1. 1. L'ordinato svolgimento del nostro commento pare esigere che adesso trattiamo del peccato del primo uomo; siccome però la Scrittura narra come fu fatto il corpo della donna senza dir nulla [della creazione] dell'anima, ha destato in noi una più forte attenzione a indagare più accuratamente come si possano o non si possano confutare gli scrittori i quali pensano che l'anima derivi da quella dell'uomo come il corpo deriva da quello di lui, il germe di quello e di questa venendo trasmesso dai genitori nei figli. Il motivo principale che spinge quegli scrittori a dire che Dio creò un'anima sola che egli insufflò sulla faccia dell'uomo, da lui plasmato con la polvere, in modo da creare poi con quell'anima tutte le altre anime degli uomini, come il corpo di ogni altro uomo con il corpo di quello, è che prima fu creato Adamo e solo in seguito Eva. Donde Adamo avesse il corpo e donde l'anima lo dice la Scrittura; dice cioè che il suo corpo è polvere, la sua anima, al contrario, è soffio di Dio. La Scrittura invece dice bensì che Eva fu creata venendo tratta dalla costola d'Adamo, ma non dice che Dio le diede lo spirito vitale come all'uomo, soffiando su di essa, come se l'anima e il corpo della donna fossero derivati dall'uomo che era già dotato dell'anima. Infatti - obiettano essi - o la Scrittura non avrebbe dovuto far alcun cenno nemmeno dell'anima dell'uomo in modo che comprendessimo - secondo la nostra capacità - o almeno credessimo ch'essa era stata data da Dio oppure, se la Scrittura non ha passato sotto silenzio questo fatto per paura che pensassimo che Dio creò anche l'anima col trarla dalla terra come il corpo dell'uomo, avrebbe dovuto ugualmente non omettere di parlare dell'anima della donna, perché non immaginassimo che le fosse stata trasmessa come un germe dell'uomo, se ciò non corrisponde al vero. Ecco perché - dicono essi - la Scrittura non dice che Dio soffiò [l'alito vitale] sulla faccia della donna, poiché in realtà anche la sua anima deriva da quella dell'uomo.
1. 2. A questa obiezione si può replicare facilmente. Se infatti quegli scrittori pensano che l'anima della donna fu creata col venir tratta dall'anima dell'uomo, per il fatto che la Scrittura non dice che Dio soffiò [l'alito vitale] sul volto della donna, perché mai pensano che la donna ricevette la propria anima dall'uomo, dal momento che neppure ciò è menzionato dalla Scrittura? Per conseguenza, se tutte le anime degli esseri umani che nascono Dio le crea allo stesso modo in cui creò quella del primo uomo, il silenzio della Scrittura a proposito [della creazione] delle altre anime è dovuto al fatto che ciò che essa narra della creazione di quell'anima può ragionevolmente intendersi di tutte le altre anime. Se dunque la Scrittura doveva informarci su questo punto, lo doveva fare soprattutto se nel caso della donna fosse avvenuto qualcosa di diverso da ciò ch'era avvenuto nel caso dell'uomo, nel caso cioè che l'anima della donna fosse derivata dal corpo di Adamo vivificato dall'anima, mentre il corpo di Adamo ebbe un'origine diversa da quella della sua anima. Proprio questa differenza del modo di creazione la Scrittura non doveva passarla sotto silenzio perché noi non immaginassimo questa creazione alla stregua di quella [dell'anima] dell'uomo che già conoscevamo. Dal momento perciò che la Scrittura non dice che l'anima della donna fu tratta da quella dell'uomo, è più plausibile pensare che in tal modo abbia voluto ammonirci di non immaginare a questo proposito nulla di diverso da quello che sapevamo dell'anima dell'uomo, che cioè alla donna fu data l'anima come fu data all'uomo. Tanto più che l'occasione più evidente d'indicare questa differenza era, se non quando la donna fu formata, almeno quando in seguito Adamo disse: Questa sì è ora osso delle mie ossa e carne della mia carne 1. Con quanta più tenerezza e amore Adamo avrebbe aggiunto: "e anima dell'anima mia!". Con queste considerazioni non è tuttavia già risolta una questione così complessa sì da indurci a ritenere come evidente e sicura una delle due opinioni.
2. 3. Dobbiamo perciò esaminare in primo luogo se questo libro della sacra Scrittura, che abbiamo commentato fin dalla prima frase, ci permette di aver dubbi su questo punto; allora potremo forse ricercare con ragione quale opinione dovremo scegliere di preferenza o quali limiti dobbiamo rispettare se la soluzione di questo problema rimane incerta. Una cosa è sicura: il sesto giorno Dio fece l'uomo a propria immagine, e la Scrittura soggiunge: maschio e femmina li fece 2. La prima delle due frasi, in cui è ricordata l'immagine di Dio, l'abbiamo intesa in rapporto all'anima; la seconda, invece, in cui si parla della differenza del sesso, l'abbiamo intesa in rapporto al corpo. Inoltre i numerosi e stringenti testi della Scrittura esaminati e discussi da noi non ci permettevano di comprendere come nel medesimo sesto giorno fosse formato l'uomo col fango e tratta dalla sua costola la donna, ma [era chiaro che] questi fatti erano stati compiuti in seguito, dopo le opere primordiali di Dio con cui creò tutte le cose simultaneamente. Ecco perché ci siamo chiesti che cosa dovessimo pensare a proposito dell'anima umana. Dopo aver discusso il problema sotto ogni punto di vista, l'opinione che ci parve più attendibile o più tollerabile fu che l'anima dell'uomo fu fatta tra le opere della creazione primordiale, ma che del corpo fu creata solo la regione seminale inserita come un germe in questo mondo materiale. In caso diverso noi saremmo costretti ad ammettere, in contrasto con le asserzioni della Scrittura, che il sesto giorno fu compita tutta la creazione, cioè la creazione dell'uomo dal fango della terra e la creazione della donna dal fianco dell'uomo, oppure che l'uomo non fu assolutamente creato tra le opere del sesto giorno; o che fu creata solo la ragione causale del corpo umano, ma non creata affatto quella dell'anima, benché l'uomo risulti essere immagine di Dio piuttosto in relazione ad essa; oppure - anche se questa opinione non è in contrasto con le parole della sacra Scrittura, tuttavia sembra strana e inaccettabile - che la ragione causale dell'anima umana fu costituita o in una creatura spirituale, creata solo per questo scopo, benché la stessa creatura in cui sarebbe stata costituita questa ragione non sia ricordata tra le opere [della creazione] di Dio, oppure che fu costituita in qualche altra creatura ricordata tra quelle opere - come negli uomini già esistenti c'è latente la ragione causale dei figli da procreare -; ma in questo modo noi dovremmo ammettere che l'anima è progenie di angeli o - ipotesi più insostenibile - progenie di qualche elemento naturale.
3. 4. Ma se ora si afferma che la donna ricevette l'anima non dall'uomo bensì come lui da Dio che la fece in quanto Dio crea un'anima individuale per ciascuna persona, allora l'anima della donna non fu creata tra le opere primordiali di Dio. Se invece diciamo che allora fu creata la ragione causale universale di tutte le anime, allo stesso modo che esiste negli uomini la ragione causale di generare, si torna all'opinione urtante e difficile ad ammettere secondo la quale le anime sarebbero prole di angeli oppure - nell'ipotesi più sconveniente - prole del cielo materiale o di qualche altro elemento anche inferiore. Bisogna perciò esaminare, anche se la verità resta nascosta, qual è almeno l'ipotesi più sostenibile: se quella enunciata poco più sopra o quella secondo la quale tra le opere originarie di Dio fu creata l'unica anima del primo uomo dal quale per via di generazione verrebbero create tutte le altre anime umane, oppure quella secondo cui sono create successivamente nuove anime, di cui non fu costituita precedentemente neanche la ragione causale nelle opere originarie di Dio del sesto giorno. Di queste tre ipotesi le prime due non sono in contrasto con quanto afferma la Scrittura delle opere originarie della creazione, quando furono create simultaneamente tutte le cose. Infatti sia ammettendo che la ragione causale dell'anima fu creata in qualche creatura come in una madre, di modo che tutte le altre anime verrebbero generate da essa - ma verrebbero create da Dio quando le dà a ciascun essere umano come i corpi sono generati dai genitori - sia ammettendo invece che la ragione causale non era, come la ragione causale della prole, presente nei genitori, ma quando fu creato il "giorno" l'anima fu creata interamente come fu creato il "giorno" stesso, il cielo e la terra e furono creati i luminari del cielo, le due ipotesi non sono contrarie a quanto afferma la Scrittura, e cioè: Dio fece l'uomo a propria immagine 3.
3. 5. Non è invece così facile vedere come la terza ipotesi non sia contraria all'interpretazione secondo la quale si ritiene che l'uomo fu fatto a immagine di Dio il sesto giorno e che in forma visibile fu creato solo dopo il settimo giorno. Noi potremmo dire che vengono create nuove anime dal momento che né esse né le loro ragioni causali - come quella della prole nel genitore - furono create il sesto giorno insieme alle opere cominciate e terminate allo stesso tempo dalle quali Dio si riposò il settimo giorno. Se difendessimo una simile opinione, dovremmo stare attenti a non svuotare di significato quanto la Scrittura afferma con tanta precisione, che cioè Dio portò a termine in sei giorni tutte le sue opere che aveva create molto buone, se Dio si proponeva di creare ancora delle sostanze che allora non aveva fatte né in se stesse e neppure nelle loro ragioni causali; salvo che intendiamo la Scrittura nel senso che Dio ha in se stesso, senza averla posta in alcuna creatura, la ragione causale delle anime da dare a ciascun essere umano che nasce; ma, poiché queste anime non sono creature di una specie diversa da quella, in rapporto alla quale l'uomo fu creato a immagine di Dio il sesto giorno, non è esatto dire che Dio fa adesso creature che non avrebbe portato a termine allora. Allora infatti aveva già creato un'anima come quelle che crea anche ora. Per conseguenza Dio non fa ora una nuova specie di creatura che non avrebbe creato allora tra le sue opere portate a termine. Per di più questa attività non è in contrasto con le ragioni causali degli esseri destinati a esistere un giorno e incorporate all'origine nell'universo, ma è piuttosto in armonia con esse dal momento che anime come quelle che Dio crea ed infonde ora sono appropriate per essere infuse nei corpi umani, la cui propagazione si prolunga a partire dalle opere primordiali con una successione incessante.
3. 6. Per conseguenza qualunque sia tra queste tre ipotesi quella che ci convincerà essere più attendibile, dovremo allontanare da noi ogni paura di dar l'impressione di difendere un'opinione incompatibile con le parole del libro della Genesi che narra la creazione primordiale dei sei giorni. Intraprendiamo quindi, con l'aiuto di Dio, un esame più attento della presente questione, se mai per caso ci fosse possibile arrivare, se non ad una spiegazione lampante di cui non si debba avere più alcun dubbio, per lo meno ad un'opinione talmente accettabile da poterla sostenere ragionevolmente finché non brilli alla mente qualche certezza. Se non saremo capaci di arrivare neppure a questo risultato poiché gli argomenti si controbilanciano ugualmente da ogni parte, si vedrà per lo meno che nella nostra esitazione abbiamo evitato non lo sforzo di una ricerca ma la temerità nell'affermare. In tal modo, se uno è sicuro di possedere la verità sulla questione qui discussa, si degni d'istruirmi, se al contrario fonda la sua certezza non sull'autorità della Scrittura o d'una ragione evidente ma su la propria presunzione, non disdegni di condividere la mia esitazione.
4. 7. Innanzitutto dobbiamo ritenere con assoluta certezza che la sostanza dell'anima non può cambiarsi nella sostanza corporea di modo che quella ch'era un'anima diventi un corpo né cambiarsi in un'anima irrazionale, in modo cioè che un'anima umana possa divenire l'anima d'una bestia né cambiarsi nella sostanza di Dio; e così viceversa dobbiamo ritenere che né un corpo né un'anima irrazionale né la sostanza di Dio possono mutarsi e divenire un'anima umana. Non dev'essere neppure meno certo che l'anima non può essere se non una creatura di Dio. Per conseguenza, se Dio fece l'anima senza trarla né da un corpo né da un'anima irrazionale né da lui stesso, resta che la fece traendola o dal nulla o da qualche creatura spirituale, ma in ogni caso razionale. Voler dimostrare però che Dio fece dal nulla qualche essere dopo aver terminato tutte le opere con cui creò ogni cosa simultaneamente è una pretesa eccessiva e io non so se ciò può essere provato in base a testi evidenti. Non si può, inoltre, nemmeno esigere da noi che spieghiamo cosa l'uomo sia incapace di comprendere o, se già è capace, sarebbe strano che potesse persuadere alcun altro, salvo che uno sia anche lui capace di comprendere questo problema da se stesso senza che nessuno si sforzi d'insegnarglielo. È quindi più sicuro, in argomenti di tal genere, non attenersi a congetture umane, ma esaminare a fondo i testi della sacra Scrittura.
5. 8. Nei Libri canonici [della sacra Scrittura] io non trovo alcun testo che autorizzi a pensare che Dio crei le anime derivandole dagli angeli che sarebbero, per così dire, i genitori, e molto meno dagli elementi materiali del mondo; salvo che per caso c'induca a crederlo un testo del profeta Ezechiele ov'è presentata la risurrezione dei morti con la reintegrazione dei loro corpi, quando viene chiamato dai quattro venti del cielo il soffio vitale da cui sono vivificati perché risorgano. Così infatti è scritto: Allora il Signore mi disse: Parla in mio nome, rivolgiti al soffio della vita, o figlio dell'uomo, dicendo al soffio: Così dice il Signore: Vieni dai quattro venti del cielo e soffia su questi morti e fa sì che tornino in vita. Io pronunciai le parole che il Signore mi aveva ordinato di dire e il soffio della vita entrò in quei corpi ed essi ripresero la vita e si alzarono in piedi: [era] una folla sterminata 4. Mi pare che in questo passo venga indicato sotto forma profetica che gli uomini risusciteranno non solo nella pianura ov'era rappresentata quell'azione ma da tutto il mondo e ciò fu raffigurato simbolicamente mediante il vento soffiante dalle quattro parti del mondo. Infatti neppure il soffio che uscì dalla bocca del Signore quando alitò [sui discepoli] e disse: Ricevete lo Spirito Santo 5, era la sostanza dello Spirito Santo, ma certamente con l'alitare voleva far capire che lo Spirito Santo procede da lui come quel soffio procedeva dal proprio corpo. Ma siccome il mondo non è unito a Dio in unità di persona come il corpo del Signore è unito al Verbo, unigenito Figlio di Dio, noi non possiamo dire che l'anima deriva dalla sostanza di Dio come quel soffio proveniente dai quattro venti fu prodotto dalla sostanza del mondo. Io tuttavia credo che quel soffio era una cosa ma ne simboleggiava un'altra, come può farlo comprendere bene l'esempio dell'alito che usciva dal corpo del Signore, anche se Ezechiele nel passo citato prevede, in una rivelazione fatta per simboli, non la risurrezione del corpo come si attuerà realmente un giorno, ma il ristabilimento inaspettato del popolo [israelitico], ch'era senza speranza, per opera dello Spirito del Signore che ha riempito tutto il mondo 6.
6. 9. Vediamo dunque adesso a quale opinione di preferenza danno sostegno i testi della sacra Scrittura: se a quella secondo la quale si dice che Dio creò una sola anima e l'infuse nel primo uomo e da essa fece derivare tutte le altre come dal corpo di quello tutti gli altri corpi; oppure a quella secondo la quale si dice che Dio crea un'anima individuale per ciascun essere umano, mentre tutte le altre le crea come creò quell'unica per Adamo senza farle derivare da essa. Ciò che la Scrittura dice per mezzo d'Isaia: Sono io che ho creato ogni soffio vitale 7, per il fatto che il contesto mostra chiaramente che parla dell'anima, può essere inteso conforme all'una e all'altra ipotesi. Poiché, sia che Dio faccia le anime col trarle dall'unica anima del primo uomo, sia che le faccia col trarle da qualche altra fonte a noi ignota, è sempre lui che crea tutte le anime.
6. 10. Inoltre, quanto all'altro [testo della Scrittura] che dice: È lui che ha formato ad uno ad uno i loro cuori 8, se vorremo intendere il termine "cuore" nel senso di "anima", non contraddice a nessuna delle due ipotesi a proposito delle quali ora siamo esitanti: sia infatti che Dio plasmi l'anima individuale per ciascuno traendola dall'unica che insufflò sul volto del primo uomo, sia che formi le anime ad una ad una e le infonda nei corpi o che le formi negli stessi in cui le ha infuse è proprio lui a crear le anime individuali come anche i corpi. La frase citata del Salmo si riferisce - a mio parere - al fatto che, sotto l'azione della grazia, le nostre anime vengono rinnovate e formate a immagine di Dio. A questo proposito l'Apostolo dice: È per grazia che siete stati salvati mediante la fede; la salvezza però non viene da voi ma è dono di Dio; non viene dalle opere perché nessuno si vanti. È Dio che ci ha fatti e ci ha creati unendoci a Cristo in vista delle opere buone 9. Non possiamo però intendere queste parole nel senso che i nostri corpi sarebbero stati creati e plasmati mediante la grazia della fede, ma nel senso in cui nel Salmo è detto: Crea, Dio, in me un cuore puro 10.
6. 11. Nello stesso senso è da intendere - a mio parere - anche il testo [della Scrittura] che dice: Colui che formò lo spirito dell'uomo dentro di lui 11, nel senso cioè che una cosa è infondere un'anima già creata e un'altra cosa crearla nell'uomo stesso, ossia ricrearla e rinnovarla. Ma anche se la frase citata non l'intendiamo riferita alla grazia, mediante la quale veniamo rinnovati, ma alla natura in cui nasciamo, può essere intesa in conformità dell'una e dell'altra opinione; poiché o è Dio stesso a formare nell'uomo, traendola dall'unica anima del primo uomo, la sostanza che è simile a un seme dell'anima per vivificare il corpo, o è ugualmente Dio stesso a formare lo spirito vitale che non è trasmesso come una propaggine dell'anima di Adamo ma che, provenendo da un'altra sorgente, è infusa nel corpo ed è diffusa attraverso i sensi di questa carne mortale perché l'uomo diventi un'anima vivente.
7. 12. Ma un esame più attento esige il passo del libro della Sapienza che dice: Ho avuto in sorte un'anima buona e, poiché ero più buono, entrai in un corpo senza macchia 12. Esso infatti sembra suffragare l'opinione secondo la quale si crede che le anime non si propagano da un'unica anima bensì che vengano nei corpi dall'alto. Che cosa significa tuttavia la frase: Ha avuto in sorte un'anima buona? Si potrebbe immaginare che nella "sorgente" delle anime, se pur ve n'è una, alcune siano buone ed altre no e che vengano fuori in base ad una specie di sorteggio che deciderebbe quale dev'essere infusa in ciascun individuo umano; oppure che al momento del concepimento o della nascita Dio ne faccia alcune buone e altre non buone e in modo che di esse ciascuno abbia quella che gli sarà assegnata dalla sorte. Sarebbe strano che il testo citato potesse essere un argomento probante almeno per coloro i quali credono che le anime create in un altro luogo vengono inviate da Dio ad una ad una in ciascun corpo umano e non piuttosto per coloro i quali affermano che le anime vengono inviate nei corpi secondo i meriti delle opere compiute prima d'essere unite al corpo. In base a qual criterio infatti si può pensare che le anime, alcune buone e altre no, vengono nei corpi se non a seconda delle loro azioni? Poiché ciò non è conforme alla natura in cui le anime vengono create da Colui che crea buone tutte le nature. Ma lontano da noi il pensiero di contraddire l'Apostolo il quale afferma che, non essendo ancora nati, [i due gemelli di Rebecca] non avevano fatto nulla né di bene né di male e perciò conclude che la Scrittura, non a causa delle opere, ma per grazia di Colui che chiama, dice: Il maggiore servirà il minore 13, quando parla dei gemelli ch'erano ancora nel grembo di Rebecca. Lasciamo dunque da parte, per un po', il testo qui considerato del libro della Sapienza poiché non dobbiamo trascurare, giusta od errata che sia, l'opinione di coloro i quali credono ch'esso riguardi specialmente ed esclusivamente l'anima del Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo. Se necessario, esamineremo in seguito quale sia il senso di questo testo in modo che, se non potrà applicarsi a Cristo, cercheremo in qual senso dobbiamo intenderlo per non andare contro la dottrina dell'Apostolo, immaginando che le anime abbiano dei meriti derivanti dalle loro azioni prima di cominciare a vivere nei loro corpi.
8. 13. Vediamo ora in qual senso il Salmista dice: Tu toglierai il loro spirito e verranno a mancare e torneranno nella loro polvere. Tu manderai il tuo spirito e saranno creati e rinnoverai la faccia della terra 14. Questo testo sembra suffragare l'opinione di coloro i quali pensano che le anime sono create per propagazione dei genitori, come lo sono i corpi, quando lo s'intende nel senso seguente: il Salmista dice: "il loro spirito" poiché gli uomini l'hanno ricevuto da altri uomini; ma una volta morti, non potrà esser loro reso da altri uomini affinché tornino in vita, poiché non può essere trasmesso di nuovo dai genitori come quando nacquero, ma lo renderà loro Dio che risuscita i morti 15. Ecco perché il Salmista chiama il medesimo spirito: "il loro spirito" quando muoiono ma [lo chiama]: "lo spirito di Dio" quando risorgono. Coloro invece i quali affermano che le anime derivano non dai genitori ma da Dio che le infonde [nei corpi], possono intendere questo testo come favorevole alla loro opinione: nel senso cioè che il Salmista dice: "il loro spirito" quando muoiono, poiché era in essi ed esce da essi; lo chiama invece: "spirito di Dio" quando risorgono, poiché è infuso e rifatto da Dio. Di conseguenza neppure questo testo si oppone ad alcuna delle due opinioni.
8. 14. Per conto mio, al contrario, io penso che questo testo lo s'intende in senso più appropriato se riferito ala grazia di Dio in forza della quale veniamo rinnovati interiormente. In realtà a tutti i superbi che vivono conforme all'uomo terrestre e ai presuntuosi della loro vanità vien tolto in un certo senso il loro spirito proprio quando si spogliano dell'uomo vecchio e si fanno piccoli dopo aver scacciato la superbia, mentre con umile confessione dicono al Signore: Ricordati che noi siamo polvere 16, coloro ai quali era stato detto: Perché mai insuperbisce chi è terra e cenere? 17 Contemplando infatti con l'occhio della fede la giustizia di Dio in modo da non desiderare di stabilirne una propria 18, disprezzano se stessi, come dice Giobbe 19, si disfanno [nell'umiltà] e si reputano terra e cenere; ecco che cosa vuol dire: Torneranno in polvere 20. Ma, una volta che hanno ricevuto lo Spirito di Dio, essi dicono: Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me 21. In questo modo vien rinnovata la faccia della terra mediante la grazia della Nuova Alleanza con la moltitudine dei santi.
9. 15. Anche il testo dell'Ecclesiastico che dice: E la polvere torni alla terra, com'era prima, e lo spirito torni a Dio che lo ha dato 22, non suffraga più l'una che l'altra delle due opinioni, ma è compatibile con ciascuna di esse. I fautori d'una delle due opinioni potrebbero infatti dire che questo testo prova che l'anima è data non dai genitori ma da Dio poiché, tornando alla terra la sua polvere - ossia la carne tratta dalla polvere - lo spirito ritorna a Dio che l'ha dato. I fautori dell'altra opinione però potrebbero replicare: "È proprio così. Lo spirito infatti torna a Dio che lo diede al primo uomo quando soffiò sul suo volto 23, una volta che la polvere - ossia il corpo umano - torna alla sua terra da cui fu tratto all'origine" 24. In realtà lo spirito non era destinato a tornare ai genitori anche se può essere stato creato per derivazione dall'unico spirito dato al primo uomo, come ugualmente nemmeno la carne dopo la morte torna ai genitori anche se risulta con certezza che è stata generata da essi. Allo stesso modo quindi che la carne non torna agli esseri umani, dai quali è derivata, ma alla terra con cui fu formata per il primo uomo, così lo spirito non torna agli esseri umani da cui è stato trasmesso, ma a Dio dal quale è stato dato al corpo del primo uomo.
9. 16. Il testo succitato ci dimostra precisamente e in modo assai chiaro che Dio fece dal nulla l'anima da lui data al primo uomo e non la trasse da qualche altra creatura già fatta, come fece il corpo con gli elementi della terra. Per questo motivo, quando essa torna, non può tornare se non all'Autore che la diede e non alla creatura mediante la quale fu fatta, come il corpo ritorna alla terra. Non c'è infatti alcuna creatura da cui l'anima è stata fatta, poiché è stata fatta dal nulla e perciò l'anima, che torna, torna al suo Autore che l'ha fatta dal nulla. Poiché non tutte le anime tornano [a Dio] essendovene alcune di cui è detto: Spirito che va e non ritorna 25.
10. 17. È perciò difficile, in verità, raccogliere tutti i testi della sacra Scrittura contenenti questo argomento; e anche se fosse possibile non solo menzionarli ma anche spiegarli a fondo, arriverebbero ad una trattazione assai lunga. Ciononostante, salvo che si adduca qualche testo tanto sicuro come sono quelli con cui si dimostra che è stato Dio a creare l'anima o che è stato lui a darne una al primo uomo, non so come si possa risolvere la presente questione in base alla testimonianza della sacra Scrittura. Se infatti la Scrittura dicesse che Dio soffiò in modo simile sul volto della donna da lui formata e che divenne, così, un essere vivente, getterebbe di certo un potente fascio di luce sul nostro problema e ci permetterebbe di credere che l'anima data a ciascun corpo umano già formato non viene per tramite dei genitori. Dovremmo tuttavia, in questo caso, cercare ancora di sapere che cosa succede esattamente nella generazione dei figli, che per noi è la via ordinaria per cui un essere umano viene da un altro essere umano. La prima donna però fu creata in modo diverso e si potrebbe quindi sostenere ancora che Dio diede a Eva un'anima non proveniente da quella di Adamo poiché non era nata da lui come nascono i figli. Se invece la Scrittura ricordasse che al primo figlio, nato da Adamo e da Eva, l'anima non fu trasmessa dai genitori ma data da Dio, allora bisognerebbe intendere la stessa cosa per tutti gli altri uomini, anche se la Scrittura non ne parla espressamente.
11. 18. Consideriamo quindi ora un altro testo e vediamo se può accordarsi con entrambe le opinioni anche se non conferma né l'una né l'altra. Ecco che dice la Scrittura: Per causa d'un sol uomo il peccato è entrato nel mondo e attraverso il peccato la morte, e così è passata in tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato in lui 26, e poco dopo: Come per la colpa di un solo uomo furono condannati tutti gli uomini, così per la giustizia d'un sol Uomo tutti gli uomini sono giunti alla giustificazione della vita. Come infatti a causa della disubbidienza d'un sol uomo tutti sono diventati peccatori, così anche per l'ubbidienza d'un sol Uomo la maggior parte [degli uomini] saranno fatti giusti 27. Coloro che sostengono l'opinione della propagazione delle anime tramite la generazione in base a queste parole dell'Apostolo tentano di provarla a questo modo. Se il peccato o il peccatore si possono intendere solo in relazione al corpo, dalle citate parole dell'Apostolo siamo costretti a credere che l'anima deriva dai genitori; se invece, pur cedendo alla seduzione della carne, è tuttavia solamente l'anima a peccare, in qual senso devono intendersi le parole: nel quale tutti hanno peccato, se da Adamo non è trasmessa anche l'anima con il corpo? Oppure in qual modo a causa della disubbidienza di Adamo gli uomini sono stati resi peccatori, se erano in lui solo in quanto al corpo e non anche all'anima?".
11. 19. Dobbiamo badare infatti a non cadere nell'errore di far sembrare Dio autore del peccato se infonde l'anima al corpo, per mezzo del quale è inevitabile ch'essa commetta il peccato o che possa esserci un'anima - all'infuori di quella di Cristo - che, per essere liberata dal peccato, non abbia bisogno della grazia di Cristo perché non avrebbe peccato in Adamo se la Scrittura dice che tutti hanno peccato in lui soltanto in rapporto al corpo e non anche all'anima. Questa tesi è talmente contraria alla fede della Chiesa che i genitori si affrettano a condurre con sé i loro bambini più piccoli e più grandicelli a ricevere la grazia del santo battesimo. Se in essi viene sciolto il vincolo del peccato che è solo della carne e non anche dell'anima, a buon diritto ci si potrebbe chiedere qual danno potrebbe loro derivare, se alla loro età morissero senza battesimo. Se infatti con questo sacramento si provvede solo al loro corpo e non anche all'anima, si dovrebbero battezzare anche i morti. Ma noi vediamo che la Chiesa universale conserva costantemente quest'usanza d'accorrere con i [bambini] viventi e di soccorrerli per evitare che, una volta morti, non possa farsi più nulla per la loro salvezza; non vediamo quindi come possa spiegarsi diversamente quest'usanza se non ritenendo che ogni bimbo non è altro che Adamo quanto al corpo e quanto all'anima e perciò gli è necessaria la grazia di Cristo. A quell'età il bambino non ha fatto da se stesso nulla né di bene né di male e perciò la sua anima è del tutto innocente se non deriva da Adamo per il tramite della generazione. Per conseguenza sarebbe da ammirare chiunque, avendo quest'opinione riguardo all'anima, riuscisse a dimostrare come mai potrebbe incorrere in una giusta condanna un bambino qualora morisse senza battesimo.
12. 20. Con tutta verità e veracità [la Scrittura] dice: La carne ha desideri contrari a quelli dello spirito e lo spirito ha desideri contrari a quelli della carne 28. Io tuttavia penso che nessuno, istruito o ignorante, dubiti che la carne può desiderare alcunché senza l'anima. Per conseguenza la causa della stessa concupiscenza carnale non risiede solo nell'anima, bensì risiede molto meno solo nella carne. Essa infatti deriva dall'una e dall'altra: dall'anima poiché senza di essa non si percepisce alcun godimento, dalla carne poi per il fatto che senza di essa non si può sentire alcun piacere carnale. Quando perciò l'Apostolo dice che la carne ha desideri contrari a quelli dello spirito, parla senza dubbio del piacere carnale che lo spirito trae dalla carne e sente con la carne, piacere contrario al godimento che sente soltanto lo spirito. Poiché - se non m'inganno - è il solo spirito a provare il desiderio non misto al piacere carnale né alla brama di cose carnali quando l'anima languisce e brama gli atrî del Signore 29; lo spirito da solo prova anche il desiderio riguardo al quale gli viene rivolto l'invito: Desideri la sapienza? Osserva i comandamenti e il Signore te la concederà 30. Lo spirito, infatti, comanda alle membra del corpo di prestargli la loro opera perché si attui il desiderio di cui esso solo è acceso - come quando si prende un libro o quando si scrive, si legge, si discute, si ascolta qualcosa e quando si dà da mangiare a un affamato e si compiono tutte le altre opere buone di umanità e di misericordia - la carne ubbidisce senza eccitare la concupiscenza. Quando a questi e simili desideri buoni - che sono brame della sola anima - si oppone qualcosa di cui la medesima anima sente piacere conforme alla carne, allora si dice che la carne ha desideri contrari a quelli dello spirito e lo spirito ne ha di contrari a quelli della carne.
12. 21. A questo proposito l'Apostolo chiama "carne" l'anima che agisce secondo [i desideri della] carne, come quando dice: La carne concupisce 31, allo stesso modo che si dice: "L'orecchio ode e l'occhio vede". Chi non sa, infatti, che è piuttosto l'anima ad udire mediante l'orecchio, e a vedere mediante l'occhio? Ci esprimiamo allo stesso modo anche quando diciamo: "La tua mano ha soccorso un povero" allorché uno tende la mano e dà qualcosa a un altro per soccorrerlo. Riguardo allo stesso occhio della fede del quale è proprio il credere a realtà che non si vedono con la carne, la Scrittura dice: Ogni carne vedrà la salvezza di Dio 32, ma essa dice ciò sicuramente dell'anima, per virtù della quale vive la carne, poiché vedere con spirito di fede mediante la nostra carne il Cristo, cioè la natura di cui s'è rivestito per amor nostro, non appartiene alla concupiscenza ma alla funzione della carne e dovremmo guardarci dal prendere alla lettera la frase: Ogni carne vedrà la salvezza di Dio. In senso molto più appropriato si dice che la carne ha desideri sensuali dal momento che l'anima non solo dà la vita animale alla carne, ma brama anch'essa qualcosa che ha rapporto con la carne. Poiché non è in potere della carne il non aver desideri cattivi finché nelle sue membra c'è il peccato, ossia finché in questo corpo votato alla morte sussiste una violenta seduzione della carne proveniente dal castigo del peccato in cui siamo concepiti e a causa del quale tutti sono figli della collera 33, prima di ricevere la grazia. Contro il peccato combattono coloro che si trovano sotto il regno della grazia, non perché il peccato non sia più nel loro corpo finché questo è talmente mortale che giustamente è chiamato anche "morto", ma perché non vi eserciti il suo dominio. Ora, il peccato non esercita il suo dominio quando non si acconsente ai suoi desideri, cioè alle cose che si bramano conformi alla carne ma contrarie allo spirito. Ecco perché l'Apostolo non dice: "Il peccato non sia più nel vostro corpo mortale" - poiché sapeva che nella nostra natura il piacere del peccato, ch'egli chiama "peccato", essendo la natura viziata a causa della trasgressione originale - ma dice: Il peccato dunque non abbia più potere nel vostro corpo mortale spingendovi a ubbidire ai suoi desideri, e non fate servire le vostre membra quali armi d'iniquità per il peccato 34.
13. 22. Secondo questa interpretazione noi non diciamo né che la carne ha desideri sensuali senza l'anima - opinione del tutto assurda - né siamo d'accordo con i manichei i quali, vedendo che la carne non può aver desideri sensuali senza l'anima, hanno pensato che la carne avrebbe un'altra anima sua propria derivante da un'altra natura contraria a Dio e per causa della quale essa avrebbe desideri contrari a quelli dello spirito. Noi non siamo nemmeno costretti ad affermare che a qualche anima non è necessaria la grazia di Cristo allorché qualcuno ci obietta: "Che colpa ha commesso l'anima d'un bimbo per cui gli sarebbe funesto il morire senza aver ricevuto il sacramento del Battesimo cristiano, se non ha commesso alcun peccato personale e non deriva dalla prima anima che peccò in Adamo?".
13. 23. Noi infatti non trattiamo dei ragazzi grandicelli. Alcuni, è vero, rifiutano d'imputare peccati personali ai ragazzi se non a cominciare dal quattordicesimo anno, quando arrivano alla pubertà. Noi potremmo avere una buona ragione di accogliere questa opinione se vi fossero solo i peccati che si commettono con gli organi genitali. Ma chi oserebbe affermare che non sono peccati i furti, le bugie, gli spergiuri, se non chi desidera commettere impunemente peccati di tal genere? Questi peccati invece sono frequenti nella fanciullezza benché ci sembri non debbano essere puniti nei ragazzi con la severità, che si usa con gli adulteri, nella speranza che, con l'avanzare degli anni in cui può rafforzarsi la ragione, possano comprendere meglio i precetti che portano alla salvezza e osservarli più volentieri. Noi però adesso non trattiamo dei ragazzi che, allorquando la verità e l'equità si oppongono al piacere carnale, che sentono alla loro età nel corpo e nell'anima, la combattono a tutta possa con le parole e con i fatti. E ciò a motivo di che cosa, se non dell'inclinazione falsa e peccaminosa che parrà assecondarli a conseguire cose che li allettano o evitare cose che li urtano? Noi parliamo dei bimbi piccini, non perché nascono spesso da genitori adulteri, poiché non dobbiamo condannare i doni della natura a causa dei cattivi costumi, oppure dire che non dovrebbero germogliare le biade perché seminate dalle mani d'un ladro. O la loro propria malvagità sarà forse per i genitori un ostacolo se si correggeranno convertendosi a Dio? Quanto meno lo sarà per i figli se condurranno una vita onesta!
14. 23. Ma l'età che solleva un problema imbarazzante è quella [dell'infanzia] in cui l'anima non ha commesso alcun peccato con il libero arbitrio della volontà personale: in qual modo può l'anima del bambino venire giustificata mediante l'ubbidienza dell'unico Uomo, se non è colpevole a causa della disubbidienza di un solo altro uomo? Questo è l'argomento di coloro i quali sostengono che le anime degli uomini sono create per trasmissione dai genitori certamente non senza l'intervento di Dio creatore, ma allo stesso modo che vengono creati anche i corpi. Poiché non sono i genitori che creano i corpi, ma piuttosto Colui che dice: Prima di formarti nel seno materno, io già ti conoscevo 35.
14. 24. A questi scrittori altri rispondono dicendo che Dio dà senza dubbio un'anima nuova a ciascun corpo umano affinché, vivendo rettamente nella carne di peccato, la quale deriva dal peccato originale, e dominando le passioni carnali con la grazia di Dio, acquistino merito con cui possano essere trasformate, insieme con lo stesso loro corpo, in uno stato migliore al momento della risurrezione e vivere eternamente unite a Cristo con gli angeli. Ma poiché - dicono essi - le anime sono unite in modo misterioso a membra terrestri e mortali e, soprattutto derivanti da una carne di peccato, affinché possano dapprima vivificarle e in seguito, col crescere dell'età, guidarle, è necessario che siano sopraffatte da una specie di oblìo. Se questo oblio non potesse esser dissipato, potrebbe venire attribuito al Creatore ma al contrario l'anima, riavendosi gradualmente dal torpore di quell'oblìo, può volgersi al proprio Dio e meritarne la misericordia e la conoscenza della sua verità dapprima in virtù del religioso sentimento della sua conversione e in seguito mediante la perseveranza nell'osservare i suoi comandamenti. Che danno le viene perciò dall'essere immersa per un po' di tempo in quella specie di sonno, da cui può svegliarsi gradualmente alla luce dell'intelligenza per cui l'anima è stata creata razionale e può scegliere una vita buona mediante la buona volontà? In verità però l'anima non è in grado di fare ciò, se non è aiutata dalla grazia di Dio ottenuta attraverso il Mediatore. Se l'uomo trascura ciò, sarà Adamo non solo in rapporto alla carne, ma anche in rapporto allo spirito; se invece se ne preoccuperà, sarà Adamo soltanto in rapporto alla carne, ma se vivrà rettamente secondo lo spirito, meriterà di ricevere anche, purificata dalla macchia del peccato, mediante la trasformazione che la risurrezione promette ai fedeli servi di Dio, la carne proveniente da Adamo e macchiata dal peccato.
14. 25. Ma prima che un bambino raggiunga l'età in cui può vivere conforme allo spirito, deve ricevere il sacramento del Mediatore in modo che, quanto non è ancora in grado di fare in virtù della propria fede, gli sia procurato per la fede di coloro che lo amano. In virtù di questo sacramento infatti viene eliminata anche nell'età infantile la pena del peccato originale; ma senza l'aiuto di questo sacramento, anche quando il bambino sarà divenuto adulto, non potrà tenere sotto controllo la concupiscenza della carne e, anche dopo averla domata, non otterrà la ricompensa della vita eterna se non mediante la grazia di Colui del quale si sforza di cattivarsi il favore. Per conseguenza anche un bambino fintanto ch'è vivo dovrebbe essere battezzato perché non sia di danno all'anima la sua unione con la carne di peccato. Poiché a causa di questo legame l'anima del bambino non può giudicare con saggezza secondo [i dettami dello] spirito. In realtà questa condizione pesa ancora sull'anima anche spogliata del corpo, se quando è unita al corpo non viene purificata dall'unico sacrificio del vero Sacerdote.
15. 26. "Che cosa potrebbe accadere - dirà qualcuno - se i suoi familiari o parenti, perché infedeli o perché negligenti, non si preoccuperanno di farlo battezzare?". Un simile quesito - a dir la verità - può essere posto anche riguardo agli adulti. In realtà essi possono morire all'improvviso o ammalarsi in casa di persone di cui nessuna li aiuterà per farli battezzare. "Ma gli adulti - replicherà quello - hanno anche peccati personali che hanno bisogno di perdono; se questi peccati non saranno loro perdonati, nessuno potrà dire con ragione ch'essi vengono condannati ingiustamente a causa dei peccati commessi di propria volontà nella loro vita. Al contrario quel dato contagio trasmesso da una carne di peccato non può essere imputato in alcun modo all'anima [del bambino] se non fu creata dalla prima anima peccatrice [di Adamo]. Poiché ciò accade non a causa d'alcun peccato ma a causa della natura per cui l'anima è fatta a questo modo e per dono di Dio è data al corpo. Perché mai, allora, essa dovrebbe essere respinta dalla vita eterna qualora nessuno provvedesse a far battezzare il bambino? Oppure si dirà che non le deriverà alcun danno? Qual vantaggio avrà allora colui al quale si procura il battesimo, se non avrà alcun danno colui al quale non lo si procura?".
15. 27. A questo proposito vorrei sapere che cosa potrebbero rispondere in difesa della loro opinione coloro che in base alla sacra Scrittura - sia per quel che vi si trova [a loro favorevole], sia per quel che non vi si oppone - si sforzano di sostenere che ai corpi sono date anime nuove non trasmesse dai genitori. Una siffatta risposta confesso di non averla ancora sentita o letta in nessuna parte. Ma non per questo dovrei abbandonare l'ipotesi di coloro che sono assenti, qualora mi si presentasse qualche argomento che sembrasse sostenerla. Essi infatti potrebbero anche dire che Dio, prevedendo in qual modo sarebbe vissuta ciascuna anima se fosse vissuta più a lungo nel corpo, procura l'amministrazione del lavacro salvifico all'anima che prevede sarebbe vissuta nel santo timore di Dio quando fosse giunta all'età capace d'aver fede se questa persona per qualche causa occulta non avesse dovuto essere colpita da morte prematura. È dunque una cosa misteriosa e irraggiungibile dall'intelligenza umana o almeno dalla mia, per qual motivo nasca un bambino destinato a morire subito o presto. Ciò è talmente misterioso che non può essere di sostegno a nessuno dei fautori delle due opinioni, di cui ora discutiamo. Noi infatti abbiamo già respinta l'opinione secondo cui si pensa che le anime sono state precipitate nei corpi per colpe commesse in una vita precedente, in modo che quella che non avesse commesso molti peccati parrebbe meritare d'essere liberata più presto. Noi abbiamo respinto siffatta opinione per non essere in contrasto con l'Apostolo, il quale attesta che i gemelli [di Rebecca] non avevano fatto nulla né di bene né di male 36. Pertanto come mai alcuni muoiono più presto ed altri più tardi non sono in grado di dimostrarlo né coloro che sostengono la trasmissione dell'anima né coloro che sostengono che ad ogni singola persona umana è data un'anima individuale. La ragione di questo fatto è quindi occulta e, per quanto io giudico, non è favorevole a nessuna delle due opinioni.
16. 28. Coloro ai quali, a proposito della morte dei bambini, si rivolgeva la pressante domanda per qual motivo il sacramento del battesimo è necessario a tutti, anche se le loro anime non sono derivate da quella di Adamo, a causa della cui disubbidienza molti sono stati costituiti peccatori 37, rispondono che veramente tutti sono costituiti peccatori per relazione con la carne, ma che per relazione con l'anima lo sono solo coloro che vissero male nel tempo in cui avrebbero potuto vivere anche bene. Dicono però che tutte le anime, cioè anche quelle dei bambini, hanno bisogno del sacramento del battesimo, senza il quale anche in quell'età è esiziale andarsene da questa vita perché il contagio del peccato trasmesso dalla carne di peccato, da cui è infetta l'anima, dal momento che s'introduce in queste membra, le sarà funesto anche dopo la morte se non verrà purificata con il sacramento del Mediatore mentre è ancora nel corpo. Dio procura questo rimedio all'anima - dicono essi - poiché prevede che, se fosse vissuta quaggiù fino agli anni in cui avrebbe potuto aderire alla fede, sarebbe vissuta nel santo timor di Dio, ma che Dio - per un motivo noto a lui solo - volle che nascesse in un corpo e presto la portò via dal corpo. A questa risposta che cosa può replicarsi tranne che in tal modo noi siamo incerti della salvezza di coloro che, dopo esser vissuti rettamente quaggiù, sono morti nella pace della Chiesa, se ciascuno dovrà essere giudicato non solo riguardo alla vita passata ma anche riguardo a quella che avrebbe potuto trascorrere se fosse vissuto più a lungo. Poiché secondo questa tesi le anime sarebbero responsabili davanti a Dio non solo dei peccati passati ma anche di quelli futuribili e dalla colpa non libererebbe nemmeno la morte qualora questa sopraggiungesse prima che i peccati fossero commessi, e nessun beneficio sarebbe concesso a colui che è stato rapito perché la malizia non ne mutasse i sentimenti 38. Perché mai Dio, prevedendo la futura malizia d'una persona, non dovrebbe giudicarla piuttosto in base a quella malizia, se decise di soccorrere con il battesimo l'anima del bambino che doveva morire, affinché non le fosse funesto il contagio che contrasse a contatto d'un corpo di peccato, dal momento che egli prevedeva che l'anima di quel bambino, se avesse continuato a vivere, sarebbe vissuto nel timor di Dio secondo i dettami della fede?
16. 29. Si può forse respingere questo ragionamento [solamente] perché è mio? Ma coloro, i quali affermano d'essere sicuri di questa loro opinione, adducono forse altri argomenti - cioè dei testi della Scrittura o altre prove tratte dalla ragione - per eliminare questa ambiguità o dimostrare almeno che non va contro la loro opinione il testo dell'Apostolo in cui, mettendo in rilievo con gran forza la grazia con cui veniamo salvati, dice: Come tutti muoiono a causa della loro unione con Adamo, così tutti saranno ricondotti alla vita per la loro unione con Cristo 39, e ancora: Come per la disubbidienza d'un solo uomo molti furono costituiti peccatori, così per l'ubbidienza d'un sol Uomo molti saranno costituiti giusti 40. L'Apostolo, volendo far capire che questi medesimi "molti peccatori" sono tutti gli uomini senza alcuna eccezione, parlando poco prima di Adamo, dice: per l'unione con il quale tutti hanno peccato 41. Che da questa affermazione non si possano escludere, naturalmente, le anime dei bambini per il fatto che l'Apostolo dice tutti e per il fatto che si corre in loro aiuto con il battesimo è ragionevole opinione di quanti sostengono che le anime vengono trasmesse dall'unica anima [di Adamo], salvo che siano confutati da ragioni assolutamente chiare ed evidenti - che non siano in contrasto con le Sacre Scritture - o dall'autorità delle stesse Scritture.
17. 30. Vediamo dunque adesso, per quanto lo permettano i limiti richiesti da quest'opera da noi intrapresa, il significato del passo citato più sopra di cui abbiamo differito la spiegazione. Nel libro della Sapienza sta scritto: Io ero un ragazzo di nobile indole ed ebbi in sorte un'anima buona e, poiché ero buono oltre il comune, entrai in un corpo senza macchia 42. Questo testo sembra essere in favore di coloro i quali affermano che le anime non sono prodotte dai genitori, ma provengono e discendono nei corpi inviatevi da Dio. D'altra parte a questa opinione è contraria l'affermazione: Ebbi in sorte un'anima buona, poiché quelli che la sostengono senza alcun dubbio credono che le anime inviate da Dio nei corpi derivano, per così dire, come ruscelli da un'unica sorgente, oppure che sono fatte di natura uguale e non che alcune sono buone o più buone e altre non buone o meno buone. D'onde viene allora che le anime siano alcune buone o più buone, altre invece o non buone o meno buone, se non a causa della loro condotta morale scelta dal loro libero arbitrio o a causa del diverso temperamento fisico essendo ciascuna oppressa più o meno dal corpo che corrompe e aggrava l'anima 43? Ma non solo nessuna di queste anime individuali, prima di venire nei corpi, aveva compiuto alcuna azione per cui si potesse distinguere la loro condotta, ma neppure a causa dell'unione dell'anima con un corpo meno opprimente l'agiografo poteva dire che la sua era buona, dal momento che afferma: Ebbi in sorte un'anima buona. E poiché ero buono oltre il comune, entrai in un corpo senza macchia. In realtà egli dice d'essersi unito alla bontà in virtù della quale egli era buono, avendo naturalmente ricevuto in sorte un'anima buona in modo da andare in un corpo senza macchia. La bontà, per cui egli era buono, derivava perciò da un'altra origine prima di venire nel corpo, ma certamente egli non era buono a causa di una condotta morale diversa - perché non esiste alcun merito anteriore alla vita vissuta - né a causa d'un corpo diverso, poiché egli era buono ancor prima di entrare nel corpo. D'onde proviene dunque la suddetta bontà?
17. 31. Questo testo però, benché le parole: Entrai in un corpo non paiono avere un significato favorevole per i sostenitori dell'opinione che le anime derivino dalla prima anima peccatrice, tuttavia per quanto riguarda il resto della frase s'accorda in modo appropriato alla loro opinione poiché, dopo aver detto: Ero un ragazzo di nobile indole, spiegando per quali motivi era di buona indole, soggiunge immediatamente: ebbi in sorte un'anima buona, avendola cioè o dall'indole o dal temperamento fisico del padre. In seguito egli dice: Poiché ero buono oltre il comune, entrai in un corpo senza macchia. Se queste parole s'intendono del corpo materno, neppure la frase: entrai in un corpo sarà contraria a questa opinione poiché può intendersi che l'anima, trasmessa dall'anima e dal corpo del padre, entrò nel corpo della madre senza macchia, che a questo proposito deriverebbe dal sangue mestruale - poiché dicono che da questo sangue è aggravata l'indole naturale del bambino - o dal contagio d'una unione adulterina. Anche le espressioni del libro [della Sapienza] sono pertanto piuttosto favorevoli ai sostenitori della trasmissione delle anime oppure, se possono interpretarle anch'essi a proprio favore i sostenitori dell'opinione contraria, pendono in favore ora degli uni, ora degli altri.
18. 32. Se volessimo intendere queste espressioni come riferite al Signore in relazione alla natura umana assunta dal Verbo, nel contesto medesimo [del libro della Sapienza] ci sono affermazioni che non sono applicabili alla sua sublime Persona, soprattutto quella seguente, in cui il medesimo agiografo -nello stesso libro poco prima del passo di cui trattiamo adesso - confessa d'essere stato formato con il sangue derivato dal seme di un uomo 44. Questo modo di nascere è tuttavia assolutamente diverso dal parto della Vergine, poiché nessun cristiano dubita ch'ella concepì la carne di Cristo senza il concorso di seme virile. Ora però anche nei Salmi c'è un passo in cui è detto: Hanno forato le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa. Essi mi hanno guardato e osservato. Si sono divise le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte 45. Queste espressioni si applicano in senso proprio solo a lui; ma nel medesimo Salmo è detto anche: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Lontano dalla mia salvezza son le parole dei miei peccati 46. Queste parole al contrario non si applicano a Cristo se non in modo figurato, perché egli ha trasfigurato in se stesso l'umile natura del nostro corpo essendo noi membra del suo corpo. Inoltre nel Vangelo leggiamo: Il bambino cresceva in età e in sapienza 47. Se perciò anche le parole che leggiamo nel contesto complessivo di questa frase del libro della Sapienza possono essere riferite al medesimo Signore a causa dell'umile natura di servo [qual egli era] e dell'unità del corpo della Chiesa con il suo capo, chi era d'indole più nobile di quel Bambino la cui sapienza a dodici anni faceva stupire gli anziani 48? E qual anima era più eccellente di quella di Cristo? Ma anche se i sostenitori del generazionismo avessero ragione [dei loro avversari] non con argomentazioni e dispute litigiose ma con [autentiche] prove, non ne verrebbe di conseguenza doversi credere che anche l'anima di Cristo sia derivata per via di generazione dall'anima peccatrice del primo uomo, poiché è da escludere che a causa della disubbidienza del primo uomo sia costituito peccatore anche Cristo, quando con l'ubbidienza di lui solo molti sono stati liberati dalla colpa e sono costituiti giusti. E qual grembo più puro di quello della Vergine, la cui carne, benché proveniente da una procreazione inquinata dal peccato, non ha tuttavia concepito mediante questa sorgente inquinata dal peccato? Per conseguenza neppure il corpo di Cristo è stato seminato nel ventre di Maria in forza della legge che, insita nelle membra del nostro corpo mortale, si oppone alla legge dello spirito. I santi Patriarchi che vivevano nel matrimonio seppero frenare questa legge e ne allentarono il freno solo fino al punto che era loro permesso per l'unione sessuale tra i coniugi, ma ciononostante ne subirono l'impulso impetuoso solo fin dove era lecito. Per conseguenza, sebbene il corpo di Cristo sia stato preso dalla carne d'una donna concepita mediante la trasmissione d'una carne di peccato, poiché esso non fu concepito nella madre allo stesso modo ch'era stata concepita lei, non era neppure essa carne di peccato ma solo simile alla carne di peccato. Poiché a causa di ciò egli non contrasse la colpa meritevole di morte che si manifesta nei moti carnali involontari che sono contrari ai desideri dello spirito 49, sebbene debbano esser vinti con la volontà. Egli, al contrario, ricevette da lei un corpo immune da qualunque contagio di peccato, ma capace di propagare il prezzo della morte da lui non meritata e di manifestare la risurrezione promessa, insegnandoci così a non aver paura dell'una e a nutrire speranza per l'altra.
18. 33. Se pertanto mi fosse chiesto da quale sorgente ricevette la sua anima Gesù Cristo, preferirei sentire su questo punto autori più qualificati e più dotti di me; tuttavia nella misura in cui io posso capire, risponderei ben volentieri che l'ha ricevuta piuttosto "[da Colui] dal quale la ricevette Adamo", che "da Adamo". Se infatti la polvere presa dalla terra, in cui nessun uomo aveva lavorato, meritò d'essere animata da Dio, quanto più convenientemente il corpo preso da una carne, in cui ugualmente nessun uomo aveva lavorato, ebbe in sorte un'anima buona! Nel primo caso infatti sarebbe stato innalzato un uomo che sarebbe caduto, nel secondo invece sarebbe disceso un uomo che lo avrebbe risollevato! Ecco perché forse [l'autore della Sapienza] dice: Ebbi in sorte un'anima buona 50 - nell'ipotesi che queste parole dovessero essere applicate a Cristo - perché di solito è dato da Dio ciò che è dato in sorte; oppure - come dobbiamo affermare con sicurezza - perché non pensassimo che l'anima di Cristo sia stata elevata, a causa di alcune opere precedenti, a un'eccellenza tanto sublime che insieme con essa il Verbo si facesse carne e abitasse in mezzo a noi 51, si aggiunse il termine "sorte" per allontanare da noi il pensiero che ci fossero in essa meriti precedenti.
19. 34. Nella Lettera indirizzata agli Ebrei c'è un passo che merita d'essere considerato attentamente. [L'autore della Lettera] per mostrare la differenza tra il sacerdozio di Cristo e quello di Levi si serve di Melchisedec in cui era la prefigurazione della realtà futura quando dice: Considerate dunque quanto è grande questo personaggio al quale il patriarca Abramo diede la decima del meglio del bottino. È vero che anche i discendenti di Levi, quando diventano sacerdoti, devono esigere secondo la legge la decima dal popolo, cioè dai loro fratelli, sebbene siano anch'essi discendenti di Abramo. Melchisedec invece non era uno della stirpe di Levi, eppure prese la decima da Abramo e fu lui a benedire Abramo il quale aveva ricevuto le promesse da Dio. Ora, è fuor di discussione ch'è il meno importante a ricevere la benedizione da chi è più importante. Inoltre, mentre nel caso [dei sacerdoti] di Levi ricevono le decime uomini mortali, nel caso di Melchisedec la riceve uno che, secondo la testimonianza [della sacra Scrittura] vive. Anzi, come è doveroso affermare, anche Levi, che pure riscuote la decima, la pagò lui stesso a Melchisedec nella persona di Abramo essendo ancora nei lombi del suo antenato 52. Se dunque questo fatto, a sì gran distanza di tempo, ha valore ancora per dimostrare quanto il sacerdozio di Cristo è superiore a quello di Levi, poiché Cristo sacerdote fu prefigurato da Melchisedec che ricevette la decima da Abramo, nella cui persona pagò la decima anche lo stesso Levi, certamente Cristo non gliela pagò. Ma se Levi ebbe da pagare la decima per il fatto ch'era nei lombi di Abramo, per lo stesso motivo non ebbe da pagarla Cristo poiché non era nei lombi di Abramo. Ora, invece, se ammettiamo che Levi era nei lombi d'Abramo non quanto all'anima bensì unicamente quanto alla carne, vi era anche Cristo, poiché anche Cristo, quanto alla carne, è discendente di Abramo. Pagò quindi la decima anche lui. Perché dunque quel passo adduce, come prova della gran differenza del sacerdozio di Cristo da quello di Levi, il fatto che Levi pagò la decima a Melchisedec poiché era nei lombi di Abramo, nei quali era anche Cristo, e perciò pagarono la decima ugualmente tutti e due? Ma il motivo è che noi dobbiamo intendere che Cristo non vi era in un certo qual modo; eppure chi potrebbe negare che Cristo vi era quanto alla carne? Non vi era quindi quanto all'anima. L'anima di Cristo non deriva per trasmissione generativa dall'anima peccatrice di Adamo, altrimenti sarebbe stata anch'essa in Abramo.
20. 35. A questo punto escono fuori i sostenitori del traducianismo e dicono che la loro opinione viene confermata se è certo che Levi, anche quanto all'anima, era nei lombi d'Abramo, nella cui persona pagò la decima a Melchisedec sicché, a proposito del pagamento della decima, si può distinguere il caso di Cristo da quello di Levi. Poiché, se Cristo non pagò la decima e, tuttavia, quanto alla carne, era nei lombi di Abramo, ne segue che non vi era quanto all'anima e perciò Levi era in Abramo quanto all'anima. Questa conclusione non ha per me un gran peso, poiché sono più disposto a continuare la discussione degli argomenti addotti dagli uni e dagli altri anziché a confermare per ora l'una delle due tesi. Ho voluto frattanto mostrare con questo testo della sacra Scrittura che l'anima di Cristo non deriva per generazione e non è trasmessa dall'anima di Adamo. I sostenitori dell'opinione contraria troveranno forse che cosa rispondere riguardo alle restanti anime umane e dire - un argomento che ha un peso non indifferente anche per me - che, sebbene l'anima di nessun essere umano sia nei lombi del proprio antenato, tuttavia Levi che - per quanto attiene alla carne - era nei lombi di Abramo, pagò la decima, mentre Cristo, anch'egli presente quanto alla carne, non la pagò. Levi infatti era presente nei lombi di Abramo in ragione della causa seminale per cui era destinato a nascere nel grembo della madre mediante l'amplesso carnale dei genitori, mentre la carne di Cristo non era in quei lombi secondo la ragione seminale, sebbene vi fosse la carne di Maria a causa di quella stessa ragione. Ecco perché né Levi né Cristo erano nei lombi d'Abramo quanto all'anima; al contrario sia Levi che Cristo vi erano rispetto alla carne, ma Levi in forza della concupiscenza carnale, Cristo invece solo quanto alla sua sostanza corporale. Essendo infatti nel seme non solo l'elemento corporeo visibile, ma anche il principio formativo invisibile, l'uno e l'altro arrivarono da Abramo o anche dallo stesso Adamo al corpo di Maria, poiché fu anch'esso concepito e generato in quel modo. Cristo tuttavia prese la sostanza visibile della sua carne dalla carne della Vergine, ma il principio formativo del suo concepimento non derivò dal seme di un uomo, bensì in modo di gran lunga diverso e dall'alto. Per conseguenza riguardo a ciò ch'egli ricevette da sua Madre era anch'egli nei lombi di Abramo.
20. 36. In Abramo pagò dunque la decima Levi che - sebbene solo in rapporto alla carne - era tuttavia nei suoi lombi, come anche Abramo stesso era stato nei lombi di suo padre; in altre parole egli nacque da suo padre Abramo allo stesso modo ch'era nato dal proprio padre lo stesso Abramo mediante la legge insita nelle membra e contrastante con la legge dello spirito 53, e in forza della concupiscenza invisibile, anche se i casti ed onesti diritti del matrimonio non permettono che abbia il sopravvento la concupiscenza se non nella misura in cui possono provvedere per mezzo di essa alla continuazione della specie [umana]. Non pagò invece la decima in Abramo nemmeno Colui la carne del quale non trasse da quell'origine l'ardore passionale del peccato, ma solo la materia del rimedio che doveva arrecargli. Poiché l'azione di pagare la decima, essendo destinata ad essere figura del rimedio, ciò che fu pagato nella carne di Abramo fu pagato da chi doveva esser guarito, non da Colui dal quale sarebbe stato guarito. Infatti la medesima carne non solo di Abramo, ma anche quella del primo e terrestre uomo, aveva nello stesso tempo non solo la ferita del peccato, ma il rimedio della ferita: la ferita del peccato nella legge delle membra opposta alla legge dello spirito, legge trasmessa, per così dire, per ragioni seminali attraverso ogni carne derivante per generazione da quell'origine; il rimedio della ferita invece l'aveva nel corpo che fu preso da quello della Vergine - sorgente da cui derivò solo la materia corporea - senza l'intervento della concupiscenza ma per mezzo di un principio causale divino di concezione e di formazione perché potesse condividere [con gli uomini] la morte, ma non il peccato e dar loro un esempio non equivoco della risurrezione. Io penso perciò che anche i sostenitori del traducianismo siano d'accordo con me che l'anima di Cristo non deriva per generazione dall'anima peccatrice del primo uomo. Essi infatti sostengono che attraverso il seme del padre nell'atto dell'unione sessuale venga trasmesso anche il germe dell'anima - genere di concepimento, questo, a cui Cristo è estraneo - e che, se fosse stato anche lui in Abramo quanto all'anima, avrebbe pagato la decima anche lui. Che invece egli non pagasse la decima lo attesta la Scrittura, visto che anche in base a questo fatto distingue il suo sacerdozio da quello di Levi.
21. 37. Forse costoro replicheranno: Allo stesso modo che Cristo sarebbe potuto essere in Abramo quanto alla carne senza pagar la decima, perché mai non sarebbe potuto esserci anche quanto all'anima senza pagar la decima? Riguardo a ciò si risponde: Poiché la sostanza dell'anima, certamente semplice, non aumenta con il crescere del corpo e ciò lo ammettono perfino coloro i quali pensano che l'anima è un corpo, nel numero dei quali sono soprattutto coloro che credono che l'anima derivi dai genitori. In un seme può esserci quindi una forza invisibile che ne regola lo sviluppo secondo un principio incorporeo: questa forza può vedersi non con gli occhi ma con l'intelligenza e così distinguerla dalla materia corporea che si percepisce con la vista o con il tatto. La massa del corpo umano che senza dubbio è incomparabilmente più grande della piccola massa del seme, dimostra assai chiaramente che da quella massa può considerarsi a parte un qualche elemento che non ha la forza seminale ma solo la sostanza corporale; sostanza corporale che fu assunta dalla potenza di Dio per formare la carne di Cristo senza farla derivare dalla generazione [umana] mediante l'uomo carnale. Ma chi oserebbe affermare che l'anima abbia l'uno e l'altro dei due elementi, cioè la materia visibile del seme e l'occulto principio formativo del seme? Ma perché dovrei affaticarmi a trattare un argomento di cui è forse impossibile convincere alcuno a parole salvo che sia una persona d'ingegno sì grande ed elevato, capace di prevenire gli sforzi di chi parla senza che abbia bisogno di aspettare la fine del suo discorso? Riassumerò quindi brevemente il mio pensiero: se l'anima di Cristo fosse potuta derivare da un'altra anima - e io penso che il lettore ha capito quanto dicevo della generazione parlando del corpo - l'anima di Cristo proviene per via di generazione in modo però da non aver contratto la macchia del peccato; se invece non è potuta derivare da quell'origine senza la colpa del peccato, essa non deriva di lì. Infine, quanto all'origine delle altre anime, se cioè derivino dai genitori oppure da Dio, lo dimostrino con evidenza coloro che ne saranno capaci. Io, per parte mia, sono ancora perplesso tra le due ipotesi, propendendo ora verso l'una ora verso l'altra con questa sola riserva: io cioè non credo che l'anima sia un corpo o una proprietà del corpo o, se così può dirsi, un accordo delle sue varie parti, chiamato dai greci
. Spero inoltre, se Dio aiuta la mia intelligenza, che non crederò mai a simili ciance che venga a contarmi un ciarlatano qualunque.
22. 38. C'è anche un altro testo degno di considerazione che possono citare a proprio favore coloro i quali pensano che le anime vengono da Dio. È il testo in cui il Signore dice: Ciò che è nato dalla carne è carne e ciò che è nato dallo spirito è spirito 54. "Che c'è - dicono essi - più decisivo di questa affermazione per provare che l'anima non può nascere dalla carne? Che cos'altro infatti è l'anima se non lo spirito vitale che è certamente creato, non il Creatore?". Contro costoro gli altri replicano: "Che cos'altro pensiamo noi, dal momento che affermiamo che la carne deriva dalla carne, l'anima dall'anima?". L'uomo è infatti composto dell'una e dell'altra e noi pensiamo che da lui derivano l'una e l'altra, e cioè la carne dalla carne dell'uomo che fa l'atto [carnale] e lo spirito dallo spirito dell'uomo che concupisce? Per non dire adesso che il Signore parlava non della generazione carnale, ma della rigenerazione spirituale.
23. 39. Dopo aver discusso a fondo questi testi, per quanto ce lo ha permesso il tempo, io potrei asserire che il peso delle ragioni e dei testi addotti da una parte e dall'altra è uguale o quasi uguale, se non fosse che l'opinione di coloro che pensano che le anime sono generate dai genitori, ha un peso maggiore per riguardo al[la pratica del] battesimo dei bambini. Che cosa possa rispondersi ai loro argomenti per ora non mi si presenta alla mente. Se mai in seguito Dio mi darà una soluzione e mi concederà la possibilità anche di esporla per iscritto a vantaggio di coloro che s'interessano di simili argomenti, lo farò ben volentieri. Per ora tuttavia dichiaro anzitutto che non si deve disprezzare l'argomento tratto dal battesimo dei bambini al fine d'evitare che si trascuri di confutarlo in qualche modo se è contrario alla verità. Ci troviamo infatti di fronte alla seguente alternativa: non si deve fare alcuna indagine sulla questione che stiamo trattando in modo che alla nostra fede basti che sappiamo qual è la mèta che dobbiamo raggiungere vivendo nel timor di Dio anche se ignoriamo d'onde veniamo; oppure, se è arrogante l'anima razionale che brama ardentemente di conoscere anche la propria origine, metta da parte l'ostinazione nel disputare ed usi la diligenza nell'indagare, l'umiltà nel domandare, la perseveranza nel bussare alla porta 55; in tal modo, se Dio - il quale sa meglio di noi ciò ch'è il nostro bene - sa che questo ci è utile, ci darà anche questo, lui che dà cose buone ai suoi figli 56. Non si deve tuttavia disprezzare affatto l'usanza della Chiesa nostra madre di battezzare i bambini né giudicarla in alcun modo inutile né prestarle assolutamente fede qualora non fosse una tradizione trasmessa dagli Apostoli. Anche la tenera età dei bambini ha in proprio favore una testimonianza di gran peso, essendo stata la prima ad avere il merito di versare il sangue per Cristo.
24. 40. Io tuttavia esorto con tutte le mie forze quanti si sono già lasciati convincere da questa opinione - per cui credono che le anime ci vengano trasmesse dai genitori per via di generazione - di considerare con tutta l'attenzione loro possibile se stessi e capire quindi che le loro anime non sono corpi. Nessuna sostanza infatti è più simile [a Dio] dell'anima, fatta a immagine di lui; se venisse considerata attentamente, essa potrebbe farci capire anche [la natura di] Dio, immutabile e trascendente tutta la creazione, e farcelo pensare incorporeo. Al contrario, una volta ammesso che l'anima sia un corpo, non v'è nulla di più simile o forse di più logico che l'immaginare che anche Dio sia un corpo. Assuefatti perciò alle realtà materiali e immersi sotto le impressioni dei sensi, quei tali rifiutano di credere che l'anima sia una sostanza diversa da un corpo, per paura che, se non è un corpo, sia un nulla e perciò tanto più temono di pensare che Dio non sia un corpo quanto più temono di pensare che Dio sia un nulla. Costoro si lasciano talmente trascinare da immagini [d'oggetti sensibili] o da fantasmi d'immagini che la potenza cogitativa dell'anima forma derivandole dagli oggetti materiali e, per conseguenza, senza immagini e fantasmi di tal genere, essi temono di andare a finire in una sorta di vuoto. È quindi inevitabile che nella loro mente essi dipingano, per così dire, con forme e colori la giustizia e la sapienza, non essendo capaci di concepirle incorporee; quando tuttavia dalla giustizia o dalla sapienza sono spinti a lodarle o a far qualcosa conforme ad esse, non sanno dire con quale colore o statura, con quali lineamenti o forma le abbiano viste. Ma su questo argomento abbiamo già parlato a lungo altre volte e, se Dio vorrà, ne riparleremo qualora l'occasione parrà esigerlo. Per ora, come avevamo cominciato a dire, se alcuni non dubitano che le anime derivano per generazione dai genitori oppure dubitano che sia così, non abbiano tuttavia l'audacia di pensare o affermare che l'anima è un corpo, soprattutto per il motivo che dicevo, ossia perché non pensino che anche Dio non sia altro che un corpo, sia pure perfettissimo, avente una sua propria natura particolare superiore a tutte le altre nature, ma tuttavia un corpo.
25. 41. Tertulliano dunque credeva che l'anima fosse un corpo soltanto perché egli non riusciva a concepire l'anima come una sostanza incorporea e perciò temeva che fosse un nulla se non fosse un corpo; egli quindi non riuscì neppure ad avere un'idea diversa riguardo a Dio. Ma siccome era uno spirito acuto, fu talora costretto a cedere all'evidenza della verità contro la propria opinione. Che cosa infatti avrebbe potuto dire di più vero di ciò che afferma in un passo: Tutto ciò che è corporeo è soggetto a patire 57? Avrebbe dunque dovuto cambiare l'opinione espressa in precedenza, secondo la quale aveva affermato che anche Dio è un corpo. Io infatti non posso pensare che fosse arrivato a un tal punto di pazzia da credere capace di patire anche la natura di Dio tanto che si potrebbe credere che Cristo, non solo nella sua carne o nella sua carne e anima, ma proprio in quanto Verbo per mezzo del quale furono fatte tutte le cose, fosse capace di patire e soggetto a mutamento: i detti errori dovrebbero essere banditi dalla mente d'un cristiano. Allo stesso modo, mentre dà all'anima anche un colore simile a quello del cielo luminoso 58, quando arriva [a parlare] dei sensi e si sforza di fornire l'anima dei suoi organi dei sensi come [se fosse] un corpo, dice: Questa sarà l'uomo interiore, l'altro invece è l'uomo esteriore; sono due uomini ma formano un sol uomo; anche l'uomo interiore ha i propri occhi e i propri orecchi con cui il popolo avrebbe dovuto udire e vedere il Signore; egli possiede anche tutte le altre membra di cui si serve per pensare e che usa nei suoi sogni 59.
25. 42. Ecco qui quale specie di orecchi e di occhi con cui il popolo avrebbe dovuto ascoltare e vedere il Signore! Quelli d cui si serve l'anima nei sogni, mentre, se uno vedesse lo stesso Tertulliano in sogno, non oserebbe mai dire di essere stato visto da lui e d'aver parlato con lui, poiché egli stesso a sua volta non lo avrebbe visto. Infine, se l'anima vede se stessa in sogno quando vaga attraverso varie immagini da essa viste mentre le membra del proprio corpo giacciono naturalmente in un luogo determinato, chi mai ha visto l'anima di colore simile all'azzurro del cielo e luminoso, se non forse come tutti gli altri oggetti ch'essa vede similmente sotto false apparenze? Poiché uno può vedere l'anima anche in questo modo. Ma non sia mai che, quando si sarà svegliato, egli creda che l'anima sia realmente come l'ha vista in sogno! Altrimenti, quando vedrà se stesso essere diverso, o l'anima sua sarà cambiata o ciò che è visto nel sogno non è la sostanza dell'anima ma l'immagine incorporea di un corpo formata in modo misterioso come nell'immaginazione. Quale Etiope non vede se stesso di un altro colore, non resta piuttosto sorpreso se gli torna in mente il sogno? Non so però se si sarebbe mai visto di colore cilestrino e luminoso, se non avesse mai letto o udito quest'opinione di Tertulliano!
25. 43. Ma che dire del fatto che alcuni si lasciano influenzare da siffatte visioni e pretendono di persuaderci per mezzo delle Scritture che non l'anima [soltanto], ma Dio stesso è simile alle immagini con cui si manifestò allo spirito dei suoi servi fedeli, simile alle immagini con cui lo si esprime nel linguaggio allegorico? Quelle visioni hanno infatti delle somiglianze con siffatte espressioni allegoriche. Questi pensatori però, dicendo così, sbagliano mentre formano nel loro cuore immagini illusorie d'una vana opinione senza comprendere che quei fedeli servi di Dio giudicarono quelle loro visioni come le avrebbero giudicate se le avessero lette o udite descritte per ispirazione divina in linguaggio figurato. Così le sette spighe e le sette vacche sono sette anni 60 e così pure la tovaglia, tenuta su fissata alle quattro estremità come un piatto pieno d'ogni specie di animali, è tutto il mondo con tutti i popoli 61; e così dicasi di tutte le altre cose, specialmente di quelle incorporee rappresentate non da realtà ma da immagini materiali.
26. 44. Tertulliano tuttavia fu restìo ad affermare che la sostanza dell'anima cresce come il corpo, esprimendo anche il motivo del suo timore: Per paura, cioè, che si dica che decresce anche la sua sostanza e in tal modo si pensi che possa arrivare alla sua completa estinzione 62. Ciononostante, siccome immagina che l'anima, diffusa nello spazio di tutto il corpo, non trova un limite alla sua crescita poiché sostiene che, derivata da un seme microscopico, arriva ad avere la stessa grandezza del corpo, dice: Ma la sua potenza vitale, in cui si trovano insite le sue proprietà naturali, si sviluppa gradualmente con il corpo conservando la quantità della sostanza ricevuta alla sua origine quando fu infusa [nell'uomo] 63. Noi forse non comprenderemmo queste espressioni se non le avesse chiarite con un paragone. Prendi - dice - una certa quantità d'oro e d'argento, una massa ancora grezza; esso è in uno stato di compattezza per cui è meno estesa di quanto sarà in seguito, ma ciononostante nei limiti della sua dimensione contiene tutto ciò che appartiene alla natura dell'oro o dell'argento. In seguito, quando la massa viene ridotta in una lamina, divien più grande di quanto non era in principio a causa dell'allargamento di quella determinata massa, non a causa di un incremento ch'essa acquista mentre viene distesa in una lamina senza essere accresciuta, benché riceva un incremento anche così mentre vien laminata. Essa infatti può aumentare nelle sue dimensioni, ma non lo può nella sua costituzione sostanziale. Allora acquista risalto anche lo splendore dell'oro o dell'argento pur già presente anche nella massa, ma in uno stato piuttosto oscuro, pur senza mancare del tutto. Allora al metallo si dànno anche forme diverse secondo la sua malleabilità in base alla quale lo modella l'artigiano senza aggiungere alla massa null'altro che la forma. Di tale qualità deve quindi esser giudicato anche l'accrescimento dell'anima che non è un aumento sostanziale, ma che suscita le sue potenzialità 64.
26. 45. Chi avrebbe potuto credere che questo scrittore sarebbe potuto essere tanto eloquente nell'esprimere una tale opinione? Ma siffatte espressioni devono farci rabbrividire di paura anziché suscitare il nostro riso. Sarebbe stato forse costretto a formulare una simile opinione, se avesse potuto pensare che può esistere qualcosa anche senza essere un corpo? Che c'è poi di più assurdo che immaginare la massa di un metallo qualunque capace di crescere in una dimensione mentre viene laminata senza decrescere in un'altra, capace d'essere estesa in larghezza senza diminuire di spessore? O si può forse pensare un corpo che, rimanendo con le medesime dimensioni, possa crescere in volume senza che diminuisca la sua densità? In qual modo allora l'anima proveniente da un minuscolo seme potrà riempire l'intera massa del corpo animato da essa, se anch'essa è un corpo la cui sostanza non cresce senza l'aggiunta d'alcuna specie? In qual modo - ripeto - riempirà la carne, da essa resa viva, senza perdere la sua densità in proporzione della massa del corpo da essa animato? Evidentemente Tertulliano temeva che l'anima crescendo potesse perire a forza di diminuire in densità e non temeva che potesse perire a forza d'assottigliarsi, a forza di crescere! Ma perché intrattenermi più a lungo su questo soggetto, dal momento che da una parte il mio discorso si estende oltre i limiti richiesti dalla necessità di concludere e, d'altra parte, il mio pensiero su ciò, che ritengo certo o su cui rimango ancora in dubbio o sul perché io dubito, è ormai assai chiaro? Si deve perciò concludere questo volume per esaminare poi i testi che seguono.