Scritta verso il 419/420.
Agostino a Dulcizio, tribuno e commissario imperiale inviato a far eseguire gli editti contro i Donatisti (cf. Retr. 2, 59), piegandogli come agire per raggiungere l'unità dei Cristiani (nn.1-2) e come occorre trattare i Donatisti, alle cui lamentele egli aveva risposto esaurientemente (nn. 3-4); condanna il fanatismo religioso che arriva sino al suicidio come nel caso di Razis vissuto al tempo dei Maccabei (nn. 5-8); promette di rispondere ai cittadini di Tamugadi (n. 9).
A DULCIZIO, ILLUSTRE SIGNORE E ONORANDO FIGLIO, AGOSTINO INVIA SALUTI NEL SIGNORE
1. Era mio dovere soddisfare la tua richiesta per cui desideravi d'essere istruito sul modo più opportuno col quale rispondere agli eretici, la cui salvezza è chiesta insistentemente anche dal tuo zelo fiducioso nella misericordia del Signore. Sebbene infatti un grandissimo numero di essi capisca quale beneficio venga loro accordato - cosa di cui ci rallegriamo immensamente - tuttavia alcuni di loro, ingrati verso Dio e verso gli uomini sotto l'istigazione del loro disgraziato furore, quando non riescono a seminare strage tra i nostri con le loro carneficine, credono di procurarci spavento con la morte che si danno da se stessi, cercando la propria gioia nella morte che seminano tra i nostri o l'afflizione con la morte che si danno da se stessi. Ma il furioso errore di pochi individui non deve impedire la salvezza di tanti e molto più numerosi fedeli. Che cosa noi desideriamo per loro lo sa bene non solo Dio e la gente con la testa a posto ma lo sanno anche essi stessi, malgrado siano i nostri più accaniti nemici. Mentre infatti credono loro dovere d'incuterci paura infliggendosi la morte da se stessi, non dubitano che la nostra vera paura sia quella ch'essi vadano in perdizione.
2. Ma che potremmo fare vedendo che per grazia di Dio molti, approfittando dei vostri interventi (legali) trovano la via per tornare all'unità cattolica? Potremmo o dovremmo forse impedire l'assiduo vostro impegno di salvaguardare l'unità della Chiesa per timore che qualcuno degli scismatici, senza alcun briciolo di sensibilità morale, e crudele verso se stesso al massimo grado, perisca non per nostra, ma per sua propria volontà? Noi vorremmo, per la verità, che tutti coloro i quali portano il sigillo di Cristo contro lo stesso Cristo e si vantano del Vangelo, da loro non capito, in contrasto con lo stesso Vangelo, abbandonassero la loro falsa dottrina e si rallegrassero con noi nell'unità di Cristo. Ma poiché Dio, per sua imperscrutabile ma giusta disposizione, ha predestinato alcuni di essi ai supplizi estremi, è senza dubbio meglio che, redintegrando e accogliendo di nuovo nella Chiesa un numero incomparabilmente più grande di essi strappandoli alla divisione e allo scisma, alcuni di loro periscano gettandosi da se stessi nel fuoco anziché tutti insieme ardano nel fuoco eterno della geenna in punizione del loro sacrilego scisma 1. In realtà la Chiesa s'addolora della morte volontaria di costoro allo stesso modo con cui s'addolorò il santo re David per la morte del figlio ribelle, ch'egli amava tanto da impartire il preciso ordine di salvare la sua vita per la quale era preoccupato. Sebbene la morte di quello fosse il giusto castigo della sua nefanda empietà, tuttavia (il padre) mostrò pubblicamente il suo dolore con lacrime e singhiozzi. Ciononostante dopo, che il figlio superbo e malvagio se ne andò nel luogo che gli spettava, il popolo di Dio, ch'era stato diviso per la rivolta di lui, riconobbe il suo re, e il dolore del padre per la perdita del figlio ricevette il conforto della completa unità 2 (del suo regno).
3. Non abbiamo pertanto nulla da rimproverarti, illustre signore e onorato figlio, per il fatto che hai creduto opportuno di avvertire tali scismatici di Tamugadi mediante un'ordinanza ma riguardo all'espressione da te usata e cioè: " Sappiate che la morte che subirete sarà da voi meritata "; essi l'hanno interpretata - come ci dimostrano le loro risposte - nel senso che tu li minacciassi di farli arrestare ed uccidere, senza comprendere che tu parlavi solo della morte che minacciano di darsi da se stessi. In realtà da nessuna legge tu hai ricevuto il diritto di vita e di morte nei loro confronti né i decreti imperiali, dei quali a te è affidata l'esecuzione, prescrivono che gli scismatici siano mandati a morte. Nella seconda ordinanza della tua Dilezione hai spiegato più chiaramente che cosa volevi dire. Col fatto poi che hai anche creduto opportuno rivolgerti mediante una lettera allo stesso loro vescovo con molta dolcezza hai mostrato da quale spirito siano guidate nella Chiesa Cattolica anche le persone che per disposizione dell'Imperatore cristiano hanno il compito di correggere gli erranti con le minacce o con i castighi; solo che lo hai trattato con termini più ossequiosi di quelli che si addicono ad un eretico.
4. Tu vorresti che io replicassi alla risposta che hai ricevuta da quel vescovo, poiché pensi che si debba rendere agli abitanti di Tamugadi il servizio di confutare più accuratamente la falsa dottrina di colui dal quale venivano sviati; noi però siamo sovraccarichi di occupazioni e queste fandonie, inoltre, le abbiamo confutate in molte altre nostre opere. Non so più in quante discussioni e in quanti scritti abbiamo dimostrato che essi non possono morire da martiri, poiché non vivono da Cristiani, dal momento che non è il supplizio a fare d'uno un martire, ma la causa per cui soffre. Abbiamo anche insegnato che il libero arbitrio è bensì concesso agli uomini, ma ciò non toglie tuttavia che mediante leggi divine ed umane siano state stabilite, in modo del tutto giusto, delle pene per i peccati gravi; ch'è dovere dei supremi capi civili rispettosi di Dio di reprimere con adeguata severità non solo gli attentati alla castità matrimoniale e alla vita ed altri simili delitti, ma anche quelli perpetrati contro la religione. Abbiamo inoltre dimostrato che si sbagliano di molto quanti credono che noi accogliamo nella Chiesa gli scismatici, così come sono, per il fatto che non li ribattezziamo. In qual modo infatti sono accolti tra noi tali e quali se, passando da noi, di eretici che erano, diventano Cattolici? Dal fatto che non è lecito ripetere i sacramenti amministrati per una sola volta, non deriva che non sia lecito correggere gli spiriti corrotti dall'errore.
5. Riguardo poi al fatto che alcuni di loro sono tanto esaltati da darsi la morte da se stessi, per cui sogliono riuscire detestabili e abominevoli perfino a molti loro compagni di scisma non ancora invasati da sì furiosa follia, abbiamo risposto molte volte alla stregua della Sacra Scrittura e secondo i princìpi della morale cristiana, poiché sta scritto: Verso chi mai sarà buono, chi è malvagio verso se stesso? 3 Se ciò non fosse vero, chi crede utile e lecito uccidere se stesso, potrebbe uccidere anche il prossimo che si trovasse nelle sue medesime angosce e desiderasse morire, poiché sta scritto: Amerai il tuo prossimo come te stesso 4, mentre, senza alcuna autorizzazione delle leggi o delle legittime potestà, non è lecito uccidere un altro anche se lo volesse e lo chiedesse e non fosse più in grado di vivere: così ci fa capire abbastanza chiaramente la Sacra Scrittura nel Libro dei Re, ove si narra che il re Davide fece uccidere l'uccisore del re Saul, pur avendo colui cercato di giustificarsi col dire che dal re, già ferito e sospeso tra la vita e la morte, era stato supplicato d'aiutarlo a liberare dalle sofferenze con un sol colpo di spada l'anima che lottava contro i legami del corpo, desiderosa di staccarsene 5. Poiché dunque chi uccide un uomo senza averne licenza dalla legittima potestà è un omicida, chiunque uccide se stesso non sarebbe omicida, solamente se non fosse un uomo. Tutte queste verità le abbiamo ripetute in diversi modi e in moltissimi altri nostri discorsi e lettere.
6. Mi ricordo tuttavia - debbo confessarlo - di non aver finora mai risposto loro a proposito di questo vegliardo Razis che essi, dopo avere scrutato attentamente tutte le Scritture ecclesiastiche, costretti dall'estrema scarsezza di mezzi a mal fare, si vantano d'aver trovato ora finalmente, con molta fatica, nei libri dei Maccabei 6, come se li autorizzasse al delitto col quale uccidono se stessi. Ma - cosa questa che potrebbe bastare alla tua Carità e a tutte le persone assennate, per confutare costoro - se sono disposti ad applicare alla vita dei Cristiani come esempio tutte le azioni compiute dal popolo giudaico e narrate nella Sacra Scrittura, allora potrebbero applicarle anche questa. Ma il fatto è che tra le azioni di persone elogiate dalla parola di Dio, contenuta nella Bibbia, ce ne sono moltissime o non più confacenti al nostro tempo o non compiute rettamente anche in quel tempo, com'è quella compiuta da questo Razis uccidendosi. Costui era bensì un nobile della sua gente e aveva fatto tali progressi nell'osservanza della legge giudaica - progressi tuttavia che l'Apostolo dice essere stati per lui solo danno e spazzatura a paragone della giustizia cristiana 7 - da meritare d'essere chiamato " Padre dei Giudei ". Qual meraviglia quindi se nell'animo di lui - in quanto uomo - s'insinuò l'orgogliosa idea di preferire sopprimersi con le proprie mani anziché, dopo aver occupato una posizione assai elevata agli occhi dei compatrioti, subire un'indegna schiavitù sotto il dominio dei nemici?
7. Tali azioni di solito sono esaltate nelle opere letterarie dei pagani ma, sebbene questo personaggio sia stato celebrato nel Libro dei Maccabei, la sua azione tuttavia non è stata elogiata ma solo narrata, ed è stata posta sotto i nostri occhi perché piuttosto che imitata fosse giudicata, e non giudicata secondo un nostro criterio che potremmo avere anche noi come uomini, ma secondo il criterio della sana dottrina, la quale risulta chiara anche nei libri dell'Antico Testamento. Cotesto Razis infatti si discostò molto dalla massima della Scrittura che dice: Accetta qualsiasi prova che ti capiterà, nel tuo dolore fatti coraggio e nella tua umiliazione conserva la pazienza 8. Orbene, nello scegliere quella specie di morte, costui non si mostrò affatto sapiente ma insofferente dell'umiliazione.
8. Sta scritto ch'egli volle morire da uomo nobile e coraggioso 9; ma forse per questo da sapiente? Da uomo nobile si capisce, per non divenir prigioniero e perdere la libertà della sua nazione; da coraggioso perché aveva tanta forza d'animo da potersi uccidere con le proprie mani; ma non avendo potuto farlo con la spada, si precipitò dall'alto di un muro, ed essendo anche in tal modo ancora vivo, corse verso un erto masso e lì, ormai dissanguato, si strappò le viscere e le scagliò con tutt'e due le mani sulla folla e poi, esausto, spirò 10. Questi sono gesti grandi è vero, ma illeciti, poiché non tutto ciò ch'è grande è anche buono, dato che sono grandi perfino alcuni delitti. Non uccidere l'innocente e il giusto 11, ha detto Iddio! Se dunque costui non era né innocente né giusto, perché mai si propone all'imitazione degli altri? Se invece era innocente e giusto, perché mai l'uccisore di un innocente e di un giusto, cioè di se stesso, si pensa che sia degno d'essere per giunta lodato?
9. Con ciò mi pare di poter terminare frattanto la presente per non renderla troppo prolissa. Mi resta però da assolvere il dovere di compiere siffatto servizio di carità verso gli abitanti di Tamugadi, poiché essi attraverso il desiderio espresso da te per il tramite dell'onorevole e carissimo figlio Eleusino, che ha ricoperto in mezzo a loro la carica di tribuno, m'hanno raccomandato caldamente di rispondere alle due lettere di Gaudenzio, vescovo donatista, soprattutto a quella posteriore ch'egli pensa di aver compilata in conformità con la Sacra Scrittura, e di rispondere in modo che non si possa pensare che sia stato omesso nulla.