spazio - cosa che non può dirsi correttamente di alcun essere incorporeo -, ma per l'eccellenza e la preminenza di una volontà dominante su tutte le cose per portarle all'esistenza? Tanto più che questo modo di esprimersi, com'è usuale nelle Sacre Scritture, ha anche una certa risonanza profetica e preannunzia il mistero del futuro Battesimo del popolo che sarebbe nato dall'acqua e dallo Spirito Santo. Pertanto le parole: Lo Spirito aleggiava sulle acque, non obbligano, come ritengono alcuni, ad intendere quello spirito dal quale è come animata questa massa corporea dell'universo per permettere alle creature corporee di generarsi e conservarsi secondo le loro specie. Infatti un tale essere sarebbe anch'esso creatura. Anche a proposito del testo: Lo Spirito del Signore riempie l'universo 36, non manca chi vuole intendere quello spirito che, in quanto creatura invisibile, abbraccia e vivifica con un soffio universale tutta la creazione visibile. Ma neppure qui io vedo che cosa impedisca d'intendere lo Spirito Santo, quando Dio stesso dice in un Profeta: Io riempio il cielo e la terra 37. Dio infatti non riempie il cielo e la terra senza il suo santo Spirito. Che c'è dunque di strano se del suo santo Spirito è stato detto: Ha riempito l'universo 38? Infatti egli riempie in un modo quando santifica, come si dice di Stefano: Era pieno di Spirito Santo 39, e di molti altri; in altro modo riempie con la grazia santificante, come avviene per alcuni santi, e in un altro ancora riempie tutte le cose con la sua presenza manifesta e ordinatrice. In conclusione, non so se si può provare con un documento certo della Scrittura che, quando si parla di Spirito di Dio o di Spirito del Signore senza alcuna aggiunta, ci si riferisca a qualcosa di diverso dallo Spirito Santo. Ma quand'anche ci sia un testo che ora non ricordo, ritengo per certo che non è temerario affermare che, ogniqualvolta nella Sacra Scrittura si menziona lo Spirito di Dio senza aggiungere altro, si intende o lo Spirito Santo consustanziale al Padre e al Figlio o qualche creatura invisibile; non si può però intendere uno spirito cattivo, a meno che non si aggiunga questa qualifica. Poiché Dio utilizza a buon fine anche lo spirito cattivo come esecutore della sua giustizia, si chiama anch'egli spirito di Dio perché serve a castigare i cattivi e a educare e provare i buoni.
Lo Spirito di Dio in Saul.
1. 6. Ora non deve meravigliarci neppure ciò che segue: che Saul, dopo la venuta dello Spirito di Dio su di lui, abbia profetizzato e come dopo il buon spirito sia subentrato il cattivo e di nuovo il buono dopo il cattivo. Questo infatti succede non a causa dell'incostanza dello Spirito Santo, che è immutabile con il Padre e il Figlio, ma a causa della mutabilità dello spirito umano, poiché Dio distribuisce tutte le cose sia ai cattivi, secondo il merito di condanna o di correzione, che ai buoni, secondo la liberalità della sua grazia. Si potrebbe anche ritenere che in Saul ci sia stato sempre il medesimo Spirito di Dio e che per lui era cattivo perché egli era indegno della sua santità. Ma questa opinione non sembra corretta. In effetti è più sicuro e più vero questo modo di sentire: lo spirito buono di Dio, in conformità alla mutevolezza degli affetti umani, influisce positivamente o per profetizzare o per realizzare qualche buona opera secondo il beneplacito di Dio; e il cattivo influisce negativamente: si chiama anch'egli " spirito di Dio ", perché è a servizio della giustizia divina che distribuisce tutte le cose e le utilizza secondo l'ordine. Tanto più perché sta scritto: Lo Spirito del Signore si era ritirato da lui e uno spirito cattivo da parte del Signore si era impadronito di lui 40. Non si può infatti ammettere in alcun modo che il medesimo spirito si sia ritirato e si sia impadronito di lui. Ma in molti esemplari, soprattutto in quelli che presentano una traduzione letterale dall'ebraico, si trova " spirito di Dio " impiegato senza aggiunta e si capisce che è cattivo dal fatto che investiva Saul e Davide lo calmava suonando la cetra. È chiaro tuttavia che non è stato aggiunto " cattivo ", perché era già stato detto poco prima e si poteva facilmente sottintendere e capire a motivo di questa prossimità. Ecco infatti cosa leggiamo in questi codici: Ogniqualvolta dunque lo spirito del Signore investiva Saul, Davide prendeva la cetra e la suonava con la sua mano e Saul si calmava e si sentiva meglio, perché lo spirito cattivo si ritirava da lui 41. Sia dunque che qui non è detto " spirito di Dio " ma solamente spirito cattivo - e ciò che allora era stato omesso qui appare manifesto -, sia che era stato notato precedentemente: Allora i servi di Saul gli dissero: " Vedi, il cattivo spirito di Dio ti turba. Comandi il signor nostro e i tuoi servi che stanno attorno a te cercheranno un uomo abile a suonare la cetra, perché quando lo spirito cattivo ti investirà, egli suoni con la sua mano, e ti sentirai meglio " 42; non c'era bisogno di aggiungere " cattivo ", quando era detto di nuovo: ogni volta che lo spirito di Dio investiva Saul, perché era chiaro di chi allora si stava parlando.
Saul, persecutore di Davide, è corretto dallo spirito profetico.
1. 7. Non di meno c'è una questione più importante da approfondire con attenzione non superficiale: si tratta di quando Saul, pieno di invidia e pazzo di furore, perseguitava l'innocente Davide: Cadde su di lui lo spirito di Dio e andava avanti e profetizzava 43. Qui non si può infatti intendere che lo spirito buono col quale i santi Profeti vedevano immagini e rappresentazioni di avvenimenti futuri, e questo non semplicemente per il fatto che è detto: e profetizzava; infatti nei codici tradotti dall'ebraico si legge ugualmente anche dello spirito cattivo: Il giorno dopo il cattivo spirito di Dio si impossessò di Saul e profetizzava in casa sua 44. Anche in altri passi delle divine Scritture si trova frequentemente che la profezia è definita non solo buona ma anche cattiva, e i Profeti sono chiamati profeti di Baal 45, e ad alcuni è rinfacciato di aver profetizzato nel nome di Baal 46. Non è pertanto necessario ritenere buono lo spirito che in seguito invase Saul, perché è detto: E camminava avanti e profetizzava in casa, ma perché è usato senza aggiunta: e cadde anche su di lui lo Spirito di Dio 47. In verità non è stato detto come nel passo precedente: il cattivo spirito di Dio, così da poterlo sottintendere anche in seguito. Anzi ciò che precede conferma maggiormente che lo Spirito di Dio era buono e veramente profetico. Davide stava infatti con Samuele e Saul spedì messaggeri a catturarlo. Ora quando Samuele era tra i Profeti e nella cerchia dei Profeti, che allora profetizzavano, i messaggeri che erano stati inviati, mossi dallo stesso Spirito, profetizzarono e questo accadde anche ai nuovi inviati e ugualmente a quelli inviati la terza volta. Infine quando venne lo stesso Saul, cadde anche su di lui lo Spirito di Dio e andava avanti facendo il profeta 48. Quando si dice: Lo Spirito di Dio investì i messaggeri e anch'essi fecero i profeti 49, evidentemente era l'identico spirito che ispirava i Profeti, tra i quali c'era anche Samuele. Per questo si deduce necessariamente che era uno spirito buono. Bisogna quindi esaminare diligentemente la questione: come mai anche coloro, che erano stati inviati a catturare un uomo e ad ucciderlo, meritarono di essere investiti da tale spirito e come mai anche Saul, che li aveva inviati e poi sarebbe venuto di persona per spargere sangue innocente, meritò di ricevere quello spirito e di profetizzare?
Doni dello Spirito e carità.
1. 8. Qui cade a proposito ciò che l'apostolo Paolo espone con grande lucidità, quando mostra la via più eccellente. Egli dice: Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, sono un nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova 50. È chiaro che in questo passo ha ricordato i doni distribuiti dallo Spirito per le varie operazioni, come più sopra dice: E a ciascuno è data una manifestazione dello Spirito per l'utilità comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza, a un altro, invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere dei miracoli, a un altro il dono della profezia, a un altro il dono di distinguere gli spiriti, a un altro la varietà delle lingue. Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole 51. Appare quindi a sufficienza che la profezia figura tra i doni dello Spirito: chi tuttavia la possiede senza la carità non è nulla. Dal che si comprende che può accadere che alcuni, indegni della vita eterna e del Regno dei cieli, sono ripieni di certi doni dello Spirito Santo, senza possedere la carità: senza di essa quei doni non sono nulla, ma neppure giovano a loro. Perché, come è stato dimostrato, la profezia senza la carità non conduce al regno di Dio, mentre la carità conduce certamente anche senza la profezia. Infatti quando, parlando dei membri di Cristo, dice: Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? egli mostra senza incertezza che anche chi non possiede la profezia può essere annoverato tra le membra di Cristo; quale posto occuperebbe se non avesse la carità, senza la quale l'uomo non è nulla? Ora, trattando delle membra di Cristo che compongono il corpo di Cristo, non parlerebbe assolutamente così: Hanno forse tutti la carità? come aveva detto: Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti operatori di miracoli? Tutti possiedono doni di far guarigioni? 52, e via dicendo.
Profezia senza carità.
1. 9. Ma qualcuno dirà: Può darsi che uno non ha la profezia e ha invece la carità e di conseguenza appartiene al numero delle membra di Cristo: ma non può accadere di avere la profezia senza la carità, perché l'uomo che possiede la profezia senza la carità è nulla. Ugualmente si potrebbe forse dire che l'uomo che ha l'anima senza l'intelligenza non è nulla: non perché è possibile trovare un uomo dotato di anima senza intelligenza, ma perché non sarebbe nulla se fosse possibile trovarlo. Analogamente si può anche dire: se un corpo ha una figura ma non il colore, non si può vedere; non perché ci sia un corpo senza colore ma perché, se ci fosse, non si potrebbe vedere. Allo stesso modo forse è stato detto che se uno possiede la profezia senza avere la carità non è nulla: non perché in qualcuno possa esserci la profezia senza la carità, ma perché se ci fosse essa non gli servirebbe a nulla. Per risolvere questa questione occorre dunque dimostrare che qualche reprobo ha posseduto il dono della profezia: se non trovassimo nessuno, lo mostrerebbe a sufficienza lo stesso Saul. Ma anche Balaam risulta reprobo, infatti la Scrittura dichiara che era stato condannato da un giudizio divino e tuttavia possedeva la profezia; e poiché gli mancava la carità, in lui c'era la volontà di maledire il popolo d'Israele; un nemico aveva comprato la sua volontà e, a prezzo di denaro, lo aveva assoldato per maledire. Però a motivo del dono profetico, di cui era dotato, benediceva suo malgrado 53. Rafforzano inoltre questa sentenza le parole del Vangelo, che molti ripeteranno in quel giorno: Signore, Signore, noi abbiamo mangiato e bevuto nel tuo nome e abbiamo profetizzato nel tuo nome e abbiamo compiuto molti prodigi nel tuo nome, e tuttavia verrà detto loro: Non vi conosco, allontanatevi da me, operatori d'iniquità. 54 Non crediamo infatti che essi diranno queste cose mentendo in quel giudizio, dove non ci sarà alcuna possibilità di inganno, né leggiamo che la voce di qualcuno di loro dirà: Ti abbiamo amato. Potranno dunque dire: Abbiamo profetizzato nel tuo nome, essendo ingiusti e reprobi; non potranno invece dire: Abbiamo osservato la carità che hai comandato. Poiché, se lo dicono, non si risponderebbe loro: Non vi conosco. Egli dice infatti: Da questo si riconosce che siete miei discepoli, se vi amate a vicenda 55.
Eretici e scismatici hanno i doni dello Spirito senza la carità.
1. 10. Il caso di questo Saul si oppone quindi ai diversi eretici superbi, che negano si possa dare a coloro che non appartengono alla eredità dei santi qualche dono dello Spirito Santo. Quando noi diciamo loro che essi possono avere il sacramento del Battesimo, il quale, allorché rientrano nella Chiesa cattolica, non dev'essere assolutamente contestato in loro né essere amministrato, come se non l'avessero; non devono però confidare nella salvezza perché non riproviamo ciò che riconosciamo che essi hanno ricevuto; ma occorre riconoscere la comunità dell'unità che si instaura nel vincolo della carità, senza la quale non potrebbero assolutamente avere nessuna cosa, ancorché santa e venerabile in se stessa, essi non sarebbero nulla, resisi tanto più indegni del premio della vita eterna quanto più hanno abusato di quei doni che hanno ricevuto in questa vita transitoria. Solo la carità infatti può usarne bene e la carità sopporta tutto 56 e perciò non rompe l'unità di cui costituisce il più forte legame. Infatti anche il servo fannullone ha ricevuto il talento - per talento s'intende qualcos'altro che è certamente un dono divino -, ma: A chi ha sarà dato e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha 57. Non si può togliere quello che non ha; ma gli manca qualcosa perché sia privato con giustizia di ciò che ha: gli manca la carità di usare bene [ciò che possiede], perché gli sia tolto tutto il resto che senza la carità non gli giova.
In che senso lo spirito cattivo è detto spirito di Dio.
1. 11. Non c'è dunque da meravigliarsi che il re Saul, quando fu consacrato, ricevesse prima lo spirito profetico e poi, riprovato per la disobbedienza e ritirandosi da lui lo spirito del Signore, fosse invaso da uno spirito cattivo da parte del Signore che, a motivo dell'ufficio, è chiamato anche Spirito del Signore; perché il Signore fa buon uso anche degli spiriti cattivi o per condannare o per correggere o per provare qualcuno; e sebbene la malizia non venga dal Signore, tuttavia non c'è potere se non da Dio 58. Ugualmente è stato chiamato sonno del Signore quello che aveva assopito i soldati dello stesso Saul, quando Davide portò via la lancia e la brocca posta vicino al capo del re addormentato. Questo non significa che il Signore allora aveva sonno, perché dormiva, ma che quel sonno, che allora si era impadronito degli uomini, era stato infuso per volere di Dio, perché non fosse avvertita in quel luogo la presenza di Davide suo servo. Non c'è pertanto da meravigliarsi se lo stesso Saul ricevesse di nuovo lo spirito profetico, quando perseguitava il giusto, e fosse venuto con l'intenzione di prenderlo e ucciderlo nel luogo ov'era la schiera dei Profeti. Così è stato mostrato a sufficienza che nessuno, se gli manca la carità, deve ormai ritenersi sicuro di un tale dono, come se fosse grandemente accetto a Dio, poiché quel dono, certamente in forza di qualche arcano mistero, poté essere concesso anche a Saul, cioè a un uomo riprovato, geloso, ingrato, che rendeva male per bene e, dopo aver ricevuto lo spirito profetico, non si era affatto corretto né migliorato.
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ECONDA QUESTIONE: Nessun linguaggio è degno di Dio.2. 1. Esaminiamo ora il senso delle parole: Mi pento di aver costituito re Saul 59. Mi chiedi infatti, non certo perché tu ignori il significato di tali parole ma per mettere alla prova, con paterna sollecitudine e benevola premura, le mie forze, come Dio, in cui c'è prescienza assoluta, possa pentirsi di qualcosa. Invero io ritengo indegno di Dio questo modo di dire, ammesso che si trovi qualche espressione degna di lui. Ma poiché la sua eterna potenza e divinità supera meravigliosamente e infinitamente tutte le parole di cui si compongono i discorsi umani, qualunque cosa si dice di lui alla maniera umana, che risulta spregevole anche agli uomini, è un ammonimento alla nostra stessa debolezza che anche le cose, che nelle Sacre Scritture essa ritiene convenientemente applicate a Dio, sono più conformi alla capacità umana che alla sublimità divina; e di conseguenza anch'esse devono essere superate con più serena intelligenza, come sono state sorpassate queste, qualunque sia il modo.
Prescienza e scienza di Dio.
2. 2. Infatti a quale uomo non viene in mente che in Dio, che tutto prevede, non ci può essere pentimento? Certamente queste sono due parole, pentimento e prescienza, di cui crediamo che una, cioè la prescienza, conviene a Dio, e neghiamo che in lui vi sia pentimento. Ma quando uno, esaminando queste cose con attenzione più accurata, ricerca in che modo la stessa prescienza si attribuisca a Dio e scopre che anche il concetto di questo termine è immensamente superato dalla sua ineffabile divinità, non si meraviglia più che, a causa degli uomini, si siano potuti impiegare, parlando di Dio, due termini che, riferiti a lui, risultano inadeguati. Cos'è infatti la prescienza se non la conoscenza del futuro? Ora c'è qualche futuro per Dio che trascende tutti i tempi? Se la conoscenza di Dio abbraccia tutte le cose, esse per lui non sono future ma presenti; ne deriva che non si può parlare tanto di prescienza quanto di scienza. Se invece, come nell'ordine delle creature temporali, così anche in lui le realtà future non sono ancora ma le prevede conoscendole, allora le conosce in due maniere: una secondo la prescienza del futuro, l'altra secondo la prescienza del presente. Dunque alla scienza di Dio si aggiunge qualcosa nel tempo; il che è assolutamente assurdo e falso. Non sa infatti quando accadranno le cose che prevede come future, a meno che non siano conosciute due volte: prevedendole prima che siano e conoscendole quando sono. Ne deriva una conseguenza ben lontana dalla verità, che nel tempo si aggiunge qualcosa alla scienza di Dio, quando le cose temporali, oggetto di prescienza, sono percepite anche presenti: prima di esistere non erano oggetto di esperienza ma solo di prescienza. Se invece anche quando le cose, che si prevedevano future, si realizzano, niente di nuovo si aggiungerà alla scienza di Dio, ma la sua prescienza rimarrà com'era prima che si realizzassero le cose previste: come si potrà parlare ancora di prescienza, quando non è di cose future? Ora infatti sono presenti le cose che prevedeva come future e poco dopo saranno passate. Non si può assolutamente parlare di prescienza a proposito di cose passate e neppure delle presenti. Si ritorna quindi a dire che diventa scienza delle cose presenti quella che era prescienza delle stesse cose future. E quando ciò che in Dio prima era prescienza poi diventa scienza, allora è soggetto al mutamento ed è temporale; mentre Dio, che è essere vero e supremo, è assolutamente immutabile e per nulla soggetto all'oscillazione del tempo. Ci piace quindi parlare non di prescienza ma solo di scienza di Dio: cerchiamo il perché. Noi infatti di solito diciamo di avere scienza quando teniamo a mente sensazioni ed idee, così da poter richiamare quando vogliamo quello che ricordiamo di aver provato e compreso. Se lo stesso accade in Dio in modo che si possa dire a proposito: Egli comprende e ha compreso, sente e ha sentito, allora è soggetto al tempo e quindi s'infiltra quella mutabilità, che è assolutamente da escludersi dall'essenza divina. E tuttavia Dio sa e prevede in modo ineffabile: ugualmente si pente in modo ineffabile. Sebbene poi la scienza divina disti enormemente dalla scienza umana, così da rendere ridicolo il confronto, l'una e l'altra tuttavia si chiamano scienza. Tale invero è anche quella umana, di cui l'Apostolo dice: La scienza sarà distrutta 60; cosa che in nessun modo può ragionevolmente dirsi della scienza divina. Analogamente la collera dell'uomo è violenta e non senza turbamento dell'anima; invece la collera di Dio, di cui parla il Vangelo: Ma la collera di Dio rimane in lui 61; e l'Apostolo: La collera di Dio infatti si rivela dal cielo contro ogni empietà 62, esercita con mirabile giustizia la vendetta sulla creatura che gli è soggetta, mentre Dio rimane sempre tranquillo. Anche la misericordia dell'uomo comporta una certa miseria del cuore, da cui ha ricevuto anche il nome latino. Per questo l'Apostolo esorta non solo a gioire con chi è nella gioia, ma anche a piangere con chi è nel pianto 63. Ora quale uomo sano di mente oserà dire che Dio è afflitto da qualche miseria? Di lui la Scrittura attesta ad ogni passo che è misericordioso. Ugualmente riconosciamo che la gelosia dell'uomo non è senza la peste dell'invidia, mentre la gelosia divina non è così: identica è la parola, ma non il significato.
Il linguaggio umano è inadeguato alla realtà divina.
2. 3. È lungo registrare le altre espressioni - sono innumerevoli - con le quali si dimostra che molte cose divine hanno lo stesso nome delle umane, sebbene siano separate da una distanza incomparabile. Eppure non è inutile riferire gli stessi vocaboli alle une e alle altre, perché queste espressioni conosciute, che si ritrovano nell'uso quotidiano e sono notificate dalla pratica più consueta, offrono una via ad intendere le verità più sublimi. Infatti quando avrò eliminato dalla scienza umana la mutabilità e quei passaggi transitori da un pensiero all'altro e ci sforziamo di cogliere con la mente ciò che poco prima era nascosto e così passiamo da una rappresentazione all'altra con frequenti atti di memoria - il che fa dire all'Apostolo che la nostra conoscenza è parziale 64 -: quando dunque avrò eliminato tutte queste imperfezioni e avrò sprigionato la vitalità unica della verità certa e inalterabile che intuisce tutto con uno sguardo unico ed eterno, o meglio non l'avrò isolata, perché questo sorpassa la scienza umana, ma l'avrò pensata secondo le mie forze, allora mi si disvela in qualche modo la scienza di Dio. Ecco perché questo nome, dal fatto che mediante la conoscenza una cosa cessa di essere nascosta all'uomo, ha potuto essere applicato comunemente a entrambi [a Dio e all'uomo]. Anche se tra gli uomini si suole distinguere la scienza dalla sapienza, come dice anche l'Apostolo: A uno è dato per mezzo dello Spirito un discorso di sapienza, ad un altro un discorso di scienza secondo il medesimo Spirito 65: in Dio però queste non sono due ma una sola. Certamente anche tra gli uomini si fa di solito questa distinzione: la sapienza riguarda probabilmente la conoscenza delle realtà eterne, la scienza invece ciò che sentiamo con i sensi del corpo. Ad altri è però lecito proporre un'altra distinzione: tuttavia, se non fossero diverse, l'Apostolo non le avrebbe distinte così. Se poi è vero che il nome di scienza si riferisce alle cose che conosciamo per esperienza, allora in Dio non c'è assolutamente scienza. Perché in se stesso Dio non si compone di anima e di corpo, come l'uomo. Ma è meglio dire che la scienza di Dio è diversa e non è dello stesso genere di quella dell'uomo, come il nome stesso di Dio è molto diverso da quello usato in questo passo: Dio sta in piedi nell'assemblea degli dèi 66. La comunanza stessa del vocabolo arriva tuttavia fino a qualche forma comune di sapere. Così se anche dall'ira dell'uomo elimino l'agitazione disordinata, sì che rimanga la forza della giustizia vendicativa, allora pervengo in qualche modo alla nozione di ciò che si chiama " collera di Dio ". Ugualmente, se dalla misericordia togli la compassione della miseria, condivisa con colui di cui hai pietà, e rimanga la serena benevolenza di soccorrere e sollevare dalla miseria, viene suggerita una certa cognizione della misericordia divina. Neppure rifiutiamo né disprezziamo la gelosia di Dio, perché la troviamo scritta ma eliminiamo dalla gelosia umana l'oscuro tormento dell'irritazione e la morbosa perturbazione dell'animo, e rimanga soltanto il giudizio, che non permette di lasciare impunita la violazione della castità, e ci eleviamo per iniziare ad intendere in qualche maniera la gelosia di Dio.
Pentimento di Dio.
2. 4. Perciò, quando leggiamo che anche Dio dice: Mi pento 67, dobbiamo considerare che cosa di solito comporti negli uomini il fatto di pentirsi. Si riscontra senz'altro la volontà di cambiare; ma nell'uomo si accompagna al dolore dell'animo, perché rimprovera a se stesso di aver agito temerariamente. Eliminiamo quindi queste imperfezioni derivanti dall'infermità e ignoranza umana e rimanga solo la volontà di non lasciare più le cose com'erano prima, così potremo far penetrare un pochino nel nostro spirito in che senso bisogna intendere il pentimento di Dio. Quando infatti si dice che Dio si pente, manifesta la volontà che una cosa non sia più quella che aveva fatto che fosse; ma che tuttavia, quand'era così, doveva essere così e ora, perché non le si permette di restare tale, non deve più essere così, secondo il giudizio eterno, tranquillo e giusto con cui Dio ordina con volontà immutabile tutte le cose mutevoli.
Pentimento e gelosia di Dio.
2. 5. Ma siccome noi siamo abituati a lodare la previsione e la scienza negli uomini e l'umanità suole piuttosto paventare che biasimare la stessa collera nei potenti, crediamo opportuno attribuire a Dio tali espressioni. Ma poiché chi è geloso e chi si pente di qualcosa, è solito o sentirsi colpevole o correggere la propria colpa, e di conseguenza queste cose si dicono degli uomini con un tono di rimprovero, per questo restiamo sorpresi quando leggiamo che in Dio c'è qualcosa di simile. Ma per questo motivo la Sacra Scrittura, che tutto prevede, impiega queste espressioni perché le cose che piacciono non si attribuiscano a Dio allo stesso modo che si riferiscono abitualmente agli uomini. Infatti per queste cose, che dispiacciono e che non osiamo riferire a Dio come si ritrovano negli uomini, noi impariamo così a purificare anche quelle che ritenevamo adatte e convenienti a Dio. Se infatti non dobbiamo dire di Dio una cosa, perché ci spiace nell'uomo, allora neppure diremo che Dio è immutabile, perché degli uomini è stato detto con tono di rimprovero: Per essi non c'è conversione 68. Vi sono inoltre alcune qualità che sono lodevoli nell'uomo e non possono essere in Dio, come il pudore che è lo splendido ornamento della gioventù, o il timore di Dio, lodato non solo dagli antichi Libri ma anche dall'Apostolo che dice: Portiamo a compimento la santificazione nel timore di Dio 69. È evidente che non c'è in Dio. Come dunque certe qualità lodevoli degli uomini non si applicano correttamente a Dio, così certe altre colpevoli degli uomini si attribuiscono rettamente a Dio: non però allo stesso modo che si ritrovano negli uomini ma solo nell'uso di vocaboli comuni, mentre il significato e il modo sono totalmente diversi. Infatti poco dopo lo stesso Samuele, al quale Dio aveva rivelato: Mi pento di aver fatto re Saul 70, dice a costui a proposito di Dio: Egli non si pente perché non è come l'uomo 71. Con questo mostra a sufficienza che anche quando Dio dice: Mi pento, non bisogna intenderlo alla maniera umana, come abbiamo sostenuto in precedenza secondo le nostre capacità.
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UESTIONE TERZA: Samuele evocato dalla pitonessa.3. 1. Mi domandi inoltre se lo spirito immondo, che era nella pitonessa, ha potuto far vedere Samuele a Saul e parlare con lui 72. Ma desta maggior meraviglia che Satana stesso, principe di tutti gli spiriti immondi, abbia potuto parlare con Dio e chiedere di tentare Giobbe, uomo giustissimo 73; anzi chiese di tentare anche gli Apostoli 74. Ma forse questo non costituisce un difficile problema, perché la verità, ovunque presente, parla, per mezzo di qualsiasi creatura, che vuole, a ogni creatura che vuole: pertanto poco importa a chi parla Dio, ma importa ciò che dice. Anche l'imperatore non parla con molti innocenti, sulla cui salvezza veglia con cura assidua, mentre parla con numerosi colpevoli, che comanda di uccidere. Se questo pertanto non fa problema, non c'è neppure motivo di domandare perché uno spirito immondo abbia potuto parlare con l'anima di un sant'uomo. Dio creatore e santificatore è infatti infinitamente superiore a tutti i santi. Se ci turba l'aver permesso a uno spirito maligno di evocare l'anima di un giusto e richiamarla, per dire così, dai recessi segreti dei morti, non è ancora più strano che Satana abbia preso e portato lo stesso Signore sul pinnacolo del tempio 75? Come poi l'abbia fatto, e come è stato possibile evocare anche Samuele, è ugualmente nascosto. A meno che uno non dica che era più facile concedere al diavolo il permesso d'impadronirsi a suo piacimento del Signore e di trasportarlo dove voleva, che richiamare l'anima del defunto Samuele dal suo riposo. Se questo fatto nel Vangelo non ci sorprende, perché il Signore, senza alcuna diminuzione della sua potenza e volontà, ha voluto e permesso che ciò accadesse, come ha sopportato di essere preso, legato, schernito, crocifisso e ucciso dagli stessi Giudei, quantunque perversi, impuri e collaboratori del diavolo, allora non è assurdo credere che, a causa di una disposizione della volontà divina, sia stato permesso, senza essere forzato né dominato e soggiogato da un potere magico, ma liberamente e in conformità a una segreta decisione di Dio, che era nascosta a quella maga e a Saul, che lo spirito del santo Profeta acconsentisse ad apparire agli occhi del re per colpirlo con la sentenza divina. Perché dunque l'anima di un uomo buono, se viene evocata da uomini che vivono male, dovrebbe perdere la sua dignità, quando anche coloro che vivono bene si recano frequentemente dai cattivi, se sono chiamati, e, salvo e difeso il decoro della loro virtù, compiono con loro ciò che esige il servizio della giustizia, tenendo conto dei loro difetti secondo l'utilità e la necessità delle circostanze?
Il fantasma non lo spirito di Samuele.
3. 2. Di questo fatto si può dare anche un'altra conclusione più facile e un'interpretazione più semplice, ammettendo che non lo spirito di Samuele sia stato veramente evocato dal suo riposo, ma un qualche fantasma o un'illusione immaginaria, frutto di macchinazione diabolica, a cui la Scrittura dà di conseguenza il nome di Samuele, perché ordinariamente le immagini sono chiamate con i nomi delle cose che rappresentano. Così tutto ciò che è disegnato e scolpito in qualche materiale, di metallo, di legno o di qualunque altra cosa atta ad opere di questo genere, e anche ciò che appare nei sogni e quasi tutte le immagini prendono di solito il nome delle cose di cui sono immagini. Chi infatti dubita di chiamare uomo il ritratto di un uomo? Quando vediamo i ritratti di alcuni individui, noi applichiamo loro senza esitazione i nomi propri; guardando ad esempio un quadro o un affresco, diciamo: Quello è Cicerone, Sallustio, Achille, Ettore; questo è il fiume Simeonta, quella è Roma, anche se sono solo immagini dipinte. Di conseguenza anche le rappresentazioni dei Cherubini, pur essendo potestà celesti, modellati in metallo, secondo il comando di Dio, sopra l'Arca dell'Alleanza per simboleggiare una magnifica realtà, sono chiamate semplicemente Cherubini 76. Ugualmente chi sogna non dice: Ho visto l'immagine di Agostino o di Simpliciano, ma: Ho visto Agostino o Simpliciano; mentre noi non sappiamo cosa ha visto in quel momento: tanto è vero che non sono gli uomini in persona ma le loro immagini ad apparire. Anche il Faraone ha detto di aver visto in sogno spighe e vacche 77, non le immagini delle spighe e delle vacche. Se dunque consta chiaramente che queste immagini sono chiamate coi nomi delle cose che rappresentano, non c'è da meravigliarsi che la Scrittura parli della visione di Samuele, anche se forse è apparsa la sua immagine, grazie a un artificio di colui che si maschera da angelo di luce e i suoi ministri da ministri di giustizia 78.
I demoni e la conoscenza del futuro.
3. 3. Se poi ci sorprende che a Saul siano state predette delle verità da uno spirito cattivo, può anche sembrare strano che i demoni abbiano riconosciuto il Cristo 79, che i Giudei non conoscevano. Quando infatti Dio vuol far conoscere a qualcuno delle verità riguardanti le realtà temporali e questa vita mortale, servendosi anche di spiriti abietti e infernali, è facile e non sconveniente che l'onnipotente e giusto comunichi, mediante l'occulto apparato dei suoi ministri, qualche potere di divinazione anche agli spiriti cattivi perché annunzino agli uomini quello che sentono dagli angeli, al fine di anticipare il castigo di coloro a cui sono predette queste cose, perché, prevedendo il male che li minaccia, ne soffrano prima che arrivi. Però essi ascoltano solo ciò che il Signore e moderatore di tutte le cose comanda o permette. Per questo anche negli Atti degli Apostoli uno spirito di divinazione rende testimonianza all'apostolo Paolo e intraprende a fare l'evangelizzatore 80. Costoro però fanno un miscuglio di falsità e annunziano il vero, che hanno potuto conoscere, più con l'intenzione di ingannare che di istruire. E forse proprio per questo, quando il fantasma di Samuele predisse la morte a Saul 81, gli disse anche che sarebbe stato con lui: il che è totalmente falso. Leggiamo infatti nel Vangelo che, dopo la morte, i buoni sono separati dai cattivi da una grande distanza, quando il Signore attesta che è stabilito un grande abisso tra quel ricco superbo, che allora era tormentato nell'inferno, e il mendicante che giaceva avanti alla sua porta coperto di piaghe e ora stava nel luogo del riposo 82. Se poi le parole di Samuele a Saul: Sarai con me 83, non si riferiscono all'uguaglianza di felicità ma all'identica condizione mortale, perché entrambi erano uomini ed entrambi potevano morire, e chi già era morto preannunziava la morte al vivo, la tua Prudenza comprende, per quanto io ritengo, che il testo in questione, secondo la duplice interpretazione, ammette una soluzione che non contraddice la fede. A meno che, con un esame più approfondito e accurato, che sorpassa i limiti delle mie capacità e del tempo, non si giunga alla certezza che l'anima umana, dopo essere uscita da questa vita, evocata con formule magiche, possa o meno comparire agli sguardi dei vivi anche con i lineamenti della fisionomia corporea, così da essere non solo vista ma anche riconosciuta. E se la cosa è possibile, forse anche l'anima di un giusto, senza essere costretta da riti magici ma piegandosi ad ordini segreti della legge suprema, potrebbe farsi vedere; se invece apparirà chiaramente che la cosa è impossibile, non si accetterà, nella trattazione e spiegazione di questo testo della Scrittura, nessuna delle due interpretazioni, ma, respinta la prima, si riterrà l'apparizione di Samuele un fantasma prodotto da un artificio diabolico. Ma che questo sia o meno possibile, la malizia e l'attività molteplice e astuta di Satana a suscitare fantasmi per ingannare i sensi dell'uomo è sempre vigile; con estrema cautela, per non precludere ricerche più diligenti, riteniamo tuttavia più probabile, finché non ci sia concesso di trovare una spiegazione migliore, che quel fatto è opera dell'intervento funesto di quella maga.
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UESTIONE QUARTA: Il luogo della preghiera.4. Riguardo poi alla questione della Scrittura che proponi: Il re Davide entrò e sedette davanti al Signore 84, che altro si deve intendere se non che sedette al cospetto del Signore? O nel luogo dov'era l'Arca dell'Alleanza, per cui si può intendere una presenza più sacra e rispettabile del Signore; oppure si sedette per pregare: cosa che non può farsi convenientemente se non alla presenza di Dio, cioè nell'interno del cuore. L'espressione davanti al Signore si può infatti intendere anche così: nel luogo non c'era nessuno a sentire l'orante. Sia dunque a causa dell'Arca dell'Alleanza, o di un luogo segreto, lontano da testimoni, o a motivo dell'intimo del cuore, dov'era l'affetto dell'orante, è stato detto giustamente: Sedette davanti al Signore. A meno che non ci sorprenda il fatto di aver pregato seduto: cosa che ha fatto anche il santo Elia, quando pregando ha implorato la pioggia 85. Questi esempi ci insegnano che non è prescritto come deve stare il corpo quando si prega, purché la mente, raccolta in Dio, esprima la sua intenzione. Noi infatti preghiamo sia in piedi, come sta scritto: Il pubblicano invece stava a distanza 86; sia in ginocchio, come leggiamo negli Atti degli Apostoli 87; e anche seduti, come Davide ed Elia. Se poi non pregassimo anche distesi, non sarebbe scritto nei Salmi: Ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio, irroro di lacrime il mio letto 88. Quando uno infatti si atteggia a pregare, dispone le membra come la posizione del corpo gli si presenta più confacente alle circostanze per esprimere l'animo. Ma quando invece uno non si atteggia ma il desiderio di pregare sgorga spontaneamente, quando all'improvviso viene alla mente qualcosa che suscita l'intenzione di pregare con gemiti ineffabili, qualunque sia la posizione dell'uomo, non si deve assolutamente differire la preghiera per cercare un luogo dove appartarci, dove stare in piedi o dove inginocchiarci. Infatti l'intenzione dell'anima si crea da se stessa la solitudine e spesso dimentica anche in quale direzione o in quale atteggiamento quel momento abbia sorpreso le membra del corpo.
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UINTA QUESTIONE: Le parole di Elia per la morte del figlio della vedova.5. Nelle parole del beato Elia, in cui dice: Signore, testimone di questa vedova presso la quale io abito come ospite, tu hai fatto male, facendo morire suo figlio 89, nulla ci dovrebbe turbare se si mantenesse il vero significato. Non è infatti linguaggio di uno che rimprovera Dio di aver trattato così malamente quella vedova che aveva accolto il Profeta con tanta pietà, soprattutto durante il tempo in cui egli si trovava là e lei gli aveva messo a disposizione tutto il suo scarso nutrimento in una così grande ed estrema povertà. Elia ha detto dunque quelle parole come per dire: " Signore, testimone di questa vedova, presso la quale io abito come ospite, le avrai fatto forse del male, facendo morire suo figlio? ", così da sottintendere che certamente il Signore, conoscitore del cuore di quella vedova, dove notava la grande pietà, e proprio per questo le aveva inviato Elia, l'aveva privata del figlio non per affliggerla ma per mostrare un prodigio a gloria del suo nome ed esaltare un così grande profeta davanti ai contemporanei e ai posteri. Allo stesso modo il Signore dice che Lazzaro non era morto per la morte ma perché Dio fosse glorificato nel suo Figlio 90. Il seguito degli avvenimenti e anche la fiducia stessa, con la quale Elia credeva, provano che il fatto non era successo per affliggere crudelmente la sua ospite ma era piuttosto avvenuto perché Dio rivelasse splendidamente alla vedova che grande servitore di Dio aveva ospitato. La Scrittura prosegue, dicendo: Elia soffiò tre volte sul bambino e invocò il Signore e disse: " Signore Dio mio, l'anima di questo fanciullo torni ora in lui ". E così avvenne 91. Questa preghiera, con cui Elia implorò così brevemente e fiduciosamente che il fanciullo rivivesse, indica quindi a sufficienza con quale sentimento siano state pronunciate le parole precedenti. Anche la donna stessa dimostra che suo figlio era morto proprio allo scopo che si era prefisso Elia, quando aveva pronunciato quelle parole non in senso affermativo ma negativo. Riavuto vivo suo figlio, ella dice: Ora so che tu sei uomo di Dio e che la parola del Signore sulla tua bocca è verissima 92. Nella Scrittura ci sono molti passi che, se non sono enunciati in questo modo, si prestano ad un senso contrario. Ad esempio: Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica 93. Se tu rispondessi affermativamente, ti accorgi a quale grave perversità dia origine. Bisogna dunque enunciarla così, come se si dicesse: È forse Dio che giustifica? sottintendendo: no, di certo! In conclusione ritengo chiara quella frase di Elia, che una imperfetta esposizione rendeva oscura.
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UESTIONE SESTA: Lo spirito ingannatore e il re Acab.6. Riguardo poi allo spirito di menzogna, dal quale fu ingannato Acab 94, lo dobbiamo intendere nel senso chiarito, a mio parere, sufficientemente in precedenza: cioè Dio onnipotente e giusto dispensatore di castighi e premi, a seconda dei meriti, si serve non solo di ministri buoni e santi per le opere buone ma anche di cattivi per opere corrispondenti. Poiché costoro, mossi dalla loro perversa inclinazione, desiderano danneggiare, ne ricevono il permesso solo nella misura decisa da colui che tutto dispone con misura, calcolo e peso 95. Il profeta Michea ne ha parlato come gli è stato rivelato. Infatti una realtà nascosta e assai misteriosa è manifestata ai Profeti in un modo comprensibile al senso umano, anche quando nella rivelazione viene istruito dalle immagini delle cose, come fossero parole. Ora è difficile da comprendere e molto lungo da spiegare come Dio, ovunque e totalmente presente, compia queste cose; come i santi Angeli e tutti gli spiriti sublimi e purissimi, creati da Dio, consultino la semplice, immutabile sua verità e realizzino nel tempo, per quanto conviene alle creature inferiori, ciò che vedono in lui eternamente giusto; come anche gli spiriti decaduti, che non hanno perseverato nella verità, incapaci, a causa della impurità e della degradazione delle loro passioni e pene, di contemplare e consultare interiormente la verità presente, attendano segnali esteriori da parte della creatura per essere da loro spinti a compiere o meno qualcosa; in che modo poi essi, imprigionati e incatenati, siano obbligati dalla legge eterna, che governa l'universo, ad aspettare il permesso di Dio e di sottomettersi al suo ordine.
Avverto però il timore che le cose dette da me non corrispondano alla tua aspettativa e siano di peso alla tua prudenza. Poiché tu volevi che, in risposta a tutti i tuoi quesiti, ti inviassi un breve opuscolo, io te ne ho mandati due e, per di più, molto estesi; e probabilmente non ho neppure risposto con chiarezza e diligenza alle tue domande. Per questo, in riparazione dei miei errori, mi raccomando alle tue intense ed assidue preghiere. Ti chiedo inoltre con insistenza un parere su quest'opera: molto rapido ma rigorosissimo e, purché sia il più sincero, non rifiuto l'assoluta severità.